Alfano ed il rischio solitudine
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Alfano ed il rischio solitudine

Il leader del Ncd in una tenaglia alza il prezzo sul governo. E sull'Italicum. Il rischio è di diventare meno influente del Pli di una volta che però dettava legge sul serio - Crisi di Governo: la cronaca - Sondaggio - Toto-Ministri

Angelino Alfano sta per caso imitando Valerio Zanone? Si, proprio il leader dei liberali che erano così pochi da poter tenere il congresso in una cabina telefonica? Ma tra lui e Zanone c’è una bella differenza.

Il Pli, pur con le sue percentuali da prefisso telefonico, era determinante per la formazione dei governi della Prima Repubblica dove c’era il proporzionale puro. Così come decisivi lo erano tutti gli altri partiti satelliti, dal Pri al Psdi. Non solo.

Quei partiti, pur piccoli, esprimevano personalità di spicco, dall’identità e dai valori precisi a cominciare dai tanto sfottuti liberali nelle imitazioni televisive. E soprattutto venivano eletti dal popolo che si riconosceva nei loro programmi.

Angelino Alfano rappresenta un partito, il Nuovo centrodestra, nato invece da una scissione, fatta in parlamento, dalla casa madre ovvero il Pdl di cui era segretario. Questo glielo ha permesso la mancanza di vincolo di mandato stabilita dalla Costituzione. «Con la quale puoi fare tutte le riforme elettorali che vuoi ma nessuno impedirà mai le scissioni in parlamento», va ripetendo il leader dei Moderati, alleati del Pd, Giacomo Portas, a capo di un partito piccolo sì, ma nato invece sul territorio: è il secondo del centrosinistra in Piemonte.

Dunque, dove vuole arrivare Alfano? È evidente che dopo la rilegittimazione di leader dell’opposizione di Silvio Berlusconi, salito con tanto di onori al Quirinale e poi di nuovo in quel Parlamento, dal quale è stato fatto decadere, per le consultazioni di Renzi che probabilmente si faranno alla Camera, l’ex segretario pdl si trova stretto in una tenaglia. Vuole entrare nel governo. Il film «torna a casa Lassie» da Berlusconi lo terrorizza. Ma vuole far pesare il suo decisivo pacchetto di voti al Senato per la nascita del futuro governo per «non può fare il cameriere del Pd, perché è lui è il leader del Nuovo centrodestra, dopo il ventennio fallimentare berlusconiano» (come dice Sergio Pizzolante fedelissimo di Fabrizio Cicchitto).

Per uscire dalla tenaglia è chiaro che incomincerà a picconare «L’Italicum», ovvero il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi che rafforza il bipolarismo.

Spetta ora a Renzi non andare contro Renzi. Perché se torna al doppio turno di coalizione e abbassa la soglia di sbarramento dei partiti oggi al 4,5 per cento, facendo tirare un sospiro di sollievo ad Alfano che sfiora e con molto affanno in tutti i sondaggi il 5 per cento, non sarebbe certo più agli occhi di milioni di italiani, a cominciare da quelli che lo hanno votato per le primarie, l’uomo nuovo che sale a Palazzo Chigi per cambiare l’Italia. E questo non gli verrebbe perdonato, tanto più che alla guida del governo lui sta arrivando senza elezioni. E non deve neppure fare la guerra del Kosovo come toccò a Massimo D’Alema.

All’uscita dal colloquio con il capo dello Stato Renzi ha detto che bisognerà fare le riforme elencandole così nell’ordine: costituzionali (superamento del bicameralismo perfetto) e poi quella elettorale. È stato per caso deciso di cambiare programma? Il sospetto può venire tanto più che si parla di governo di legislatura. E come lo chiamerà questo governo Alfano? Di larghe intese no, di strette neppure. «Nuovo centrosinistra e nuovo centrodestra», ipotizza Pizzolante.

Le ambizioni sono elevatissime seppur legittime. Alfano ha di fronte due strade ora: o entrare nel governo di centrosinistra, o comunque a prevalente connotazione di sinistra, oppure far saltare il banco e andare a votare con il «Consultellum», la legge attuale disegnata dalla sentenza della Consulta, che prevede il proporzionale . Ma a quel punto c’è chi fa notare che Ncd avrebbe più o meno la stessa influenza di Sel nella formazione di un nuovo esecutivo. Insomma, per l’ex segretario del Pdl il rischio di un congresso in una cabina telefonica è sempre dietro l’angolo. 

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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