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ANSA/GIORGIO ONORATI
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Strage di Nizza, scontro tra Viminale e Procura nazionale antiterrorismo

Alfano a Palazzo Chigi, "In Puglia un complice dell'attentatore". Roberti, a capo del pool contro il terrorismo: "Non ci è stato comunicato"

La strage di Nizza, avvenuta il 14 luglio scorso sembra aver portato tensioni anche in casa nostra. Ripercussioni tutte istituzionali, stavolta.

Da un lato il ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Dall'altro Franco Roberti, magistrato, a capo della procura nazionale antimafia e terrorismo. La vicenda si è svolta con un botta e risposta a distanza nel centro storico della capitale nella giornata di ieri. Senza che i due si parlassero direttamente, ma solo attraverso i media.

La vicenda ha inizio dalle dichiarazioni di Angelino Alfano a Palazzo Chigi, quando davanti ai capigruppo di maggioranza e opposizione, dichiara che “su segnalazione delle autorità francesi, l'Italia ha svolto verifiche su un sospetto complice dell'attentatore di Nizza (Mohamed Lahouaiej Boulet ndr) che risulterebbe residente in Puglia”.

Dalle informazioni ipossesso di Panorama.it si tratterebbe di un tunisino, identità non fornita dagli inquirenti per motivi d'indagine, che avrebbe lavorato anni fa in Puglia, secondo fonti autorevoli della Digos di Bari. E l'uomo, stando proprio agli investigatori pugliesi, farebbe parte attivamente della stretta cerchia di amicizie estremiste islamiche, che il kamikaze di Nizza avrebbe tra i suoi contatti, non solo telefonici.

Una pista che stanno seguendo gli inquirenti italiani in collaborazione con partner europei su cui ci sono ancora indagini in corso. Il fascicolo è sul tavolo del procuratore aggiunto Roberto Rossi della procura di Bari.

Ma sembrerebbe che questa comunicazione riservata e delicata, dal Viminale non sia proprio arrivata in via Giulia, dove ha sede la procura nazionale antimafia e terrorismo. Infatti Franco Roberti, sia a margine del convegno che si è tenuto ieri sul terrorismo in seno al Csm, si è lasciato andare con i giornalisti dichiarando dapprima a caldo, “io non so cosa abbia riferito il ministro Alfano. Il dato che ha riportato, io non lo conosco. Lo ignoro totalmente”.

Ma prendendo spunto dal seminario su “Le nuove frontiere contro il terrorismo”, organizzato proprio dal Csm, a cui hanno partecipato Giuseppe Pignatone, a capo della procura di Roma e Giovanni Canzio, presidente della prima sezione della Cassazione, Roberti, da palazzo dei Marescialli, marcando il suo territorio, ha lanciato un j'accuse diretto proprio ad Alfano:“se fosse confermata questa notizia sarebbe grave, perché sarebbe opportuno che prima di esser divulgate certe notizie, venissero fatte circolare all'interno del circuito nazionale dando la possibilità alla procura nazionale antimafia di dare un approccio conoscitivo importante su ciascun dato di cui viene a conoscenza. E prima ne viene a conoscenza meglio è”.

Parole durissime di Roberti, che lasciano poco spazio all'interpretazione. Maurizio Romanelli, procuratore aggiunto di Milano, snocciolando i dati del 2015 ha rilevato che grazie alla creazione della banca dati unitaria e ai protocolli d'intesa nazionali e europei su “operazioni sospette antiterrorismo e antimafia”, si sono aperti 13 fascicoli nuovi in Italia, sette dei quali antimafia e sei per il terrorismo islamico e che grazie ai “reati spia”, circolano più informazioni tra procure e banca dati centrali sul fronte counterterrorism.

Ma stando alle dichiarazioni di Roberti, non c'è ancora questo scambio circolare di informazione tra Viminale e via Giulia. Come mai? Di fronte a un'emergenza dello Stato Islamico o dei “lupi solitari” kamikaze che minacciano seriamente l'Europa e anche il nostro paese di stragi, perché governo e magistratura, ancora faticano a dialogare fra loro? Inutile la prevenzione con le informative dei nostri servizi d'intelligence, quando poi vi è un corto circuito istituzionale tra Viminale e pool antiterrrorismo. Lo scontro tra il governo e la magistratura sembra non arretrare di un passo. Nemmeno di fronte alla minaccia dell'Isis. È già una sconfitta per il nostro paese.  

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Anna Germoni