Napolitano e Macaluso, la rivincita dei miglioristi
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Napolitano e Macaluso, la rivincita dei miglioristi

I due ex dirigenti del Pci, in vacanza insieme in Alto Adige dopo una vita di miltanza nella stessa corrente riformista del partito

In polo e calzoncini ad accogliere  sulle Dolomiti il capo dello Stato, ma anche l’amico di una vita e soprattutto di tante battaglie (di minoranza) nel Pci. Con questa mise familiare (probabilmente destinata a diventare un cult dell'estate politica 2013) Emanuele Macaluso, accompagnato dalla moglie Enza, ha accolto Giorgio Napolitano, vestito con un impeccabile abito blu, e la consorte Clio, nell’albergo dove sta in vacanza in Val Fiscalina. In vacanza con il presidente della Repubblica.  Sicuramente, Macaluso a 89 anni non avrebbe mai immaginato di avere accanto a lui non solo «Giorgio», come amichevolmente lo chiama da una vita (con la g che diventa quasi una c nel suo accento siciliano), e non solo il capo dello Stato, ma anche l’unico presidente della storia repubblicana chiamato a svolgere un secondo mandato.

L’uomo pregato di restare sul Colle da un incessante pellegrinaggio della politica (per primo ha insistito Silvio Berlusconi, per ultimo Pier Luigi Bersani, intestardito nel tentativo di un governo con i Cinquestelle) alla ricerca
di una bussola, di una stella polare nel vuoto di quei drammatici sessanta giorni di crisi post-elettorale. Un «sacrificio» quello di Napolitano che ora lo mette sotto i riflettori italiani e internazionali come l’uomo più potente d’Italia, come se nel nostro paese ci fosse già un presidenzialismo di fatto. Che storia la storia della rivincita dei «miglioristi» sulla soglia dei novant’anni.

Achille Occhetto li estromise dagli organi dirigenti praticamente tutti: da Macaluso a Gerardo Chiaromonte a Luciano Lama. Una mattanza il congresso del 1990 a Bologna. Napolitano, solitamente più “cauteloso”,
dovette intervenire energicamente a un comitato centrale per difendere «Emanuele». Amici, anzi «servi»  di Bettino Craxi, era la ricorrente accusa. Loro, i «miglioristi» si prendevano legnate da destra (troppo timidi, venivano giudicati nel Psi) a manca. Macaluso non fu più rieletto senatore nei primi anni ’90 e da lì intensificò la sua professione non solo di giornalista (è stato direttore dell’Unità nei primi anni Ottanta e poi del Riformista)
ma di coscienza eretica della sinistra. All’operazione Pd non ha mai creduto, così come al tentativo di Massimo D’Alema di fare (post Craxi) una «cosa» socialista, ovvero i Ds: «Da cosa non nasce cosa», fu il  polemico titolo del libro-intervista con Paolo Franchi. E certamente al Pd non sarà neppure piaciuto il suo più recente libro «Politicamente s/corretto» con Peppino Caldarola (Audino editore), dove Macaluso, che certamente berlusconiano non è, accusa il Pd di aver affrontato Silvio Berlusconi «solo come un problema giudiziario», senza riuscire a
costruire una vera alternativa al centrodestra. Che oggi di quella cultura riformista il Pd avrebbe bisogno lo riconosce nei conversari privati il giovane ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, che da ragazzo aderì alla corrente migliorista.

Chissà, forse la storia sarebbe andata diversamente con l’unità, ma con pari dignità, con il Psi di Craxi, chissà forse oggi ci sarebbe in Italia quel partito socialdemocratico o progressista o laburista e garantista se le idee dei «miglioristi» avessero prevalso nel Pci-Pds-Ds. Probabilmente anche di questo i due ottuagenari (uno presidente, l’altro l’amico di una vita) parleranno nelle loro passeggiate pomeridiane in Val Fiscalina, diventata di colpo il faro della politica italiana attesa al bivio della sentenza del 30 luglio, il giorno del «giudizio» sui vent’anni di bipolarismo, fondato  dalla discesa in campo di Berlusconi, in cui è prevista la sentenza della Cassazione nel processo Mediaset.
Narrano che sia stato Macaluso a convincere il presidente a venire sulle Dolomiti. Macaluso non ama il mare e sulle montagne va da una vita.

Suo compagno di passeggiate è stato per molti anni un altro «migliorista» di rango del Pci, l’economista Napoleone Colaianni. Napolitano quest’anno ha rinunciato alla amata Stromboli per seguire l’amico di una vita.
Invogliato forse anche dal fatto che potrà  usufruire delle terme in hotel.  Dopo essere arrivato lassù, dall'aeroporto di Bolzano,  con un auto senza lampeggianti, osserverà l’orario dei clienti dell’albergo. Siederà a tavola nella
stessa sala con loro. Come uno di loro. Certamente spetterà al direttore dell’hotel sorvegliare
sulla quiete dell’illustre ospite che alloggia in una suite di 50 metri quadrati. C’è chi al ritorno a casa quest’anno potrà dire: sono stato in vacanza con il capo dello Stato.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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