Il Papa piange con i superstiti del tifone
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Il Papa piange con i superstiti del tifone

A Tacloban, colpito nel 2013 da "Yolanda", celebra la messa sotto la pioggia: «Non ho parole, vi accompagno con il mio cuore». Tra i fedeli Imelda Marcos.

La tempesta tropicale Mekkhala si abbatte sull’isola di Leyte, a Tacloban. Ma Papa Francesco non vuole cambiare programma. Ha promesso di incontrare la popolazione dell’isola che l’8 novembre 2013 è stata travolta dal ciclone Yolanda. Le cifre ufficiali allora avevano parlato di 10 mila morti ma probabilmente sono stati molti di più. Francesco ha deciso di celebrare la messa all’area dell’aeroporto che a seguito del tifone era finita sotto sette metri d’acqua.

Il Papa celebra con un impermeabile giallo
Il vento e la pioggia non fermano il Papa: costringono il pilota dell’A32A delle Philippines Airlines ad un difficile atterraggio. Ad attendere Bergoglio ci sono centinaia di migliaia di persone nel fango, sotto la pioggia battente. Il Papa non rinuncia alla papamobile: indossa un leggero impermeabile giallo e fa il giro tra i fedeli.
Giunto all’omelia mette da parte il discorso scritto e parla a braccio, in spagnolo. Gli traduce in inglese monsignor Mark Miles. «Permettetemi una confidenza», dice il Papa rivolto ai fedeli: «Quando vidi da Roma questa catastrofe sentii che dovevo stare qui. In quel giorno decisi di fare questo viaggio. Decisi di stare con voi. Un po’ tardi mi direte in verità, però ci sono, sono qui! Sono qui per dirvi che Gesù è il Signore, che Gesù non ci delude. Potreste dirmi: padre, il Signore mi ha deluso perché ho perduto la mia casa, la mia famiglia, quello che avevo, ora sono malato... è vero, questo che mi dite e io rispetto questo sentimento, però allo stesso tempo Gesù è sulla croce e da lì non ci delude». Mentre il pontefice parla sotto il vento e la pioggia, sono tanti a commuoversi: anche il tempo sembra ricordare i giorni drammatici del tifone.

«Avete perso tutto ma non siete soli»
«Tanti di voi hanno perso tutto», dice il Papa. «Il Signore sa che cosa dovete chiedergli, cosa dovete dirgli. Alcuni hanno perso parte della famiglia: io solamente conservo il silenzio e vi accompagno con il mio cuore in silenzio. Tanti di voi si sono chiesti guardando a Cristo: perché Signore, e a ciascuno il Signore risponde nel cuore dal suo cuore. Non ho altre parole da dirvi: guardiamo a Cristo, lui è il Signore e lui ci comprende perché è passato per tutte le prove che attraversiamo e unita a Lui nella croce c’era la Madre». Per questo il pontefice ha invitato anche ad affidarsi alla Madonna: «Noi siamo come i bambini che nel momento del dolore, della pena, quando non capiamo niente, chiediamo che il Signore ci si riveli. Ci viene solo di dare la mano e aggrapparci a quella della Madre di Gesù e dirle mamma come un bambino quando ha paura e dice l’unica parola che possiamo dire nei momenti che sentiamo oscuri: mamma». E alla fine ha ripetuto ancora: «Non siamo soli. Abbiamo una mamma, abbiamo Gesù, nostro fratello maggiore, non siamo soli. E anche abbiamo molti fratelli che in questo momento di catastrofe sono venuti ad aiutarci e anche noi ci sentiamo più fratelli, che ci siamo aiutati gli uni gli altri. Questo è l’unico messale di oggi, scusatemi se non ho altre parole. Siate sicuri che Gesù non ci delude, che l’amore e la tenerezza di nostra madre non ci delude».
Lucy non trattiene le lacrime ascoltando il Papa. Quell’8 novembre è corsa all’ultimo piano della casa per salvare i tre figli e il marito dall’inondazione: venti forti fino a 200 all’ora, onde del mare alte dieci metri, pioggia violentissima, provocarono un’inondazione che in alcune zone della città ha visto l’acqua raggiungere addirittura i sette metri. Alla fine Lucy è riuscita a mettersi in salvo con tutta la sua famiglia ma ha perso tutto, anche il lavoro. Storie come le sue sono migliaia. All’offertorio della messa alcuni sopravvissuti portano le offerte all’altare e piangono tra le braccia del Papa.

Imelda Marcos tra i pellegrini alla messa
Alla celebrazione, nascosta tra i pellegrini c’è anche Imelda Marcos, la vedova del decimo presidente filippino Ferdinando Marcos. Nata a Manila, ma cresciuta a Tacloban, Imelda, ormai costretta su una sedia a rotelle, nonostante il maltempo ha voluto ugualmente vedere il Papa. La riconoscono e ai giornalisti dichiara: «Se tutti ascoltassero le parole del Papa, il nostro Paese avrebbe un futuro migliore e sarebbe più unito». Ma non riesce a salutare Francesco.
Il pontefice vuole tener fede a ogni costo al programma stabilito, ma una seconda tempesta è in arrivo e le autorità gli impongono di ripartire entro l’una, anziché le cinque del pomeriggio. All’uscita dalla messa si ferma per dieci minuti in una casa di pescatori poverissimi per salutarli: sfida così il sindaco della città di Palo Remedios Petilla, che in vista dell’incontro con il Papa aveva tentato di spostare in un’altra zona dell’isola, 250 famiglie che avevano perso tutto e vivono ancora nelle baracche.
Poi un pranzo brevissimo con i superstiti del tifone Yolanda presso la casa arcivescovile di Palo. Quindi una corsa, sempre in papamobile incurante dell’acqua e del vento, tra ali di folla che è ferma da ore sotto la pioggia, per raggiungere la cattedrale. Trova anche il tempo per benedire il nuovo «Centro Papa Francesco per i poveri». Nella cattedrale, dove sono riuniti altri superstiti del tifone, insieme a volontari e benefattori, Bergoglio si scusa per non poter trattenersi a causa di una seconda tempesta in arrivo. Recita due preghiere con i presenti e torna in aeroporto per decollare verso Manila.

«I poveri vanno rispettati»
Nel discorso che aveva preparato per l’incontro nella cattedrale e che comunque si dà per letto, ci sono parole dure sulla lotta alla povertà che è il tema centrale di questo viaggio: «Oggi, da questo luogo che ha sperimentato una sofferenza e un bisogno umano così profondi chiedo che si faccia di più per i poveri. Soprattutto, chiedo che i poveri dell’intero Paese vengano trattati in maniera equa, che la loro dignità sia rispettata, che le scelte politiche ed economiche siano giuste ed inclusive, che le opportunità di lavoro e di educazione vengano accresciute e che siano rimossi gli ostacoli all’attuazione dei servizi sociali. Il criterio con cui trattiamo i poveri sarà quello con il quale verremo giudicati. Chiedo a voi tutti, e a quanti sono responsabili del bene della società, di riaffermare l’impegno per la giustizia sociale e il riscatto dei poveri».


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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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