Berlusconi condannato. E adesso?
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Berlusconi condannato. E adesso?

Il cammino del governo è sempre più accidentato e tortuoso, con un Pd che sarà sempre più posto sotto pressione dai dissidenti interni

Condannato. E adesso? Lo stato maggiore del Pdl si stringe fino a notte a Palazzo Grazioli attorno a Silvio Berlusconi. Il Pd si spaventa e si impappina. Il capo dello Stato ricorda che la magistratura va rispettata nel suo ruolo autonomo, ma aggiunge anche che la giustizia va riformata. E dà atto a Berlusconi e al Pdl del profilo moderato mantenuto.

Un modo, secondo alcuni esegeti delle cose del Colle, per mettere in salvo il governo Letta e non umiliare quindi il leader della vasta Italia moderata e riformista che più di tutti quel governo volle. Ma soprattutto un’uscita anche per ricordare quello che è un suo sincero convincimento e cioè che la giustizia vada riformata. A prescindere da questa condanna destinata a mettere in fibrillazione tutto il quadro politico ancora per alcuni mesi.

Fino a quando non verrà deciso il ricalcolo dell’interdizione dai pubblici uffici e il conseguente voto della giunta per le autorizzazioni e elezioni chiamata a  far decadere Berlusconi da senatore. Saranno fino a ottobre almeno (quando secondo i primi calcoli il Cavaliere dovrebbe essere privato della libertà per un anno o con arresti domiciliari o con l’affidamento ai servizi sociali) mesi di fibrillazione, ma in cui il governo Letta si prevede continui il suo cammino.

Certo, sempre più accidentato e tortuoso, con un Pd che sarà sempre più posto sotto pressione dai suoi dissidenti interni e dalla voglia di corsa verso palazzo Chigi di un Matteo Renzi, convinto che più il tempo di Letta al governo si allunga, più si accorcia quello delle sue ambizioni. Ma a tarda sera arriva la nota di Nitto Palma, Pdl di rango, presidente della commissione Giustizia del Senato a confermare che Berlusconi terrà fede alla parola data a Napolitano: non staccheremo la spina al governo. Un’assicurazione così netta invece non arriva dal Pd.

Già in mattinata la deputata Pdl Barbara Slatamartini a Panorama.it ribadiva: “Il presidente Berlusconi da statista terrà fede alla garanzia data a Napolitano sulla tenuta del governo di larghe intese, da Berlusconi stesso voluto con un Pd che invece  inseguiva i Cinquestelle, in cambio del sacrificio del presidente della Repubblica di restare alla soglia dei novant’anni per un secondo mandato. Berlusconi i patti li rispetta. Ora la palla passa al Pd”. E che “la responsabilità” sarà la linea del  Pdl lo aveva ribadito Mariastella Gelmini. Non saranno il Pdl e il suo leader sfregiato da questa condanna frutto di “un pregiudizio”, come aveva detto ieri l’avvocato Franco Coppi, a staccare la spina.

E’ una serata amara a Palazzo Grazioli, ma lo è anche per la vasta Italia moderata e riformista che in Berlusconi si riconosce. Ma è una brutta e ancora più confusa serata anche a Largo del Nazareno. Tant’è che il segretario del Pd Guglielmo Epifani, per tentare di calmare gli animal spirits di quelli (a cominciare da Pippo Civati) non vogliono più governare “con un condannato” si impappina e fa un errore marchiano dicendo con tono grave che il Pd chiede che la sentenza “sia immediatamente eseguibile”. Come se il Pd, peraltro dilaniato e guidato da un segretario balneare quale Epifani allo stato ancora è, fosse un tribunale o la stessa Cassazione. Lo stesso Marco Travaglio lo sbertuccia.

