Primarie Pd: per i sondaggi Renzi rischia la vittoria di Pirro
ANSA / MATTEO BAZZI
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Primarie Pd: per i sondaggi Renzi rischia la vittoria di Pirro

Il sindaco di Firenze otterrebbe la vittoria ma senza sfondare quota 60%. E sarà costretto a fare i conti con le "correnti" interne - Lo speciale di panorama.it sulle primarie Pd

Il sondaggio Tecné  sulle primarie che dà Matteo Renzi tra il 52,2 e il 56 per cento, Gianni Cuperlo tra il 32 e il 25 per cento, il resto a Pippo Civati, coincide con i sondaggi riservati che circolano in queste ore a Largo del Nazareno. Il sindaco di Firenze vincerebbe andando oltre il 51 per cento. Vittoria piena, ci mancherebbe. Ma probabilmente non quella che lui «il Maghetto di Firenze», termine appiccicatogli dai detrattori, avrebbe voluto.

Se questo dato venisse confermato, Renzi dovrà vedersela con l’oppositore numero due (Cuperlo) dagli occhi miti e celesti da intellettuale triestino ma anche dai baffi del suo “padre” politico (non rinnegato) Massimo D’Alema e con quel 10 per cento del «discolo» Pippo Civati. Che giocherà a quel punto a fare l’ago della bilancia. Recentemente, Ernesto Galli della Loggia su «Il Corriere della sera» ha scritto che il Pd va verso una democristianizzazione, ovvero verso una divisione in correnti molto forte. Ma questa rischia di essere una democristianizzazione alla libanese. Renzi ed il premier Enrico Letta  non sono  Amintore Fanfani, Aldo Moro, Giulio Andreotti, Carlo Donatt Cattin o Arnaldo Forlani. E i potenti avversari interni del sindaco di Firenze non hanno il rango e il gusto della battaglia garibaldina di Bettino Craxi.

Ma guai a sottovalutare D’Alema e con lui il fedele e non diversamente ( cosa non di moda di questi tempi) dalemiano sfidante Cuperlo. È una battaglia cruenta quella che si gioca dentro la pur democristianizzata Beirut-Pd. Se Cuperlo non dovesse arrivare secondo, il suo padre politico con i baffi rischierebbe di decadere per una seconda volta. Rottamato, anche se solo in parlamento, da Renzi, tramite Pier Luigi Bersani,  D’Alema è l’unico dei «vecchi» big che hanno messo la faccia contro il «fiorentino». Bersani, finora non pervenuto. Il «leader Maximo» è uno fatto così. Quando sente odore di battaglia non resiste. E spesso senza fare calcoli. «Ho una concezione spavalda di me», confessò una volta. Lui, forse l’uomo più odiato del Pd, reo della guerra in Kosovo e soprattutto dell’ «inciucio» bicameralesco con Silvio Berlusconi, da D’Alema sempre negato, l’uomo ritenuto sempre al centro delle congiure contro Romano Prodi, fino ai 101 franchi tiratori («Falso, denuncio chi lo sostiene», intimò), combatte una sorta di battaglia della vita. O di una delle sue sette vite.  Prima manda a quel paese Lucci delle Iene, poi si concede, e tira fuori il lato simpatico ( perché c’è) di sé del tipo: «Quello (Renzi) manco lo conoscevo, ma se uno ti vuole rompere le ossa, tu che fai?». E intanto raccoglie da bravo cittadino i bisogni del suo Labrador Penelope. D’Alema nature, uno spasso, che ha surclassato in share Renzi a Porta a Porta lunedì scorso.  «Max» da direttore dell’ «Unità», per dire, fece passare nel 1989 il clamoroso titolo «C’era una volta Togliatti», coniato da Renzo Foa. Scoppiò un putiferio, missili e obici da Botteghe oscure, ma lui, il direttore, a Foa e a Piero Sansonetti aveva a suo modo dato il via: «Tanto i giornalisti qui sieti voi, diciamo…». 

È l’unico del Pd che ha ammesso a «Il Corriere della sera»: Berlusconi, attenti, non uscirà di scena; la sera della decadenza non ho brindato, ma la legge (Severino) deve essere uguale per tutti. E qui cade D’Alema: uomo coraggioso, ma rimasto prigioniero del suo essere comunista che lo porta a una  irreducibilità anti Cav che lo stesso Cav gli avrebbe rimproverato anche ai tempi dell’elezione del capo dello Stato. l’Avvocato Agnelli con il suo cinismo dalla erre moscia così lo fotografò: «È il migliore dei peggiori». L’8 dicembre  dirà se  «il migliore dei peggiori» decadrà. Per una seconda volta. Ma dopo averci, lui sì, almeno messo la faccia. Mentre tutti, media compresi, già stavano saltando sul carro del vincitore Matteo.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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