Umberto Bossi, il figliol prodigo
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Umberto Bossi, il figliol prodigo

Salvini sembra il favorito per la corsa alla segreteria della Lega Nord, ma attenzione al "Capo"

Sembra un po’ di essere anche nella «Padania» bossiana o nella «Macroregione» (maroniana) alle primarie del Pd. Pur senza primarie, che a loro due «Umberto Bossi» e «Bobo Maroni», gente concreta e terrina, fanno venire l’orticaria.

Resta il fatto che i candidati per la guida della Lega Nord al congresso di dicembre ora sono in tre: il vicesegretario federale Matteo Salvini, il presidente del Copasir Giacomo Stucchi(entrambi maroniani di ferro, anche se con caratteri antitetici: irruente e televisivo il leghismo e maronismo secondo «Matteo»; più doroteo il maronismo e il leghismo del  più diplomatico e inclusivo Stucchi).

Oltre a Salvini, Bossi e Stucchi, sono candidati alla segreteria della Lega anche il maroniano di ferro Manes Bernardini, consigliere regionale in Emilia Romagna e il consigliere comunale di Vizzola Ticino (Varese) Roberto Stefanazzi.

E poi c’è lui, il presidente fondatore, il Senatùr, noto con questo appellativo in mezzo mondo. Il Senatùr international intervistato recentemente perfino da una tv etiope.

Al congresso di Assago dove aveva accettato, pur tra le lacrime, l’incoronazione di «Bobo» a segretario si paragonò a re Salomone che prese le parti della madre bugiarda pur di non vedere il bambino, il proprio bambino «Lega», tagliato a metà. Maroni, divenne  segretario federale del Carroccio e  poi anche governatore lombardo. Coronando il sogno della Lega.

Ora però c’è anche il Senatùr che in un’ intervista a Rete 4 si paragona al figliol prodigo che torna a casa, pur di salvare la casa in pericolo. Da imprevedibile e consumato attore, forse il vero unico leader politico rimasto a Montecitorio (dove non ci sono più da Silvio Berlusconi allo stesso Maroni, ora al Pirellone, a Massimo D’Alema e Walter Veltroni), Bossi cambia parte. Ma l’obiettivo è sempre lo stesso: io ero, resto e sarò sempre Bossi. E voi fate come c…vi pare.

Pur godendo ancora di un ampio supporto della base che lo osanna come «Capo», Bossi probabilmente sa bene che per lui sarà difficile riprendere la plancia di comando in Via Bellerio. Ma non è mai da sottovalutare il Senatùr, tant’è che, secondo i maligni «Bobo» avrebbe fatto scendere in campo anche Stucchi per erodere consensi al Senatùr. Un po’ come fece Pier Luigi Bersani facendo scendere in campo alle primarie di un anno fa anche Laura Puppato e Bruno Tabacci nella disfida con Matteo Renzi. La notizia della discesa in campo di Stucchi, data in anteprima da Stefania Piazzo, ex direttore della «Padania» ed ora del sito «Piazzolanotizia.it», questo al momento lascerebbe capire. E Bossi perché si mette a far la parte del figliol prodigo?

Probabilmente perché il suo obiettivo è fare l’ago della bilancia delle sorti della leadership della Lega Nord.  Dove il favorito sembra essere Salvini, l’altro «Matteo», distante mille miglia dai salotti debenedettiani radical chic di Renzi. E sul quale ad un certo punto potrebbe scattare la benedizione del vecchio «Capo». Che a Panorama.it disse: il mio preferito è Giancarlo Giorgetti, quanto a Salvini, «è irruente, ma lui a differenza di Flavio Tosi, non ha mai abbandonato le radici leghiste».

Nella sera del 13 novembre alla buvette della Camera, Bossi, per la prima volta sembrava tornato ai tempi d’oro: circondato da una serie di giovani deputati maroniani e  salviniani che  come ai vecchi tempi si rivolgono a lui con un «Capo» di qui  e un  «Capo» di là. Sono i fedelissimi e ottime promesse maroniane Massimiliano Fedriga e Nicola Molteni, compagno del brillante direttore in gonnella della «Padania» Aurora Lussana. Colpita dagli strali del Senatùr nel settembre scorso. Ma questo l’intelligente governatore lombardo  e segretario federale del Carroccio Maroni già lo avrà messo nel conto. E cioè che per un verso o per l’altro dal vecchio leone non si prescinde. In Transatlantico, c’è un gran rimpianto tra i cronisti parlamentari di lungo corso di quando loro due Bobo e Umberto, il gatto e la volpe, facevano impazzire la vecchia politica. La volpe Bossi è rimasta, manca il gatto Maroni. Ma i loro sono sempre stati ruoli intercambiabili. E lo potrebbero tornare ora anche a distanza. Così, almeno tanto per dare una scossa alla morta gora politica del governo Letta-Alfano. Governo di tasse. E di manette. Per Silvio Berlusconi.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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