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ANSA/ANGELO CARCONI
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Perché Verdini serve sia a Renzi che a Bersani

Il premier punta all'elettorato centrista, l'ex segretario a riprendersi la Ditta cavalcando la teoria dell'eliminazione dei "corpi estranei"

Se c'è un tratto identitario del Pd che, anche in questa fase di discussione interna sul perimetro di valori, ideali e programmi, risulta indiscutibile è la brevità delle tregue.

Pier Luigi Bersani si è infatti già rilanciato all'attacco della dirigenza. L'appoggio di Denis Verdini alle riforme non riesce infatti ad andargli giù in alcun modo. Parla di “circolazione extracorporea rispetto al Pd e alla maggioranza di governo. Tanta nostra gente pensa che sia ora di rendere più chiaro dove si stia andando, senza cortine fumogene, giochi di parole e battute assolutorie”.

Cosa preoccupa davvero Bersani

In realtà ciò che preoccupa di più l'ex segretario è il rischio per la minoranza che guida di essere messa all'angolo, di diventare ininfluente. Non che lo siano i voti dell'ex forzista. Matteo Renzi è riuscito infatti nell'impresa di neutralizzare sia gli uni che gli altri.

La riforma del Senato sarebbe stata comunque approvata (il voto finale è previsto per il 13 ottobre ma il grosso è fatto) sia che i ribelli dem avessero votato contro sia che l'avessero fatto gli 11 senatori dell'Ala di Verdini. Anche se, va detto, nei pochi voti segreti il loro apporto è risultato fondamentale.

L'apertura di Renzi

Bersani pretendeva che il premier non accettasse il suo appoggio. Ma, per quanto non necessario, Renzi si è ben guardato dal fare lo schizzinoso. “Sono gli stessi senatori che hanno votato il testo anche nelle precedenti letture (quando capogruppo era Roberto Speranza – è stato il ragionamento - perché adesso dovremmo rifiutarli?”. E, soprattutto, perché Renzi non dovrebbe accettare i voti dei verdiniani sulla riforma del fisco e della giustizia?

"Non credo sia utile che ogni settimana, anche da parte di Bersani, si costruisca una nuova polemica – si è lamentato il vicesegretario Lorenzo Guerini - Il rispetto per il Pd è anche non aprire ogni giorno un fronte interno e non alimentare tensioni che non servono a nessuno".

I due corpi estranei: Verdini e... Renzi

L'opinione pubblica dem è divisa: da una parte c'è chi considera Denis Verdini come un impresentabile, dall'altra chi ricorda a Bersani quando nel 2010 cercava di convincere i compagni che l'appoggio alle riforme da parte dell'ex fascista Gianfranco Fini era necessario perché è la Costituzione a prescrivere che esse debbano essere il più possibile condivise e che allora non si preoccupava della perdita dei valori della sinistra.

Bersani e le strane alleanze del Pd


Ora il dubbio è su quanto possa davvero costare al Pd, in termini elettorali, questa contiguità tra due corpi estranei alla sinistra come Verdini e, come una parte del partito e dei militanti continua a considerarlo, Matteo Renzi.

Probabilmente Bersani, che non pensa affatto alla scissione, ha capito che il tema "corpi estranei" riscuote un discreto successo e ha deciso di cavalcarlo con energia. Il suo orizzonte non sono nemmeno le riforme, almeno non quella del Senato alla quale i dissidenti non faranno mancare il loro appoggio.

Si intravede piuttosto una strategia in funzione congressuale. Non è un segreto per nessuno che il principale obbiettivo di Bersani e i suoi sia quello di riprendersi la Ditta.

Lo stesso può dirsi del premier: l'ex forzista gli serve per far approvare le riforme oggi, ma il premier guarda al futuro. Anche attraverso il taglio delle tasse, a cominciare dalla cancellazione dell'Imu, il premier punta all'elettorato centrista. Il dubbio è quanto si possa rinunciare a cuor leggero a quello di sinistra o anche solo a una parte di esso.

Denis Verdini

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ANSA/GIORGIO ONORATI
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ospite al programma televisivo ''In 1/2 ora'', negli studi Rai di via Teulada a Roma, 4 ottobre 2015

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Claudia Daconto