Salvini e il reato di tortura: 5 punti su cui discutere
ANSA / MATTEO BAZZI
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Salvini e il reato di tortura: 5 punti su cui discutere

Tutti i motivi per cui le posizioni estreme della Lega Nord vanno contro l'interesse della maggioranza responsabile e capace delle forze di polizia

“La Corte europea dei diritti umani potrebbe occuparsi di altro. Per qualcuno che ha sbagliato non devono pagare tutti. Carabinieri e polizia devono poter agire liberamente. Se un delinquente cade mentre è fermato e si sbuccia un ginocchio, c... suoi. Poi se qualcuno sbaglia paga, anche doppio, ma parliamo di poche unità”. Lo ha detto Matteo Salvini partecipando alla protesta organizzata dal sindacato di polizia Sap di fronte a Palazzo Chigi contro l'introduzione del reato di tortura approvata ieri alla Camera. Una sparata che ha sollevato molte critiche e con cui il leader della Lega Nord ha messo in fila anche diverse contraddizioni.

Reato di tortura: cosa prevede il testo approvato alla Camera


La Corte di Strasburgo deve occuparsi di tortura

Nella prima frase che compone l'intero periodo Salvini sostiene che la Corte europea dei diritti umani potrebbe occuparsi d'altro. È una considerazione che trascura la ragion di esistere della Corte stessa, cioè quella di sanzionare lo Stato che, agendo contro il privato cittadino, violi la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali laddove all'articolo 3 stabilisce che “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamento inumani e degradanti”. Per cui la Corte europea non solo non può occuparsi d'altro, ma deve proprio occuparsi anche di questo.

Punire chi sbaglia evita che a pagare siano tutti

“Per qualcuno che ha sbagliato non devono pagare tutti” è il secondo assunto. Giusto, infatti l'introduzione di un reato specifico di tortura serve a punire chi, individualmente, viene riconosciuto colpevole, al termine di un processo penale, dell'accusa che viene rivolta a lui, non a tutti, nel rispetto del principio per cui la responsabilità è sempre personale.

Le forze dell'ordine non possono "agire liberamente"

Terzo punto: "Carabinieri e polizia devono poter agire liberamente". Se così fosse sarebbe grave e pericoloso. Carabinieri e polizia non devono affatto poter agire liberamente, bensì sono tenuti a seguire procedure precise che servono proprio a limitare il più possibile l'iniziativa personale e a garantire la tutela del singolo cittadino e delle sue libertà fondamentali sancite dalla Costituzione. 

Chi esegue un fermo ha sempre la responsabilità

Arriviamo al “delinquente” che cade mentre è fermato e che “se si sbuccia il ginocchio sono c... suoi”. Ovvio, sarebbero senz'altro problemi suoi e del suo ginocchio se cadendo accidentalmente durante un fermo si dovesse solo fare un po' male. Cosa diversa se la caduta fosse provocata dagli agenti e le sue conseguenze andassero oltre una banale sbucciatura. Diciamo che se un fermato muore durante, o poco dopo un fermo, la responsabilità sarebbe di chi ha proceduto al fermo. Come nel caso dei quattro carabinieri rinviati a giudizio (il processo inizierà il 14 luglio) per la morte di Riccardo Magherini durante il suo fermo a Firenze o degli agenti riconosciuti colpevoli dell'omicidio del ferrarese Federico Aldrovandi.

Punire gli agenti violenti è interesse di tutti gli altri

Infine il principio in base al quale “chi sbaglia paga” con cui, di fatto, Salvini contraddice se stesso: se chi sbaglia sono poche unità, come sostiene lui, ben venga che queste poche unità paghino, “anche doppio”. L'introduzione di una fattispecie di reato come quello di tortura va proprio in questo senso: permette infatti di dare un nome e un cognome ai colpevoli evitando che il discredito infanghi l'intero corpo delle forze dell'ordine fondamentale ed essenziale per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza di tutti noi. Chi opera con professionalità e spirito di servizio ha infatti interesse che gli autori di soprusi e violenze siano individuati e puniti.

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Claudia Daconto