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Ma Papa Francesco è riuscito davvero a riformare le finanze vaticane?

Cento conti sospetti dello Ior, investimenti in libertà, immobili sparpagliati. L’azione del Papa segna il passo. Ma non è solo colpa dei corvi

Appena eletto, Papa Francesco avrebbe detto ai suoi collaboratori di voler chiudere lo Ior, l’Istituto per le opere di religione, la banca del Vaticano. Con un po’ di fatica, i cardinali e i monsignori che gli erano più vicini, tra cui monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, monsignor Alfred Xuereb, maltese, allora suo segretario particolare, monsignor Angelo Becciu, sostituto alla Segreteria di Stato, gli hanno consigliato di muoversi con più prudenza. Così sono nate la Commissione di studio sullo Ior e quella sui problemi economici e organizzativi (Cosea) della quale facevano parte i due arrestati, monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Chaouqui.

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I conti correnti dello Ior
Nel frattempo la società di consulenza Promontory passava al setaccio tutti i conti correnti e le operazioni sospette. Da quel censimento è nata la decisione di chiudere circa mille conti che non rientravano nelle caratteristiche previste dallo Statuto dello Ior, cioè non erano né di ecclesiastici o di ordini religiosi, né di dipendenti vaticani o del personale diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Oppure erano quiescienti da troppi anni.

Ma già qui è nato il primo problema con le autorità italiane: lo Ior ha inviato una lettera a quei correntisti chiedendo loro di estinguere il conto e portare via il denaro. Due le modalità offerte: bonifico bancario su un altro conto di qualsiasi Paese oppure contante.

Una decisione che ha mandato su tutte le furie le autorità di controllo finanziario dello Stato italiano che hanno visto svanire così nel nulla un numero imprecisato di persone che negli anni avevano aggirato la normativa valutaria e avevano esportato all’estero, cioè in Vaticano, i loro soldi. Ed ora se li potevano far girare in un paradiso fiscale o portare via in un sacchetto di plastica.

Quando il presidente dello Ior, il tedesco Ernst von Freyberg, succeduto a Ettore Gotti Tedeschi, ha lasciato il posto al francese Jean Baptiste de Franssu, attuale presidente dell’Istituto di credito vaticano, ha consegnato a quest’ultimo un elenco di circa cento conti correnti che non era riuscito a chiudere perché appartenenti a persone “particolari” o collegati a situazioni da esaminare singolarmente. La situazione di quei conti, a quanto pare, non è stata ancora risolta.

Che fine ha fatto il Vatican Asset Management?
C’è poi il Vatican Asset Management (Vam), quella realtà che nei progetti di Papa Francesco e dei suoi consulenti avrebbe dovuto riunire e coordinare tutti gli investimenti degli enti finanziari del Vaticano e della Santa Sede (Apsa, Ior, Governatorato, Fondo pensione, de Propaganda Fide). E, allo stesso tempo, avrebbe dovuto controllare il rispetto degli standard etici di questi investimenti.

Ma nulla da fare. Per ora anche del Vam non si sa nulla perché i vari organismi sono gelosi della loro autonomia. Così restano un mistero gli investimenti mobiliari, dell’ordine di svariati milioni di euro, compiuti da questi enti collegati con la Santa Sede, le plusvalenze ottenute e le eventuali perdite.

Un patrimonio immobiliare sparpagliato
Lo stesso dicasi per il patrimonio immobiliare (valutato nell’ordine, complessivamente, di circa 4 miliardi di euro). Secondo una indicazione del pontefice sarebbe dovuto transitare dall’Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica) e dagli altri enti della Santa Sede alla Segreteria per l’economia, guidata dal cardinale australiano George Pell. Un modo per centralizzare e rendere più snella la gestione, garantendo più trasparenza.

Ma all’ultimo momento l’operazione è saltata perché di doveva censire, regolarizzare e trasferire con singoli atti notarili ciascuna delle unità immobiliari di proprietà dell’Apsa. Un lavoro immane, tenuto conto che non si è nemmeno sicuri della reale consistenza del patrimonio immobiliare del Vaticano. Così anche questa operazione è stata abbandonata.

Insomma se è vero che i corvi hanno ripreso a volare e prendono di mira Francesco, è altrettanto vero che le tanto attese riforme finanziarie purtroppo segnano già il passo.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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