Renzi-Napolitano, lo scontro
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Renzi-Napolitano, lo scontro

Nel faccia a faccia tensione su Esteri e Giustizia. Napolitano "Speriamo bene, ma non metto la mano sul fuoco" - Analisi  - Sondaggio  - I Ministri, foto  - l'opinione di G. Mulè

Giorgio Napolitano assicura: “Il mio braccio è riposato”. Non sembra però lo sia tanto quello di Matteo Renzi, quando esce dalle quasi tre ore di faccia a faccia con il capo dello Stato.

Nonostante le smentite ufficiali, a cominciare da quella di “Re Giorgio”, che lo scontro ci sia stato e anche molto duro lo rivela il tono roco della voce del premier che domani, sabato 22 febbraio, alle 11,30 giurerà con i ministri al Quirinale. Sembra che Renzi a un certo punto abbia anche urlato: “Oh suvvìa presidente!” per imporre Federica Mogherini agli Esteri, mentre Napolitano avrebbe puntato duramente a una riconferma di Emma Bonino.

Lo scontro sulla casella degli Esteri sarebbe stato l’epicentro di un colloquio lungo e teso.  Del resto era già iniziato con l’irritazione da parte del Colle per l’orario dell’incontro dato dal segretario del Pd alle agenzie, prima ancora di concordarlo con il Quirinale. Alla fine “Re Giorgio” , che ha dovuto subìre il ribaltone in diretta streaming di Enrico Letta, si prende però platealmente la rivincita in diretta tv quando afferma che tra lui è “il dottor Renzi è stato fatto un lavoro parallelo: da un lato io svolgevo il mio, dall’altro lui consultava”. Frase che ha scatenato le interpretazioni più maliziose nei Palazzi della politica del tipo: “Allora Napolitano dettava la lista e Matteo telefonava?”.

Solo gossip, naturalmente. Ma certamente è inequivocabile quella frase finale del presidente della Repubblica, rilasciata a un giornalista al Quirinale: “La mano sul fuoco non possiamo metterla, speriamo che tutto vada bene”. É un augurio certamente, ma non suona affatto come quella benevola apertura di credito, totale, che Napolitano aveva dato a Enrico Letta al quale significativamente il presidente alla fine manda con tono quasi commosso il suo ringraziamento. Aggiungendo che Letta “sarà una risorsa per l’Europa”. Nomina a commissario Ue al posto di Massimo D’Alema?

Quanto al Renzi/1 (“Ennesimo governo calato dall’alto, senza elezioni”, avverte Fi con il consigliere politico per il programma Giovanni Toti”)  nei ministeri di peso Renzi può contare di fatto solo su Federica Mogherini, Con sé ha poi naturalmente il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio.  Ecco perché si sarebbe messo a urlare.

Certamente renziana è anche Marianna Madia, nominata alla Pubblica amministrazione. Ma per il resto nei ministeri chiave  nessuna traccia del “giglio magico”. A cominciare dal ministro più di peso: quello dell’EconomiaPier Carlo Padoan, il quale “nasce” alla fine degli anni ‘90 alla Fondazione Italiani europei con D’Alema. Padoan, ex direttore del Fondo monetario internazionale, ex vicepresidente dell’Ocse ed ex presidente dell’Istat, ha anche ottimi rapporti con Napolitano. Tutti sanno che all’Economia invece Renzi avrebbe voluto Fanco Bernabè.  

Amichevoli sono poi i rapporti  tra il presidente e il neoministro della Giustizia Andrea Orlando, che nel Pci apparteneva alla stessa componente migliorista di Napolitano.

Per Orlando, di orientamento garantista, avrebbe premuto la minoranza interna del Pd, soprattutto i “giovani turchi”, ottenendo così ampia convergenza con Napolitano. Certo non con Renzi che avrebbe voluto il magistrato Nicola Gratteri in quel ministero. Angelino Alfano poi ha ottenuto la sua riconferma al ministero dell’Interno e quelle di Maurizio Lupi alle Infrastrutture e di Beatrice Lorenzin alla Salute.

Certo il neopremier può vantare il governo più snello dopo quello di “De Gasperi3”, con 16 ministri, e “la parità di genere per la prima volta”, la metà dei ministri è composta da donne. Tra queste renziana doc è Maria Elena Boschi alle Riforme e ai Rapporti con il parlamento. Ma il suo ministero è senza portafoglio. E anche Renzi rischia di essere così un premier senza portafoglio.

Che se non terrà fede al patto del Nazareno con Silvio Berlusconi resterà in balìa della palude nella quale rischia di essere spinto dai  vari centrini, a cominciare dal Nuovo centrodestra di Alfano. Ncd si vanta del fatto che avrebbe ottenuto da Renzi “il congelamento” dell’Italicum in attesa della riforma per il superamento del bicameralismo perfetto. E’ davvero così?

Se lo fosse, “il suo rischia di essere la bruttacopia del governo Letta e con meno durata”. Ecco perché Berlusconi già scalda i motori in vista delle elezioni politiche e assicura: “Rivinceremo noi”.  Il Cav poi si dice sicuro che Renzi non ha i numeri. Certo è che quattro senatori di area vicina a Pippo Civati hanno già detto che lunedì in parlamento voteranno no.

Se così sarà Renzi avrà una maggioranza sul filo, con uno scarto di soli 8 voti.  Ce n’è abbastanza per non metterci la mano sul fuoco.    

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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