matteo-orfini
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
News

Così il Pd tenta di riconquistare Roma

Orfini: "Bisogna far entrare gente nuova nei circoli. Come? Cari segretari, riprendete in mano il rapporto Barca"

A due anni dalla conquista delle segreteria nazionale del Pd, Matteo Renzi scopre l'insostenibile leggerezza del partito come piaceva a lui fino a qualche tempo fa.

E si ricrede sulla necessità “di un partito più strutturato” sia per far fronte all'appuntamento con le amministrative che in vista del referendum costituzionale. Per questo ha annunciato che da gennaio cambierà tutto. L'obbiettivo è infatti quello di invertire una tendenza che vede i circoli svuotarsi e chiudere, gli iscritti diminuire, i potenziali elettori in fuga verso il Movimento 5 Stelle o altrove.

Per le strade, anche a prendersi i fischi
Gennaio per cominciare a rimettere mano al partito, il prossimo fine settimana per tornare in piazza a farsi vedere dai cittadini con i 1000 banchetti che saranno allestiti in tutte le città. Non senza qualche preoccupazione da parte di chi dovrà metterci la faccia.

A Roma, per esempio, alcuni degli ex consiglieri dem, che hanno firmato le proprie dimissioni provocando la caduta di Ignazio Marino, temono fischi e contestazioni.

Il commissario Matteo Orfini però li rimette in riga: “andate e prendetevi pure i fischi, qualcuno sarà contento di vedervi e si farà la tessera, come ogni volta”. Più facile a dirsi che a farsi. All'indomani dello show down in Campidoglio alcuni di loro hanno ricevuto insulti e minacce via web. Oggi sono tutti preoccupati per il loro futuro.

Uscire allo scoperto, per giocare bene sul sindaco
La prova della piazza non è però più rimandabile.

Per potersela giocare a giugno, quando si voterà per scegliere il nuovo sindaco, i presidenti dei municipi, rinnovare il consiglio comunale e quelli municipali, bisogna uscire allo scoperto. Farsi vedere. Esserci fisicamente.

Gli incontri nei circoli, che si susseguono ormai da alcune settimane, sono utili come terapia di gruppo dopo lo choc causato dal brusco finale dell'esperienza amministrativa. Non per attrarre nuovi iscritti e potenziali elettori. Soprattutto in quella periferia romana tanto estesa e tanto lontana dal centro. Non solo fisicamente. Soprattutto idealmente. E quindi necessariamente da ricucire ad esso.

Da circa un mese il commissario romano fa il giro delle sezioni, almeno una alla settimana, per spiegare proprio questo concetto. Ieri per esempio era alla Balduina, quartiere semi centrale della Capitale, a ribadire che per competere alle prossime elezioni, starsene chiusi nelle sezioni a fare incontri di autocoscienza non basta. “Abbiamo bisogno di un partito che sappia includere ed aprirsi a chi in questo partito non c'è ma potrebbe entrarci”.

Elettori diversi dagli iscritti
Orfini, e come lui altri dirigenti dem, ha capito di dover fare i conti con l'esistenza di uno iato tra iscritti ed elettori emerso già ai tempi delle primarie per la segreteria nazionale quando mentre la maggior parte dei tesserati scelsero Pier Luigi Bersani, tutti gli altri, quelli che non sono iscritti ma votano Pd, gli preferirono Renzi. “Abbiamo una comunità di iscritti – ammette il presidente dem - diversa dalla comunità dei nostri votanti”. Per ricongiungere queste due comunità bisogna dunque “rassegnarsi” anche a cambiare se stessi.

I dati del raporto Barca
Il commissario dem è molto arrabbiato con i segretari dei circoli romani

Da sei mesi hanno in mano il famoso rapporto Barca sui circoli ma finora nessuno di loro si è preso la briga di aprire i file allegati con gli open data.

Concentrati solo su se stessi, hanno ignorato tutti gli altri.

Una mappa per rappresentare i quartieri
Un errore che il Pd non può più permettersi di fare. In quei file, divise quartiere per quartiere, ci sono tutte le informazioni utili a sapere quanti residenti ci sono, quanti stranieri, se islamici o provenienti dall'Est Europa, quanti sono coniugati, quanti divorziati, che età hanno, come sono composti i nuclei familiari, il livello d'istruzione, di occupazione, che lavoro fanno, se si occupano di trasporti, d'informatica o di alberghi.

Una mappa dettagliata per potersi orientare anche sulle scelte che hanno a che fare con la compilazione delle liste. Se in un quartiere c'è un'alta percentuale di 30enni disoccupati e il Pd non fa in modo di dare loro rappresentanza nelle proprie liste – è il ragionamento di Orfini - perché i 30enni disoccupati di quel quartiere dovrebbero votare per il Pd?

È chiaro che dovrà trattarsi, anche in questi casi, di persone in grado di vantare esperienze qualificate in specifici settori, ma soprattutto che importino energie fresche dentro un partito in cui i capi corrente sono già sul piede di guerra per riproporre il solito schema spartitorio basato sui pacchetti di tessere.

Ambiguità delle primarie
In questo contesto, anche le primarie per la scelta dei futuri candidati sindaci – primarie cui nessuno, almeno ufficialmente, sembra voler rinunciare – rischiano di trasformarsi in uno strumento più utile alla lotta tra bande che all'individuazione del miglior candidato possibile, non solo a vincere ma soprattutto a governare.

Come, per esempio, non è accaduto nel caso di Ignazio Marino.

Scelga il Pd
Per questo, nell'ambiente dem della Capitale, si sente sempre più spesso rievocare l'esperienza delle primarie del 2006 che ebbero la funzione non di scegliere ma solo di incoronare, con il 74% dei consensi, Romano Prodi a capo della coalizione di centrosinistra.
Che significa? Significa che le primarie si faranno comunque, ma che la responsabilità della scelta del candidato ufficiale del Pd dovrà assumerla il Pd stesso.

Chi invece vuole tentare, o ritentare la corsa, per un posto in Aula Giulio Cesare, dovrà mettersi al lavoro per cercarsi i voti. Dopo Mafia Capitale anche le campagne elettorali non saranno più quelle di un tempo. I soldi non basteranno più. E anzi, evitare di spenderne troppi, sarebbe altamente raccomandabile.

I più letti

avatar-icon

Claudia Daconto