La base del Pd è con Bersani, ma no a Casini
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La base del Pd è con Bersani, ma no a Casini

Idee chiare tra i militanti democratici alla Festa dell'Unità di un quartiere di Roma

Casini con il Pd? "Non ci mancano, grazie. Meglio non procurarcene altri". E tra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani chi vince la sfida? "Ma quale sfida, il nostro leader è il segretario!"

Sotto un cielo carico di pioggia Panorama.it è andato a sondare gli umori nella casa, anzi nella cucina, di un Pd in subbuglio tra ipotesi di alleanze improbabili e lo scontro tra vecchi e giovani del partito in vista della primarie. Parola ai militanti veri, dunque, quelli che girano tra i tavoli a vendere i biglietti della riffa – primo premio un week end a Ischia per sette persone (ma perché proprio sette?), ultimo due settimane di abbonamento in palestra - e che passano le loro ferie a friggere patatine dietro gli stand delle feste dell'Unità. Non solo quelle nazionali, dove almeno può capitare di riuscire a stringere la mano al leader, ma anche quelle di quartiere, dove al massimo puoi incontrare il segretario del circolo di zona. Le festicciole settembrine minacciate, come in questi giorni, di finire allagate dai temporali e disertate dal pubblico.

Mica come a Reggio Emilia dove ad ascoltare Massimo D'Alema dire che il Pd governerà con Nichi Vendola e Pierferdinando Casini c'erano centinaia di persone.

“Sì, ho sentito – commenta Anita, grembiule in vita – ma con Casini assolutamente no. Non lo sento né parte della mia storia né di quella di questo partito. Vendola è un'altra cosa, Vendola è stato uno di noi”.  Qualche rammarico per la foto di Vasto ormai strappata? “Di Pietro è una mina vagante, troppo problematico. E poi questa crociata contro il presidente della Repubblica ci sembra davvero eccessiva”.

“Te lo dico io – interviene Catia, la cuoca – con Casini si torna indietro ai tempi dell'Ulivo e ci ricordiamo tutti come è andata a finire”.

Le fa eco Vincenzo: “Pd e Sel possono allearsi, se poi si aggiunge anche l'Udc va bene, basta che non succeda quanto è accaduto al tempo dell'Ulivo di Prodi”, che però è stato abbattuto dal compagno Bertinotti e non da un democristiano, “proprio per questo dovrebbe esserci un patto programmatico serio sottoscritto da tutti”.

Riccardo, 37 anni, mescitore di birra, strabuzza gli occhi: “Un patto programmatico su cosa? Si scannerebbero alla prima discussione sui diritti civili. Ce lo vedi Casini che vota sì a una legge sul fine vita? E poi diciamoci la verità – ecco, diciamocela – già dentro il Pd ci sono parecchie differenze di vedute. Per non parlare della distanza tra quelle di Rosy Bindi e di Nichi Vendola”.

Eppure per qualcuno un'alleanza ampia, da Vendola a Casini, in questo momento storico non solo è necessaria, ma anche doverosa. “A un patto però – spiega Emiliano – che tutti si ricordino che il primo partito il Italia è il Pd. Sono gli altri a doverci chiedere di allearsi con noi, non noi a ricercare il 5% di qualche partito utile ad andare al governo”.

La strana coppia Vendola-Casini non convince Antonella, e nemmeno Luciano, capelli bianchi, l'aria di chi la sa lunga. “Un'alleanza del genere non è proponibile sul piano elettorale perché i programmi sono incompatibili. Bisognerà vedere dopo le elezioni, nel caso non si riesca a formare una maggioranza allora si potrà fare un accordo di governo. Con Casini sarà difficile, con Vendola auspicabile”.

Tuoni, lampi, prime gocce: il tempo giusto per parlare di burrasche. Come quella tra Bersani e Matteo Renzi. Che si è lanciato ufficialmente nella sfida delle primarie del centrosinistra ottenendo una deroga allo Statuto del Pd che stabilisce che sia il segretario il candidato naturale alla premiership.

