Processo Berlusconi - Sale la febbre per il 30 Luglio
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Processo Berlusconi - Sale la febbre per il 30 Luglio

Ecco le previsioni bipartisan ascoltate in Parlamento a pochi giorni dalla sentenza della Cassazione sul processo Mediaset contro Silvio Berlusconi - i dubbi della base Pd -

L’avvocato e deputato pdlPiero Longo, uno dei difensori di Silvio Berlusconi, flemmatico e abbottonatissimo prevede, tra i divani del Transatlantico, un generico e sibillino: “Superiamo agosto...”, lasciandosi dietro la scia del dubbio se le sue parole alludano alla possibilità di un rinvio in Cassazione a settembre della sentenza Mediaset.

Nessun dubbio, invece, lo lasciano le parole, a sorpresa, che vengono da un parlamentare del centrosinistra, sotto rigorosa forma di anonimato. Congiunge le mani, quasi in  forma di preghiera, e sbotta: “Ma, io dico, che c... di paese è questo! Possiamo affidare a una sezione feriale (quella della Cassazione, di cui è atteso il 30 luglio, o forse il 31, il verdetto sul processo Mediaset) le sorti dell’economia di questa già disastrata Italia? Ma ve lo immaginate che cosa accadrebbe in caso di condanna e di estromissione del Cavaliere dalla politica parlamentare? Lo spread che si impenna, i disoccupati che aumentano e le aziende che continuano a chiudere....”.

Fa un calcolo all’ingrosso il parlamentare, che certamente berlusconiano non è: “I disoccupati che salgono di 400.000 unità e le aziende chiuse di altre 30.000, per dire....   Sfracelli. E il tutto dipende oggettivamente da una sezione feriale”.

Il countdown sulla sorte giudiziaria e politica del leader che ha fondato il bipolarismo italiano, del tre volte presidente del Consiglio nell’ultimo ventennio, dello statista più processato d’Italia e del mondo occidentale (19 volte imputato in Italia e una in Spagna dalla sua discesa in campo, alla fine del 1993), è iniziato. Siamo a meno 4 giorni da martedì 30 luglio quando è prevista la sentenza della Cassazione sul processo Mediaset. Il conto alla rovescia sulla sorte del leader, che ha contrassegnato e contrassegna gli ultimi vent’anni di storia repubblicana, e del suo partito, il Pdl (quasi dieci milioni di elettori e oggi di nuovo in testa nei sondaggi) tiene banco nei Palazzi della politica. E con preoccupazione. Ma da tutte le parti, non solo nel Pdl.

L’occhio è puntato alla tenuta del governo di larghe intese di Enrico Letta e Angelino Alfano. Quel governo che Berlusconi ha già detto di voler tenere separato dalla sentenza della Cassazione.

Nell’aula di Montecitorio, alle prese con una frenetica corsa contro il tempo per smaltire l’ingorgo di decreti creato dall’ostruzionismo dei Cinquestelle, non si parla d’altro, sotto voce naturalmente, che del 30 luglio. Il giorno del giudizio non solo su un ex premier, mai trattato dai suoi acerrimi nemici come un’istituzione, ma vissuto solo e da vent’anni come un inciampo.

Se Guglielmo Epifani, segretatario-traghettatore del Pd avverte: “La sentenza non deve incidere sul governo”, parlando a nuora (Berlusconi) perché suocera (dissidenti Pd) intenda; Stefano Esposito, senatore “neomigliorista” del Pd fa capire che le cose a sinistra sono un po’ più complicate. “Cosa accadrà il 30? – si chiede Esposito – non posso che ripetere quello che ha già detto l’avvocato Franco Coppi e cioè posso prevedere come si fa al totocalcio tutto: 1, X, 2. Perché?  Si tratta di Berlusconi. Io penso che la sentenza sarà una sfida alla maturità di statista del Cavaliere, ma metterà anche alla prova quella cultura di governo e riformista della sinistra che io vedo però ancora acerba”. Insomma, niente sconti a nessuno, neppure al suo partito, il Pd.

Non si espone Lista Civica di Mario Monti, seppur alleato del Pdl e del Pd nel governo di larghe intese. Ma un parlamentare montiano, in cambio dell’anonimato, sussurra: “Parliamoci chiaro, la politica e il paese, soprattutto, una condanna non se la possono permettere. Diciamo la verità: quello a Berlusconi è un processo politico”.  

E’ netto Gregorio Fontana, parlamentare di lungo corso del Pdl, uno dei questori della Camera: “Estromettere dalla vita politica (Berlusconi nel processo Mediaset ha avuto finora una condannna anche a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici) il leader del primo partito italiano è cosa che non accade neppure nei paesi di recente democrazia!”.

Sergio Pizzolante, deputato Pdl quarantenne, vicino a Fabrizio Cicchitto, un ex socialista craxiano (da giovanissimo era già segretario del Psi di Rimini), va con la mente a quel drammatico fine aprile del 1993 a Largo Febo, il giorno delle monetine a Craxi all’uscita dall’Hotel Raphael. Immediato viene il paragone tra ieri e oggi, con un oggi però “molto diverso da allora”, innanzitutto perché Craxi fu abbandonato dal suo partito, Berlusconi no.  Osserva: “Ecco, se quel giorno a Largo Febo, quando fascisti e comunisti si scagliarono contro Bettino, ci fosse stata una reazione in piazza del Psi, non sarebbe finita con la tragedia dell’esilio”.  Ricordi, paragoni e previsioni di Pizzolante si affollano ma sono precisi e giungono a una chiara conclusione e cioè che per Berlusconi non finirà come per Craxi: “Nel 1992 il pentapartito prese il 52 per cento e il Psi tenne con il 13,6 per cento. Ma il pentapartito e il Psi sono stati cancellati – denuncia Pizzolante – con un colpo di Stato. Da un processo politico, mediatico, giudiziario, guidato per quanto riguarda la stampa dal gruppo Scalfari-De Benedetti, che sono poi gli stessi nemici di Berlusconi. Bettino fu abbandonato dal suo partito, non appena il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro gli negò l’incarico di presidente del Consiglio. Un incarico che si dava per fatto, tant’è che Craxi disse: io sono l’unico candidato”. Accusa il deputato Pdl di rito craxiano: “A quel punto Giuliano Amato (il premier che si insediò al posto di Craxi ndr) a Bettino non rispondeva neppure più al telefono e Claudio Martelli, ministro della Giustizia, tradì il suo leader”. Conclusione: “Ogni reazione a quel punto fu annichilita e Craxi fu lasciato solo al suo destino. Io credo che gli italiani stavolta si ricorderannno di quello che accadde allora. E non bisogna dimenticare che, io credo, l’ottanta per cento dei voti socialisti sono andati a Berlusconi”.

Ma, domanda delle domande, il governo di larghe intese terrà anche in caso di sentenza sfavorevole della Cassazione? Pizzolante: “Oggi le cose sono cambiate: il presidente Giorgio Napolitano a differenza di Scalfaro ha senso della politica e della democrazia. I sinceri democratici (falchisti a parte) dovranno fare di tutto per fare quadrato sul presidente Napolitano, il governo Letta e Berlusconi”.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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