Cassazione-Berlusconi: il giorno più lungo
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Cassazione-Berlusconi: il giorno più lungo

Ecco com'è stata vissuta in Transatlantico la prima fase dell'udienza in Cassazione - chi sono i giudici - le foto - processo Mediaset, la scheda - tutti i processi di Berlusconi, lista -

«No, no, non è un bel sentire questo….», dice un deputato di rango del Pdl mentre compulsa sull’iphone in Transatlantico le parole del Procuratore generale della Cassazione Antonio Mura. Che confermano in sostanza tutto l’impianto accusatorio con il quale Silvio Berlusconi è stato condannato nel processo Mediaset, salvo riconoscere che è stato sbagliato il calcolo degli anni di interdizione dai pubblici uffici, ricondotti da 5 a 3.

Non è «un bel sentire» per il deputato berlusconiano nella giornata (o nelle giornate, perché il pronunciamento della Cassazione potrebbe arrivare anche giovedì primo agosto) più lunga per Berlusconi e il Pdl.

Ma, paradossalmente, comunque andrà, è come se il Cavaliere, il tre volte tre, in vent’anni, presidente del Consiglio, leader della vasta Italia moderata e riformista che non si riconosce nella sinistra post comunista, a suo modo abbia già vinto. Il procuratore Mura avverte che «la passione» e quindi la politica deve restare fuori. Ma mai e poi mai sentenza (o meglio pronunciamento nel caso della Cassazione) ha così tenuto «L’Italia con il fiato sospeso», come ha titolato Bruno Vespa a «Porta a porta».

Il verdetto di fatto è diventato politico. «Berlusconi è riuscito in vent’anni di battaglie contro chi lo accerchiava a introdurre questo elemento nell’opinione pubblica e cioè che una parte della magistratura è politicizzata. Come poteva farlo  Bettino Craxi abbandonato dal suo partito e fatto fuori a bruciapelo con il carico di oltre vent’anni di condanna?», osservano raffinati osservatori e spettatori del trapasso tra Prima e Seconda Repubblica.

«Perché Franco Coppi (principe del Foro ndr) i ci ha messo la faccia fino al punto di dire: andiamo a vincere? Ma perché, nel caso di esito negativo  è evidente che si appresta a dire  la verità e cioè che il verdetto è politicizzato», osserva un altro parlamentare del Pdl. Che aggiunge: «Non sarà il presidente Berlusconi a staccare la spina al governo di larghe intese, in caso di conferma della condanna il salto nel buio lo deve fare il Pd. Noi siamo qui, pronti a sfidarli sulla loro cultura di governo e la loro fedeltà al governo Letta, nato per volontà di Berlusconi e del capo dello Stato Gorgio Napolitano, non certo per volontà del Pd dell’ex segretario Pier Luigi Bersani».

A conferma del fatto che comunque andrà. Berlusconi ha già a suo modo vinto, sono i conciliaboli nella notte dei parlamentari Pd che compulsano gli iphone e chiedono in giro notizie su cosa farà il Pdl in caso di conferma della condanna. Il giovane capogruppo dei democratici Roberto Speranza la mette così: il Pdl anteponga il destino dell’Italia a quello di Berlusconi. E Sel a tarda sera si interroga su come il Pd si comporterà nella giunta delle immunità al Senato se fosse chiamata a pronunciarsi sulla decadenza di Berlusconi da senatore. Ma sempre e solo di Berlusconi si parla nella torrida notte tra il 30 e il 31 luglio. Data spartiacque della fragile Seconda Repubblica.

Con un Cav che volente o nolente è riuscito a trasformare questa vicenda in un «voto» sulla sua leadership e la sua discesa in campo contro una sinistra «mai riuscita a diventare socialdemocratica», come ha più volte detto.

Intanto, Guglielmo Epifani, segretario traghettatore (se solo balneare si vedrà) del Pd prudentemente, come è suo costume, ha rinviato la riunione della direzione del Pd convocata per il 31 luglio, sperando evidentemente in un verdetto della Cassazione il 30 luglio, proprio per decidere le regole delle primarie, ovvero sul destino di Matteo Renzi. «Epifani è tipo che sconvocherebbe la direzione del Pd anche per un temporale su Roma», ironizza Pippo Civati, il dissidente numero uno, ritenuto capo dei «grillini» del Pd. Figurarsi se il nome del temporale in arrivo si chiama Berlusconi. Condannato o no.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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