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ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images
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Referendum costituzionale: cosa cambia con l'effetto Trump

Il successo del tycoon in America ha convinto il premier Matteo Renzi a un nuovo cambio di strategia. Ma il "No" è sempre in vantaggio

A poco meno di tre settimane dal referendum del 4 dicembre, tutti i sondaggi sono concordi nell'assegnare al “No” la vittoria. Ma il fronte del Sì non si è ancora rassegnato ad accettare una sconfitta che, anche alla luce del contesto internazionale, appare quasi inevitabile.

La lezione di Trump
Per i sostenitori del Sì la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti ha rappresentato senza dubbio una doccia fredda e costretto il premier e i suoi uomini e donne della comunicazione a ripensare, e in fretta, toni e contenuti della campagna. Sull'altro fronte, invece, la sconfitta della democratica Hillary Clinton è stata interpretata come un segnale più che incoraggiante rispetto all'esito della consultazione del 4 dicembre. Dopo la Brexit in Gran Bretagna e il successo di un candidato atipico, di rottura, come Trump, la scommessa è che anche in Italia possa prevalere un sentimento anti-establishment da parte di un elettorato sempre meno condizionabile e sempre più disposto ad affidarsi a chi si propone come alternativa al potere costituito.

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La nuova strategia di comunicazione
Da qui la necessità per il premier di dismettere i panni dello statista puro e ritornare in quelli del rottamatore della prima ora ricominciando a parlare più che alla testa degli elettori, alla loro pancia solleticandone il più possibile l'istinto anti-Casta. Lo sforzo di concentrarsi sul merito dei contenuti della riforma non ha pagato. Ancor meno il tentativo di “spersonalizzare” la campagna come alla fine anche Renzi si era rassegnato a fare.

Nelle prossime due settimane il messaggio sarà uno solo e ultra semplificato, al limite del populismo: "con me l'Italia cambia (qualsiasi cosa significhi), senza di me tornano quelli che c'erano prima e il Paese si auto-condanna all'inciucio permanente”.

L'appello gli elettori di Lega e M5S
Non è un caso che nell'ultimo #matteorisponde il premier abbia lanciato un appello proprio agli elettori di Lega e M5S invitandoli a votare Sì per fare quello che i loro rappresentanti in Senato non vogliono fare in quanto "affezionati alle loro poltrone e ai loro privilegi", ossia cambiare contro ogni deisderio di conservazione.

Riuscire a farsi percepire come campione dell'anti-Casta parlando da Palazzo Chigi non è comunque impresa semplice. Il rischio è che tra l'originale e la copia, come spesso accade, gli elettori preferiscano scegliere comunque l'originale. Pur di apparire il meno istituzionale possibile, a costo anche di inseguire Grillo e Salvini sul loro stesso terreno, Renzi ha deciso di passare una mano di anti-europeismo anche sullo sfondo che solitamente fa da scenografia alle sue apparizioni pubbliche.


L'attacco all'Europa
Non è certo passata inosservata la rimozione delle bandiere dell'Europa dalla scenografia che abitualmente fa da sfondo a #matteorisponde, il format inventato dal premier per interagire con la gente in diretta su Facebook.

Una scelta strategica mirata a far breccia tra gli euroscettici di casa nostra, rappresentazione plastica della distanza che il premier ha deciso di mettere tra sé e Bruxelles in una fase in cui il livello di scontro è stato fatto salire proprio allo scopo di accreditarsi come un leader che non esita a battere i pugni quando in ballo ci sono gli interessi nazionali dell'Italia e a fare la voce grossa con Jean Claude Junker nel chiedere maggiori margini di spesa per far fronte a tragedie come quella del terremoto.

Gli italiani all'estero: elettori chiave
In tutto sono circa 4 milioni i nostri connazionali residenti all'estero e iscritti alla lista dell'Aire. A loro il premier Matteo Renzi ha recapitato una missiva, firmata dal “segretario del Pd” e contenente un appello al voto a favore della riforma, che ha fatto infuriare il fronte del No perché ritenuta “inquinante” della consultazione referendaria.

Al di là delle polemiche, è evidente che per Renzi quel milione di elettori che, pur essendo residenti fuori dai confini italici, vogliono dire la loro al momento del voto in Italia, è strategico. Un milione è infatti il numero di voti che secondo i calcoli del premier deciderà l'esito della battaglia. E siccome finora gli italiani all'estero hanno tradizionalmente premiato il centro-sinistra (pur avendo ottenuto il diritto al voto dal 2001 per iniziativa dell'ex ministro berlusconiano Mirko Tremaglia), per la vittoria del Sì è considerato necessario riuscire a intercettarli.

Funzionerà?
Cosa potrà accadere da oggi fino al 4 dicembre nemmeno gli esperti sono in grado di dirlo. I più scommettono ormai sulla vittoria del “No”. I sondaggi, per quanto valga tenerli in considerazione dopo l'ennesima debacle subita negli Stati Uniti, continuano a dare il “Sì” perdente.

A meno che esista una parte silenziosa di elettorato che non si espone ma che il 4 dicembre, nel segreto dell'urna, voterà Sì. Una cosa è certa: in caso di sconfitta, il premier ha già in mente un piano B e ha già cominciato a lavorarci su insieme ai suoi fedelissimi.

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Maria Franco