«Io la Boschi di Forza Italia? No, è la Boschi la Calabria del Pd».
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
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«Io la Boschi di Forza Italia? No, è la Boschi la Calabria del Pd».

Annagrazia Calabria leader dei giovani azzurri critica il giovanilismo rottamatore renziano. Ma giudica positiva la lettera del segretario Pd.

Definirla la Maria Elena Boschi del centrodestra è  riduttivo. Annagrazia Calabria, 31 anni, leader dei giovani di Forza Italia,  ci scherza su: «Ah sì, allora la Boschi è la Calabria del Pd?».  Annagrazia,  a differenza della responsabile Riforme del Pd, in Parlamento sta dal 2008. Quando varcò la soglia di Montecitorio aveva 25 anni, tant’è che Giorgio Napolitano divenuto deputato a 28, le disse scherzosamente: «Mi hai battuto per pochi anni». E poi Annagrazia, che a Forza Italia si avvicinò adolescente, vanta una superiorità nei confronti della Boschi anche nel campo dell’ esperienza professionale. Avvocato, come l’astro nascente renziano, per fare politica la Calabria  lasciò un lavoro ben avviato in un importante studio internazionale. Paradossalmente, a giudicare dal look Calabria e Boschi , la piddina sembrerebbe Annagrazia: niente scarpe leopardate, tacchi bassi, abbigliamento minimal chic da passeggiata sulla Madison Avenue a New York, dove è nata. Figlia di Luigi Calabria, direttore finanziario di Finmeccanica,  la leader dei giovani azzurri ha imparato in famiglia cosa è la gavetta per affermarsi negli studi e nella professione. Un’esperienza dalla quale ha acquisito la rara dote dell’umiltà in politica. In Tv la si vede poco, è più facile vederla all’opera sul territorio a organizzare i club azzurri e a parlare con i giovani. Aborre la parola rottamazione: «Essere giovani non significa essere migliori o  nuovi».

 Ha seguito il discorso del capo dello Stato o ha spento il televisore a fine anno?

«Sì, io lo ho ascoltato. Innanzitutto lo ho fatto per il rispetto che si deve alla prima carica istituzionale».

Non ha quindi dato retta a chi dentro Fi proponeva: spegnete il televisore e accedente il tricolore?

«No. Perché la capacità critica degli individui si misura anche sulla base di ciò che si ascolta e non prima. Ho ritenuto quindi più giusto ascoltare e farmi una mia opinione. È chiaro che è stato un discorso rivolto agli italiani, a chi soffre, alle fasce più deboli della popolazione colpite dalla crisi economica più di altre».

Ci sono stati anche numerosi passaggi sui giovani. Solo rischio di retorica, come ha criticato il capogruppo Renato Brunetta?

«Molto spesso, e non solo Napolitano,  in questi ultimi anni, c’è stata un’ampia parte della classe dirigente del paese che ha parlato tanto di giovani senza mai fare qualcosa per risolvere i loro problemi.  Per questo capisco Brunetta quando parla di rischio di retorica. Intanto, la disoccupazione giovanile è diventata un dramma: ha superato il 40 per cento».

È un discorso tutto da buttare quello di Napolitano?

«No. Ritengo che la prima parte fosse doverosa rispetto alla crisi economica che subiscono  imprenditori, giovani, donne. Mi è dispiaciuto però che il presidente della Repubblica non abbia fatto riferimento alcuno a quello che è successo negli ultimi anni: dal governo Monti in poi.  Non ha fatto alcun riferimento alla vicenda giudiziaria e alla decadenza da senatore del presidente Silvio Berlusconi. E questo mi sembra quanto meno strano. La vicenda di Berlusconi è una ferita inferta alla nostra democrazia. E quindi almeno un cenno bisognava farlo, tanto più che  Berlusconi rappresenta la metà degli elettori italiani».

Lei si riferisce al fatto che tutto ciò ha completamente cambiato il quadro politico e soprattutto la maggioranza che sostiene il governo?

 «Sembra quasi che il presidente Napolitano si sia di colpo dimenticato che Berlusconi fu il primo a volere le larghe intese, il primo a volere la sua rielezione, il primo a combattere per avere riforme che ci dessero istituzioni forti. Il fatto che il presidente della Repubblica non abbia proprio parlato della violazione da parte del Pd del patto delle larghe intese attraverso l’accelerazione del voto sulla decadenza, in spregio anche alle regole parlamentari, ecco mi ha lasciato perplessa. Mi fermo qui. Io non uso termini forti, perché non mi si addicono».

Quindi lei non voterebbe per l’impechment come hanno ipotizzato Daniele Santanché e altri del suo partito?

«No, io l’impeachment non lo voterei».

Qualcuno rimprovera a Forza Italia di inseguire Beppe Grillo. È così?