E Renato Brunetta richiama l’ex segretario della Cgil al rispetto della storia di Berlusconi, del Pdl e dei dieci milioni di italiani che lo votano. Al termine della sua dichiarazione quindi Epifani fa una piroetta per dire che l’atteggiamento del Pd dipenderà da quello del Pdl, invitando a una distinzione tra “questione giudiziaria e azione di governo”. Insomma, come decripta l’Epifani pensiero un pd di alto rango, sotto anonimato, “se il Pdl farà atti eversivi noi ci comporteremo di conseguenza, noi aspettiamo quello che fanno loro”. Una conferma della situazione di debolezza del Pd che paradossalmente gioca di rimessa rispetto al Pdl, pur con il suo leader condannato. “A noi i nervi non salteranno”, ribadisce Fabrizio Cicchitto.
       

La parola condanna che Silvio Berlusconi e i quasi dieci milioni di italiani non avrebbero mai voluto sentire pronunciare giunge come una doccia gelata nei capannelli dei deputati rimasti nei corridoi adiacenti il Transatlantico incollati davanti alla tv. Nessuno esulta. Neppure quelli di Sel e dei Cinquestelle. Anche se Beppe Grillo dal blog sta già tuonando: “Berlusconi è morto, lo piange solo il Pd”. Ma questa è una condanna, definitiva, che si lascia dietro una scia di critiche pesanti, di dubbi, di sospetti se non di certezze che si tratti di un verdetto “politico” nella vasta Italia che ha votato il Cavaliere.

Il fedelissimo Luca D’Alessandro, deputato Pdl: “Italia tomba del diritto”. Giuliano Ferrara, direttore del “Foglio” su twitter: “Sentenza vile e cazzona”. Ma il partito della crisi, quello guidato da il giornale “La Repubblica” non c’è dubbio che resta deluso da quelle parole di Nitto Palma e poi via via dallo stato maggiore del Pdl che dà assicurazioni chiare per la prosecuzione del governo.

Assicurazioni che cozzano con  quelle molto più vaghe e tortuose di Epifani. Quando giunge la nota del Quirinale, qualcuno nel Pd sbotta: “Ma come Napolitano parla  proprio ora di riforma della giustizia?”. Il capo dello Stato fa un ragionamento molto più articolato che vale la pena riportare. Premette: “La strada maestra da seguire è sempre quella della fiducia e del rispetto verso la magistratura, che è chiamata a indagare e giudicare in piena autonomia e indipendenza alla luce di principi costituzionali e secondo le procedure di legge”.

Poi il riconoscimento a Berlusconi e al Pdl per l’atteggiamento tenuto: “In questa occasione attorno al processo in cassazione per il caso Mediaset e all’attesa della sentenza, il clima è stato più rispettoso e disteso che in occasione di altri procedimenti in cui era coinvolto l’on. Berlusconi”. Poi la riforma della giustizia: “Ritengo e auspico che ora possano aprirsi condizioni più favorevoli per l’esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all’amministrazione della giustizia, già efficacemente prospettati nella relazione del gruppo di lavoro da me istituito il 30 marzo scorso”.

Infine, Napolitano invoca "serenità e coesione per uscire dalla crisi”. Parole che suscitano subito non solo sospetti nel Pd che “in tutti questi anni ha introdotto l’odio per il nemico Berlusconi”, riconosce lo stesso Giorgio Merlo, ex deputato popolare. Ma i sospetti e gli attacchi vengono anche  dal mondo giustizialista che grida subito, come fa il giornalista del “FattoPeter Gomez, al tentativo di andare a “un’amnistia o una grazia per Berlusconi”. Parole che il Quirinale sicuramente smentirà, ammesso che lo faccia. Nella notte si attende un comunicato di Berlusconi.

E sempre nella notte della condanna e della confusione di largo del nazareno c’è chi dice che forse Pier Luigi Bersani non abbia ancora abbandonato il sogno di riprendersi l’incarico di segretario. Come? Se salta il governo Letta, Matteo Renzi potrebbe fare il premier. Logiche lontane dalle esigenze del paese. Quel che è certo, dice la deputata pdl Saltamartini: "Berlusconi continuerà a fare il leader dei moderati". Di Forza Italia, anzi "di una nuova Forza Italia".

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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