Pisapia sindaco di Milano: si apre la successione
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Pisapia sindaco di Milano: si apre la successione

Il primo cittadino ha annunciato di non volersi candidare nel 2016. Scatta il toto-nomine

Dopo settimane di voci, Giuliano Pisapia ha annunciato di non volere un secondo mandato e dunque che, nel 2016, non si presenterà alle elezioni comunali.

Si apre ufficialmente nel centrosinistra la caccia al successore. Non solo: da definire saranno ora anche i contorni della coalizione. Perchè con il passo indietro del sindaco, viene meno anche il "garante" di quell'ampia maggioranza che ha finora governato la città. E da studiare, per entrambe le partite, saranno mosse e strategie del principale "azionista", il Pd.

La rosa di nomi

La rosa e' ampia e spazia dal parlamentare milanese Emanuele Fiano (ma anche la collega Lia Quartapelle) all'assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino, fino a Umberto Ambrosoli, ora consigliere regionale civico. Ma molti scommettono nel "papa straniero": un nome a sorpresa che sarebbe già nella testa del premier e segretario dei Democratici, Matteo Renzi. In questo caso, si fanno i nomi del numero uno di Expo, Giuseppe Sala, del finanziere Francesco Micheli e quello del direttore della Stampa, Mario Calabresi. In passato si era vociferato anche del direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli.

Primarie da preparare

La scelta, ha spiegato Pisapia, a meno di una "candidatura unanime", dovrebbe passare per le primarie. Uno strumento che oggi ha definito "non un totem", viste le ultime prove, ma a cui il sindaco deve personalmente tanto e che inoltre "sarebbe un modo per fare scegliere dal basso", per rimotivare il popolo del centrosinistra.

La prova per il Pd

E qui si arriva all'altra incognita che la scelta di Pisapia mette sul campo e su cui si vedrà quanto i dem avranno intenzione di far pesare il loro oltre 40 per cento raggranellato alle ultime Europee in città: i confini della coalizione. L'ampio rassemblement "arancione" guidato fino a oggi dal primo cittadino pare destinato a perdere pezzi. È cosa ormai quasi certa che Rifondazione comunista sia stata tagliata fuori. Ora resta da capire quanto il Pd pensi di contare, a sinistra, su Sel e quanto forte sia invece la tentazione di guardare al centro, anche solo a liste civiche moderate, per sfidare un centrodestra anch'esso privo ancora di un nome (il leader leghista Matteo Salvini?) e di un'alleanza.

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Redazione