“Non ho nessun dubbio su chi vincerà tra i due: Bersani” si sbilancia Luciano. E come fa a esserne così certo? “Perché conosco e frequento la base di questo partito e sono certo che se anche riuscirà a grattare qualche voto tra i suoi supporter, tra i militanti veri Renzi non ne prenderà uno”. Addirittura? E perché? “Ma perché Renzi è un personaggio di spettacolo, figlio di un democristiano doc”. Qualcuno ha malignato che sotto il maglioncino di cashmire stile Marchionne e sotto la camicia biancha stile Blair, il suo cuore batta a destra. “Quando sento i nostri avversari fare apprezzamenti su Renzi mi tremano i polsi. Anche di Bertinotti dicevano: non siamo di sinistra, ma quanto ci piace! Infatti Bertinotti ha fatto cadere il governo Prodi”.

Anche Vincenzo è convinto che tra Renzi e Bersani non ci sia proprio partita: “non dimentichiamoci di come è diventato sindaco di Firenze!”.

Arrogante, presuntuoso, politicamente ignorante: sono questi i giudizi ricorrenti sul rottamatore per eccellenza che secondo Riccardo sta facendo anche un gioco sporco nei confronti del “povero” Bersani. “D'accordo criticarlo, ma Pierluigi è il nostro leader, la persona di cui ci fidiamo, mentre di Renzi ho il sospetto che stia facendo tutto questo esclusivamente per un proprio rendiconto personale”. A Emiliano, che ha 30 anni e serve al tavolo pasta e broccoli, chiediamo se si senta rappresentato più da un 40enne o da un 60enne, “in realtà penso che dovremmo tutti lavorare per la ditta” risponde tenendoci a sottolineare che lui sta qua, dietro lo stand, a spingere umilmente la carretta insieme al padre che ha 65 anni. “Piuttosto che rottamare dovremmo riuscire a costruire un rapporto tra generazioni perché da chi ha più esperienza noi giovani possiamo solo imparare”.

Eppure anche Matteo Orfini, che è un bersaniano se non un dalemiano doc, prese le dovute distanze dal sindaco di Firenze, sostiene che chi ha già ricoperto cariche di governo in precedenti legislature dovrebbe sedersi tra le seconde linee. “D'accordo, ma un ministro degli Esteri migliore di D'Alema quando mai l'abbiamo avuto? Per me potrebbe rifarlo tranquillamente”.

Storce un po' il naso Antonella, 36 anni, che vorrebbe dire ma non dice e un po' alla Veltroni auspica l'avanzata dei 40enni ma anche un Bersani leader. E allora che avanzata è se poi ai 40enni non danno le poltrone che contano per assegnarle ai vari D'Alema e Bindi? “Infatti diamogliele”, come dice Renzi? “No, come dice Orfini”.

Catia, che è anche nonna, è l'unica a confessare apertamente un certo debole per Matteo “per carità, il nostro capo è Bersani, però a me Renzi sta pure un po' simpatico”. “Ma se è andato ad Arcore?” esplode Anita, “errori di gioventù” giustifica Catia, “ma quali errori di gioventù – ribatte Anita – non è che Renzi sia proprio un ragazzino e certe ingenuità, se così vogliamo chiamarle, se le poteva risparmiare. No, non credo proprio che Renzi rischi di vincere le primarie contro Bersani, la persona a cui tutti noi riconosciamo il merito di aver saputo riprendere in mano le redini del partito, un leader disponibile, capace, generoso anche nel darsi”.

“Il problema di Renzi? - è l'analisi di un suo coetaneo – Avere idee già vecchie!” Ma come? Proprio lui? “Eh sì, le ricette di stampo liberista che propone sono superate anche nei paesi che le hanno sperimentate. E poi diciamoci la verità: mica è una gara”. Bè, le primarie un po' lo sono... “Sì, ma io vado a votare per le idee, non per l'età. Il tifo lo faccio allo stadio”.

Niente tifo allora, ma almeno qua, sotto la pioggia, tra quattro tavoli, una birra con salsiccia e la mostra fotografica sulle catacombe dei SS. Marcellino e Pietro, Bersani può stare tranquillo: la partita l'ha già vinta lui.

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Claudia Daconto