Ora è Ingroia sul banco degli imputati
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Ora è Ingroia sul banco degli imputati

Il pg della Cassazione gli contesta il ritardo nella trasmissione a Caltanissetta del fascicolo con le accuse al procuratore Messineo. E lui prima accusa la Finanza, poi tira in ballo la riservatezza.

C’è chi è pronto a giurare che ora gli pioveranno addosso uno dietro l’altro. Apparentemente intoccabile fino a pochi giorni fa, l’Antonio Ingroia politico lontano dalla soglia del 4 per cento è già tornato l’Antonio Ingroia magistrato e ora gli contestano formalmente la sua indisciplina. Il primo procedimento è già ufficialmente aperto al Csm: avere definito «politica» la sentenza della Corte costituzionale che aveva dato torto ai pm di Palermo e ragione a Giorgio Napolitano sulla storia delle telefonate con Nicola Mancino è il primo guaio in cui si è ficcato l’ex procuratore aggiunto di Palermo.

Ma non è il solo. È aperta infatti anche un’altra inchiesta, collegata al «caso Messineo»: perché, infatti, si sono chiesti alla procura generale della Cassazione, le carte che accusavano il procuratore di Palermo di una fuga di notizie a favore di un manager bancario, Francesco Maiolini, sono state trasmesse a Caltanissetta, procura competente per indagare, solo cinque mesi dopo la «notitia criminis»? Interrogato sul punto dai suoi colleghi nisseni, Ingroia l’11 dicembre ha prima glissato, poi ha detto che ci sono stati «tempi tecnici della polizia giudiziaria». Sono stati così convocati i due ufficiali della Guardia di finanza responsabili dell’indagine in cui fu ascoltata la telefonata che ha messo nei guai Messineo: l’intercettazione è dell’11 giugno, la consegna ai pm è di pochissimi giorni dopo, la trasmissione a Caltanissetta del 3 novembre, un paio di giorni prima che il futuro leader di Rivoluzione civile lasciasse l’Italia per concedersi la breve pausa guatemalteca.

Ricevute le carte dalla Sicilia, il pg della Cassazione ha chiesto ai componenti del pool coordinato da Ingroia relazioni dettagliate sugli sviluppi dell’indagine. Toccava al procuratore aggiunto la responsabilità della tempestiva trasmissione del fascicolo a Caltanissetta, visto che la Procura di Palermo non solo non è competente a indagare su se stessa (e men che meno sul proprio capo), ma non può nemmeno scegliere se e quando mettere in condizione di farlo i colleghi che hanno questa incombenza. Ingroia avrebbe spiegato al suo entourage che, non appena le carte sono state trasmesse a Caltanissetta, la notizia è venuta fuori e dunque dietro il ritardo c’erano anche evidenti necessità di riservatezza.

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Riccardo Arena