«Non è affatto vero. Forza Italia non è un partito estremista e non insegue Grillo. Non è la realtà. Forza Italia è un partito molto grande, fatto di moltissime personalità, sensibilità e individualità, ognuna con la propria esperienza. Siamo un partito in cui ci si confronta e si dibatte. E poi si decide tutti quanti insieme. alla fine il presidente Berlusconi traccia la linea. Trovo quindi un alibi  ipocrita e ingeneroso farci critiche di questo tipo».

Si riferisce al Nuovo centrodestra di Angelino Alfano?

«Sì, certo».

Che futuro vede per Ncd e Alfano?

«La trovo una realtà un po’ rarefatta, non vedo una realtà radicata nel territorio. Di più:  non ritrovo una identità in loro. Nonostante quello che è accaduto a Berlusconi, nonostante Alfano sia stato indicato come capo della delegazione al governo, loro sono rimasti nell’esecutivo disorientando anche gli elettori. Che non hanno compreso la vera linea politica alla base di questa decisione».

La linea della stabilità delle poltrone?

«Noi avevamo dato vita a un governo per le emergenze del Paese e invece questo governo non ha dato nessuna risposta. Abbiamo invece assistito a pasticci come il decreto Salva Roma. E abbiamo una legge di Stabilità che aumenta le tasse agli italiani».

Alfano rischia di essere schiacciato da Matteo Renzi,  ormai  in perenne contesa con Enrico Letta?

«Ncd fa la stampella di un governo a larghissima impronta di centrosinistra, con un Pd che dopo l’arrivo di Renzi sarà ancora più determinante nel dettare l’agenda. Lo stesso Renzi ha già avvertito che 300 deputati non sono 30».

Nel Pd intanto già è bagarre: Matteo Colaninno dice a Renzi dopo la lettera che ha scritto ai leader di partito di non cedere alla «sirene berlusconiane».

«Ma nessuna sirena… Renzi ha fatto una apertura a tutte le forza politiche ed è stato molto chiaro in questo, la sua lettera ai leader mi sembra una cosa innovativa e giustissima. È chiaro che anche noi, il primo partito di centrodestra,  abbiamo la possibilità di dire le nostre opinioni. La proposta di andare a un election day il 25 maggio unificando le elezioni europee con quelle politiche mi sembra un’opportunità che si potrebbe cogliere da parte chi crede ancora che  questa è una democrazia fondata sul diritto del popolo di decidere chi sta al governo».

Di fronte a questo attivismo di Renzi, Forza Italia non rischia di apparire come un partito che gioca di rimessa?

«Francamente no, io sono convinta che la scelta di andare all’opposizione sia stata molto giusta, molto chiara, molto trasparente, capita da tutti i nostri elettori. I quali ci avevano votato sulla base di un preciso programma elettorale. E non avrebbero capito la nostra permanenza in un governo ormai dominato dal Pd, che alza le tasse e estromette dal parlamento il leader del centrodestra. Soprattutto un governo che non risolve i problemi degli italiani».

È lei la  Maria Elena Boschi del centrodestra?

«Sì, e la Boschi è la Calabria del Pd? (ironizza ndr)   Non  conosco ancora bene l’onorevole Boschi. Ma dai suoi primi passi nella commissione Affari costituzionali, mi sembra una ragazza che ha tanta voglia di fare. Sono felice che ci sia una generazione di giovani che fa politica. Io entrai in Parlamento a 25 anni. Ho imparato che ci vuole tanta preparazione, tanto studio. E tanta umiltà».

La parola umiltà torna spesso nel suo linguaggio e non è esattamente molto di moda tra i giovani renziani rottamatori,,,

«Essere giovani non significa essere nuovi o essere migliori. Ci sono tanti giovani che sono peggio di tanti adulti e più vecchi di tanti adulti. Soprattutto bisogna sempre ascoltare chi ha più esperienza di noi e ha tanto da insegnare».

Parole rare in questo giovanilismo imperante…

«Appunto, non si può cadere nella retorica del giovanilismo. Non è concesso a un paese che ha bisogno di tutti, di tutte le forze migliori. A proposito della retorica del rinnovamento da parte di Renzi,  vorrei ricordare  che  Berlusconi quindici anni fa portò i trentenni al governo e poi i ventenni come me in Parlamento. Berlusconi è sempre riuscito a trovare l’equilibrio perfetto tra rinnovamento e valorizzazione dell’esperienza. E ha sempre portato il partito in sintonia con evoluzione della società. Noi non abbiamo bisogno di un altro leader, mentre il Pd divora i suoi leader ogni due mesi».

 Ora però non si rischia un attendismo eccessivo nella riorganizzazione di Fi e con la giusta ricerca di volti nuovi non c’è il pericolo di non valorizzare le risorse che intanto già si hanno?

«Il movimento giovanile sta facendo un grande lavoro per la creazione dei club. Stiamo lavorando con grande entusiasmo. Non si rischia quindi niente. Berlusconi ha sempre saputo valorizzare le risorse sul campo contemporaneamente al rinnovamento. Che conterà su  due braccia: il partito e i club. Il presidente saprà valorizzare tutte le energie migliori, quindi nessuno deve temere nulla».

 

 

 

 

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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