Il Pdl alla conta sulla fiducia per il Governo Letta
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Il Pdl alla conta sulla fiducia per il Governo Letta

Al termine della giornata più difficile nella storia del Pdl e a poche ore dal voto restano le divisioni tra Alfano (ed una 40ina di senatori, pare) e Berlusconi - Letta cade o non cade? - la diretta

Si va alla conta. Per il governo (Enrico Letta respinge le dimissioni dei ministri Pdl e quindi domani mattina mercoledì 2 ottobre al Senato potrà porre la fiducia), ma si va alla conta anche nel Pdl, sul quale “Angelino Alfano sta tentando di lanciare luna vera e propria Opa”, accusano, sotto forma di anonimato fedelissimi di Silvio Berlusconi.

Tutto finisce a notte fonda. Alle 22 Berlusconi confema la sua decisione: si vota la sfiducia. Poi, in piena notte, il faccia a faccia con Angelino Alfano che però non porta a nulla. Le posizioni restano distanti.

La riunione con i vertici Pdl a Palazzo Grazioli con Berlusconi era andata avanti fino a notte. Ma fino a tarda ora Angelino Alfano non si era ancora presentato perché impegnato in una riunione parallela con i ministri “scissionisti”. Intanto, aveva già richiamato tutto il Pdl a votare la fiducia a Letta. Ma Sandro Bondi e Daniele Capezzone, insieme ad altri “falchi” e comunque fedelissimi dell’ex premier gli avevano replicato a muso duro: “La voteremo solo se ce la chiede Berlusconi”. Come dire: non sei tu che comandi.  E Ignazio Abrignani ancora più duro anticipava: “Io non voto per chi assassina politicamente Berlusconi”.

Intanto, il Pd esultava. Guglielmo Epifani molto sicuro di sè: “Berlusconi perde, una parte del Pdl vota con noi”.  “Ora spacchiamo il Pdl ben bene, a questo sta lavorando Letta come un carro armato”, si lasciava andare un deputato di largo del Nazareno.

Ma in serata contraerea berlusconiana  dal Veneto, dalla Toscana, dalla Lombardia. Il coordinatore lombardo Mario Mantovani: “Non si discute, noi obbediamo solo a Berlusconi”. E così dice la senatrice veneta Elisabetta Alberti Casellati, berlusconiana di punta nella Giunta per le Elezioni del Senato che il 4 ottobre con tutta probabilità voterà per la decadenza del Cav da senatore, grazie alla maggioranza di Pd, Sel, Scelta Civica e Cinquestelle.

Pezzi da novanta tra gli azzurri dunque si ribellano a quello che viene definitivo come un “vero e proprio tentativo di Opa sul Pdl“ di Alfano. Additato come “lo scissionista” numero uno visto che, secondo fonti interne al Pdl, potrebbe spostare, dalla Sicilia, a favore di Letta un pacchetto di voti di almeno 12 senatori, secondo altri anche 20.

Ma c’è chi fa notare che a Palazzo Madama c’è un altro siciliano di rango superiore a quello di Alfano: il capogruppo pdl Renato Schifani, ex presidente del Senato, riunito, assieme al suo omologo alla Camera, Renato Brunetta, riunito fino a notte a Palazzo Grazioli con il Cavaliere. E siciliano è anche un altro senatore di rango come Gianfranco Micciché che bolla Alfano come “un vile, un traditore”.  

La conta anche nel Pdl nasce dopo una giornata a dir poco caotica in cui avevano preso a circolare voci insistenti di un possibile accordo nel Pdl tra Alfano e Berlusconi che avrebbe previsto: Alfano coordinatore unico di Forza Italia e rimpasto al governo, con nuovi ministri pdl, ritenuti più vicini a Berlusconi. Si dice che lo stesso Gianni Letta sia sia speso, ma invano, per ottenere un decreto contro la retroattività della legge Severino. Erano già circolati i nomi di Paolo Romani e Mariastella Gelmini. Ma poche ore dopo il settimanale ciellino “Tempi” ha diffuso un’intervista a Berlusconi che decretava la fine del governo. E accusava Letta e Giorgio Napolitano del suo “assassinio politico”, bollandoli come “inaffidabili”. Intervista concessa sembra due giorni fa, ma che Luigi Amicone, il direttore di “Tempi”, come lui stesso ha detto sarebbe stato autorizzato  dallo stesso Cavaliere a diffondere in anticipo proprio alla vigilia della fiducia al governo.

Parole nette, accuse durissime, in cui Berlusconi ribadisce di aver deciso di assumersi il rischio di far cadere il governo. Contro, appunto, il suo “assassinio politico”, contro una sinistra e un governo c he sanno solo “vessare gli italiani con le tasse”.  Contro quei metodi “da gangster usati nei suoi confronti”, ha scritto in un editoriale il direttore del “Foglio” Giuliano Ferrara.

Contro il “venir meno dello Stato di diritto”, attacca Berlusconi, al quale è stato anche impedito perfino il diritto alla difesa contro la decadenza da senatore. Stando a queste parole e a questi fatti, dovrebbe essere pollice verso al governo. Ma c’è anche chi fa notare dentro il Pdl: “Noi voteremo anche sì al governo se il presidente ce lo chiede”. In ogni caso il voto di domani, mercoledì due ottobre, “anche se paradossalmente dovesse essere omogeneo nel Pdl a favore di Letta, disegnerà area diverse, se non ormai separate. Niente sarà più come prima”, fanno notare deputati del centrodestra. Dai “diversamente berlusconiani agli alfaniani? Su questo si gioca la sorte delle gracili larghe intese. Il cui primo ministro, dopo la condanna Mediaset, ha sempre ribadito che quelle di Berlusconi sono vicende “personali” e “separate” dal governo. Mai una parola di cortesia istituzionale per Berlusocni da parte del giovane premierl. “Ma questo non lo ha fatto perché il Pd glielo ha impedito”, confida un parlamentare che conosce i meccanismi di Largo del Nazareno, fotografando appieno l’antiberlusconismo che è ancora il cuore del programma della sinistra.

C’è chi dice che Berlusconi abbia deciso di staccare la spina come ultima mossa per tentare di spostare almeno la sua decadenza da senatore. Se la Giunta e l’aula del senato non voterannno prima della decisione della Corte d’Appello prevista per il 19 che deve ricalcolare i tempi dell’interdizione, Berlusconi avrebbe ancora altro tempo: un mese o due. Perché farà ricorso in Cassazione. E alla finestra elettorale del 24 novembre si sarebbe ancora potuto presentare come candidato. Ma la finestra ormai sembra bella che chiusa. E nel Pdl già sui respira una brutta  che ricorda anche se, in sedicesimo, il fuggi fuggi nei confronti di Bettino Craxi. Vecchi vizi italici, duri a morire. Ma a decidere sarà il pallottoliere del Senato. Appunamento alle 9,30 di un mercoledì che segnerà la sorte del governo, ma anche del Pdl.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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