Aleppo, Siria
Spencer Platt /Getty Images
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Quanto costa la guerra in Siria e in Iraq

Lievitano le spese militari dei Paesi che aderiscono alla coalizione. E il conto potrebbe risultare salato, soprattutto per gli Usa

Di Marta Pranzetti per Lookout news

Il presidente americano Barack Obama ha ammesso in diverse interviste rilasciate nei giorni scorsi che le agenzie di sicurezza e d’intelligence americane hanno sottostimato l’attività dei gruppi jihadisti attivi in Siria, sovrastimando invece le capacità di risposta dell’esercito iracheno contro lo Stato Islamico. Le dichiarazioni di Obama arrivano in concomitanza con i primi prospetti sui costi che potrebbe raggiungere la missione militare internazionale guidata dagli Stati Uniti contro il terrorismo e le altre milizie jihadiste. Costi esorbitanti soprattutto se, come molti analisti ed ex funzionari della Casa Bianca ritengono, le operazioni dureranno molto mesi in più rispetto al periodo inizialmente ipotizzato.

 Secondo le stime iniziali fornite ad agosto dal Pentagono, le sole operazioni in territorio iracheno sarebbero dovute costare 7,5 milioni di dollari. Adesso, con l’estensione degli attacchi in Siria e l’ipotesi - ormai diventata quasi una certezza - di un prolungamento del conflitto, il rischio è di sforare il tetto dei 10 miliardi di dollari l’anno, se non addirittura il miliardo di dollari al mese. Una cifra di gran lunga superiore rispetto ai costi sostenuti dall’esercito americano nella guerra in Libia del 2011, ma inferiore se messa a confronto con le missioni in Afghanistan (dal 2001, un miliardo di dollari a settimana) e Iraq (dall’invasione del 2003 e per tutto il successivo periodo dell’occupazione fino al 2011, è stato speso un trilione di dollari a settimana).

Il rischio è di sforare il tetto dei 10 miliardi di dollari l’anno. Una cifra di gran lunga superiore rispetto ai costi sostenuti dall’esercito americano nella guerra in Libia del 2011

Non si tratta di numeri esorbitanti. Basti pensare che nella prima notte degli attacchi sferrati dall’aviazione americana in territorio siriano la scorsa settimana, gli USA hanno lanciato 47 missili da crociera Tomahawk, ognuno del costo compreso tra poco meno di un milione e un milione e mezzo di dollari, e hanno impiegato diversi jet F-22 Raptor, che per ogni ora di volo richiedono 68mila dollari. A far lievitare i costi complessivi della missione americana sono, inoltre, la gestione del contingente militare dispiegato in Iraq - 1.600 soldati, stanziati per proteggere il corpo diplomatico americano, coordinare i raid aerei e coadiuvare le forze irachene - e soprattutto l’utilizzo di apparecchiature militari altamente sofisticate.

Gli equipaggiamenti militari della coalizione
Le forze armate americane sinora hanno schierato in Iraq e Siria: gli F-22 Raptor, caccia supersonici e ad alta precisione con caratteristiche stealth (fantasma) che operano ad elevate altitudini, usati per la prima volta nella missione contro l’ISIS in Siria nonostante siano operativi dal 2007; gli F-18 Hornet, ovvero vaerei da combattimento multiruolo usati sia per voli di sorveglianza che per attacchi missilistici, dotati di sofisticati impianti radar e impianti di puntamento missilistico ad alta precisione; gli EA-18G Growler, unaversione high-tech degli F-18 Super Hornet per sistemi di bordo e prestazioni; i B-1B Lancer, bombardieri strategici supersonici progettati per attacchi da alta quota e poi riconvertiti per azioni a bassa quota; infine, gli F-15E Strike Eagle, cacciabombardieri con compiti d’interdizione aerea e attacco al suolo, pronti al decollo insieme ai B-1B dalla base a al-Udeid in Qatar. Nel Golfo è presente inoltre la portaerei USS George Bush, che dispone di quattro squadre di Hornet ed F-18 Super Hornet, messi a disposizione anche dalle forze armate australiane.

I mezzi degli altri Paesi
Gli altri Paesi che hanno aderito alla coalizione hanno sinora schierato: caccia d’attacco Dassault Rafale, ovvero velivoli multiruolo francesi che decollano dalla base di Dhafra, vicino ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi; gli F-16 Fighting Falcon, caccia multiruolo americani messi a disposizione da Giordania, Bahrain, Emirati Arabi, Paesi Bassi e Danimarca; i Mirage 2000, caccia multiruolo di costruzione francese, con capacità simili agli F-16; e i Tornado, caccia multiruolo impiegati soprattutto dalle forze armate britanniche e saudite.

Tra gli altri velivoli da ricognizione e trasporto, figurano attualmente: elicotteri Boeing Chinook, quattro dei quali appartenenti alle forze armate britanniche e attualmente stanziati nella base cipriota di Akrotiri, in attesa di essere impiegati in eventuali operazioni di evacuazione; i Lockheed C-130 Hercules, aerei tattico-militari da trasporto messi a disposizione dalla Gran Bretagna, inviati in Iraq per trasportare beni di prima necessità come acqua e cibo; i Rivet Joint RC-135, aerei da ricognizione forniti dalla Gran Bretagna e stanziati nella base di al-Udeid in Qatar; infine, un sottomarino di classe Trafalgar, ovvero un sottomarino nucleare della Royal Navy britannica, attualmente posizionato nel Golfo con a bordo missili da crociera Tomahawk ad alta precisione.

Le forze messe in campo sono impressionanti. Ma basterà tutto questo a scacciare la minaccia dello Stato Islamico e a pacificare Siria e Iraq?

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