Renzi alla Camera fa il buonista ma non è Veltroni
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Renzi alla Camera fa il buonista ma non è Veltroni

Dopo il gelo e la maggioranza risicata al Senato, il premier tra una citazione l'altra sembra cercare di imitare "Walter". Ma il Pd è una pentola di rancori - Il meglio (e il peggio)

Manda anche un biglietto a Umberto Bossi che  in aula gli fa un’apertura, seppur molto condizionata, di credito. “Grazie Senatùr, cercheremo di fare il meglio”, scrive Matteo Renzi al presidente e fondatore della Lega Nord. Ovvero l’icona di quell’uomo della strada o del bar, che il giovane premier vorrebbe interpretare riadattandola agli anni 2000. Bossi si sa è inimatibile. E la parte del buonista lui davvero non l’ha mai fatta.

La deve fare invece il premier per porre rimedio alla brutalità con la quale ieri si era rivolto al Senato invitato “a suicidarsi”, come lo hanno accusato quando ha detto: “E’ l’ultima volta che votate qui la fiducia”. Palazzo Madama gli ha reso la pariglia: solo 169 sì, quattro in meno del governo di Enrico Letta. Ora Renzi viaggia sul filo di 8 numeri, stretto tra la pressione dei “centrini”, a cominciare dal Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, per far saltare l’Italicum, la riforma elettorale bipolarista, i mal di pancia del Pd e le richieste di Forza Italia di rispettare il patto del Nazareno.

Ecco perché a Montecitorio, nonostante per i numeri  “Matteo” sia in un ventre di vacca, il premier cerca di imitare Walter Veltroni, l’icona del buonismo. Ma anche “Walter “ come “Il Senatùr, è inimitabile.

Renzi si arrampica sugli specchi della citazione di uno scrittore, Gilbert Keith Chesterton; del ricordo della strage di Capaci; di quello di Sandro Pertini che “venne eletto da maggioranza e opposizione: è stata quella la prima volta che ho visto la Camera, ero bambino, ora chiamate il telefono azzurro”. E ancora altre citazioni di sapore veltroniano come quella degli “onorevoli” opposti “Enrico Berlinguer e Aldo Moro”. Cita anche Oscar Luigi Scalfaro e dai banchi di Fi e della Lega parte un : “Buh...”. 

Questo il più sottile e abile Veltroni, certamente non lo avrebbe mai fatto. Non avrebbe irritato così un’opposizione con la quale è in ballo un patto. Renzi ci prova a fare il buonista, ma è la realtà sotto i suoi occhi a batterlo in quanto a buonismo. Che suona però come una vendetta nei suoi confronti.  

Il grande abbraccio quasi tra le lacrime tra Enrico Letta e Pier Luigi Bersani, tornato per la prima volta dopo l’ictus, i due grandi sconfitti da Renzi, gli si para davanti come una sfida. “La politica è anche bontà e non solo cinismo”, commentano in quel corpaccione del  Pd, bersaniano e dalemiano, dove Renzi è freddamente definito “il fiorentino”. Letta ripete la scena del gelo della consegna della campanella. Passa rapido davanti ai banchi del governo, stringe la mano solo a Graziano Delrio, non al premier che guarda freddamente e dritto solo per un attimo negli occhi.

Pippo Civati è spietato con l’ex amico. Nel corridoio fumatori sbotta: “Lui ha detto che si gioca tutto? Ecco  si gioca tutto solo lui, non noi. Glielo avevo detto a Matteo, stai attento al Senato, noi saremo responsabili, ma lì sono cavoli. Lui è andato dritto come Mussolini e ora si trova con quella maggioranza risicata. Ragazzi questo non regge...”.  Altri sotto anonimato: “Il sindaco di Firenze? Ma è una piccola città. Renzi potrebbe essere al massimo un ottimo capogruppo al consiglio comunale di Torino, Milano o Roma”.

Il Pd è una polveriera di odi, rancori repressi. Stefano Fassina gli dice papale papale che non sempre lui la fiducia gliela darà. Renzi, che ieri è tornato a rimettere al primo posto la riforma elettorale dopo che Forza Italia lo ha richiamato al rispetto dei patti, sembra paradossalmente tirare un respiro quando sente quelle parole in aula del Senatùr. Mentre i compagni del suo partito sembrano avergliela giurata.

Dopo che il premier ha detto che la sua prima tappa all’esteri sarà la Tunisia, per mettere “il mare nostrum prima di tutto”, nel Pd ha preso a girare la seguente battuta: “Ha cercato di imitare Veltroni, ma Renzi più che un americano, sembra un Veltroni tunisino”. E’ il Pd, bellezza, si potrebbe dire con un battuta cinematografica. “Il partito più democratico che ci sia”, assicura il premier.  

Intanto ora la minoranza anti renziana del Pd si sta scontrando con il premier ma anche al suo interno per i posti da sottosegretario; qualcuno ha sentito Massimo D'Alema sibilare: "Mi sa che alla fine pur di non avermi in Italia Renzi prima o poi mi manderà in Europa"            

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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