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ANSA/GIORGIO ONORATI
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Renzi e Verdini: la strana coppia

Cosa c'è dietro il sodalizio sulla riforma del Senato tra l'ex braccio destro di Berlusconi e la maggioranza Pd

Attaccato da Fi e dai centristi, dalla minoranza Pd e dalla sinistra, nel mirino per il gesto sessista del 'suo' senatore Barani, oggi Denis Verdini si riprende la scena: senza di noi la maggioranza non c'è dice l'ex braccio destro di Silvio Berlusconi.

E su di lui arriva anche l'endorsement di Matteo Renzi. "Chi appoggia le riforme aiuta l'Italia" dice il premier che giudica "allucinante" e "ingiusto" l'atteggiamento di chi dice che i senatori di Verdini non debbano votare le riforme.

La nuova maggioranza

Il doppio assist sulla nuova maggioranza attorno alle riforme arriva subito dopo pranzo di ieri nelle case degli italiani. Matteo Renzi è intervistato da Lucia Annunziata mentre, alla stessa ora, Denis Verdini è ospite di Maria Latella. "La storia nasce dai risultati elettorali del febbraio 2013 che hanno detto o elezioni o legislatura costituente. E ricordo che al Senato non c'è una maggioranza" attacca Denis Verdini, replicando in un colpo solo a chi lo critica da sinistra e da destra.

Perchè il suo apporto, spiega, nasce da un principio di coerenza rispetto al patto del Nazareno, da cui non lui ma il Cavaliere si è allontanato. E il Pd puo' stare tranquillo: agli "amici del Pd che sostengono che i nostri voti puzzano diciamo che con il Pd non abbiamo nulla a che spartire, non intendiamo entrare".

Anche Renzi smorza le critiche:"sulle riforme credo che ci sia un gruppo di persone che fa una scelta utile per l'Italia" e i "senatori che stanno con Verdini le riforme le avevano già votate: l'incoerenza non è di chi sta votando le riforme ma di chi ha cambiato idea".

Insomma, "a destra c'è una situazione talmente divisa che credo sia ingiusto porre un problema ai senatori di Verdini. Mi sembra allucinante". E comunque: "gli ex di FI votano ddl e non la fiducia".   

Ma il centrodestra e la sinistra fanno i conti con il pallottoliere per smentire, a turno, Verdini e il governo, dopo che anche il ministro Maria Elena Boschi sottolinea: "i nostri voti - dice a La Stampa - sarebbero stati comunque sufficienti. Non capisco questa ossessione, hanno votato come un anno fa. Con loro nessun accordo".

"Renzi, Boschi e il Pd possono dire quello che vogliono. Verdini è entrato in maggioranza" attacca Sel. "Il governo ha ottenuto 160 voti grazie ai 9 voti dei verdiniani e quindi ad oggi la maggioranza di governo non ha potuto esprimere una maggioranza assoluta" rintuzza l'azzurro Paolo Romani.

"Renzi sta conquistando, a colpi di una maggioranza che non c'è, ma con il supporto di transfughi, il lasciapassare verso il dispotismo. Il tutto nel silenzio imbarazzante del Quirinale" si indigna Renato Brunetta.

I centristi rivendicano invece la loro centralità mentre Alfano prova a smorzare i toni. "Ma vi pare che mi sento in competizione con Verdini? Lui le riforme le aveva già votate e poi non è in maggioranza perchè non ha votato la fiducia al governo" dice in un'intervista a Qn in cui chiede a Renzi di ritoccare l'Italicum.

Motivo per il quale qualcuno ha ipotizzato che il basso scarto di voti con cui è passato l'articolo 2 sia da leggere come un segnale inviato dai centristi. Ma il capogruppo Ap al Senato, Renato Schifani, smentisce: "È una tesi che ci fa sorridere. Questo modo di agire non ci appartiene". Insomma, "si sta enfatizzando un voto dovuto ad assenze puramente casuali".

Anche alla minoranza Pd questa incursione di Verdini ovviamente non piace: "L'analisi dei voti dimostra che se il Pd è unito la riforma del Senato passa senza bisogno dell'imbarazzante soccorso verdiniano" dice Miguel Gotor che puntualizza: "Renzi e Boschi dicono che i verdiniani hanno già votato la riforma in prima lettura. Per amor di precisione questo è vero solo per Verdini e Barani, mentre ben sette senatori del gruppo, ossia la maggioranza, in prima lettura non hanno votato il provvedimento". (ANSA)

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