Nichi Vendola, quando i poeti vanno al potere
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Nichi Vendola, quando i poeti vanno al potere

Il linguaggio, la pugliesità, l'orecchino come marchio di fabbrica, l'omosessualità: ritratto di un eretico della politica che sogna di diventare premier

L’orecchino è la sua lucciola, il caschetto ricorda Bertolt Brecht. “Immaginifico, Lirico, visionario”. Solo per lui Silvio Berlusconi si è superato lasciando per un attimo da parte i sondaggi, la sgradevolezza della lotta politica, il quid: “Magari ce ne fossero di Nichi”.
No, quelli come Nichi Vendola crescono solo nella provincia, le televisioni spente, i libri lasciati sul comodino e una madre che delicatamente li rassetta come fossero preziosi. “Ho passato più tempo a leggere che a vivere”, disse Gesualdo Bufalino. Sottolineata la troverete in uno degli scaffali di Vendola.

Puglia, meridione e le spighe, chissà quante gliene sono rimaste tra i capelli, mentre si rotolava per i campi di grano saraceno e sognava la rivoluzione a colpi di carezze. Racconta che una volta un esagitato volesse picchiarlo: “Chiusi gli occhi, aspettandolo le botte”. Il braccio di quell’uomo si fermò, forse perché sentì una delle tante liriche di Nichi, una ballata forse una filastrocca: “C'era una piccola bocca che ripeteva una filastrocca di una gattina color albiccocca…”.
L’unica volta che si arrabbiò invece di combattere voleva sottrarsi alla lotta. Fu quando si parlava solo dello scontro alle primarie fra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi, facendo di lui semplicemente una comparsa.
Tutta la vita ha voluto combattere per sottrazione, disertare. E invece, poi no, Nichi Vendola sarà candidato perché alle primarie ognuno deve poter scegliere una certa idea di sinistra. Rimaneva solo quella degli ostinati, dei contrari, quelli che camminano nella foresta selvaggia che rischiava di non essere rappresentata.
C’era solo Vendola che avrebbe potuto rappresentarla. E allora Vendola si candida, perché vabbè Bersani, Renzi, ma “oppure”, oppure Vendola. Ecco, ha fatto di una congiunzione il suo slogan per queste primarie del centrosinistra.

Perché stupirsi. Era il 1975, Enrico Berlinguer promuoveva segretario (cooptazione pura) dei giovani comunisti un consigliere comunale pisano, tale D’Alema Massimo, che diventa pure direttore del settimanale dei figiciotti. Nella posta delle “Lettere al direttore” cosa arriva? Una poesia da Terlizzi. Mittente Nichi Vendola. Si racconta che la poesia non piacque e mai venne pubblicata.
Milita nel Pci, perché il suo posto non può che essere lì, ma non con l’ottusità del militante, semmai con la dissidenza dell’eretico, anzi del luterano. Una volta un deputato voleva strappargli l’orecchino a morsi “e sputarlo nel cesso”, racconta Francesco Merlo.
Vendola non battè ciglio, per la seconda volta come il poeta Pierpaolo Pasolini, poeta a cui dedicò la sua tesi di laurea: il corpo è solo un involucro, ma è la parola che conserva. E allora perché temere di essere dimenticati.

Non per carriera, ma se ha fatto politica è solo per un estremo stimolo di un organo pulsante. Sarebbe vendolese anche questo una sorta di esperanto che unirebbe le lingue di diversi popoli, l’utopia dello scrittore spagnolo Unamuno. Quando Achille Occhetto disse addio a Mosca, lui pianse. E furono lacrime vere, l’addio al Pci.
Allora sposa (politicamente) Fausto Bertinotti e Rifondazione Comunista, certo, diventa deputato, presidente della commissione antimafia, ma perché togliersi l’orecchino? Infatti non lo toglie. Se non avesse litigato con Massimo D’Alema, anzi se D’Alema non avesse capito che Vendola gli era pari, sarebbe il minore della sua famiglia per oratoria e per cultura.

Quando Bertinotti volle candidarlo a governatore della Puglia, il barbuto Massimo Cacciari sentenziò: "Mai ce la farà". Il Pd gli oppose Francesco Boccia, propaggine di D’Alema. Vendola lo sconfisse. Ma provi a sconfiggere Raffaele Fitto, candidato del Pdl, dicevano tutti.
Se gli allibratori inglesi avessero quotato la vittoria di Vendola, e voi aveste scommesso, l’Italia sarebbe solo un ricordo di anni tristi. "Uno con l’orecchino e per giunta omossessuale. Mai vincerà". I pugliesi non lo votano, si affidano, sconfiggendo lo stereotipo dell’omosessuale al governo (“anche nella Dc ce n’erano”). Mannaggia.
Il Pd incassa e mai vittoria fu fiele come quella pugliese. Viaggia per le fabbriche, anzi s’inventa egli stesso “La Fabbrica” che è come la Berliner Ensemble. E dolce piacere dello scherno il Pd gli contrappone per la seconda volta nuovamente Boccia alle primarie.

Vogliamo Vendola”, ancora con convinzione dicono i pugliesi. A Santa Marina di Camerota il non expedit di D’Alema si tramuta in elogio obbligato: "E’ l’unico in grado di rilanciare un’idea moderna di sinistra, gli altri sono disorientati". Dove gli altri, sempre per usare le parola dell’imperatore di Gallipoli, "sono gli squilibrati", con cui fu costretto a governare quando divenne premier, i vari Paolo Ferrero, Oliviero Dilberto etc…
Ma sono gli "squilibrati" a togliere democraticamente  – e qui vale la pena citare l’epigramma di Vendola: «Anche Gesù fu crocifisso a democrazia diretta» – Rifondazione Comunista a Vendola nel corso dell’ultimo congresso dopo il fallimento delle scorse elezioni.

Ennesima diaspora, Vendola va via dalla casa madre, ma ne costruisce un’altra, una fabbrica appunto, dove finiranno le teste più raffinate degli ex Ds e di Rifondazione, i vari, Giuliano Pisapia, Claudio Fava, Pietro Folena, Fabio Mussi.
Rifondazione, ma tutti i partiti sono purtroppo «una casa di spettri», ebbe a dire, ma non perché non crede ai partiti, sono i partiti che non credono negli uomini alla Vendola.
Va a Manatthan e seduce pure la figlia di Walter Veltroni con la sua prosa, ma chi avrebbe mai potuto pensare che Vendola avrebbe fatto breccia a casa Casini tanto da guadagnarsi le simpatie di Azzurra Caltagirone, moglie del segretario dell’Udc? Cammina, parla, così racconta il suo compagno, un designer, Eddy Testa, che con l’eleganza di Colin Firth in “A single man”, si vedrebbe bene come “First gentleman”,  perché no, magari sposarsi e adottare un “bambino in Kosovo”.

Ma con Casini non può ("abbiamo idee diverse su tutto") e ogni volta che lo dice citerebbe le discrasie, “quest’onda melmosa di passioni tristi, di livore che sostituisce l’analisi”. E neppure con Beppe Grillo potrebbe allearsi tanto da paragonarlo a un Savonarola.
Quale altro leader può vantare addirittura un film con tanto di titolo? Andrea Costantino ci ha fatto un cortometraggio “Sposerò Nichi”, ma è con Checco Zalone che la pugliesità è finita per essere eleganza, satira tanto da meritarsi la rubrica di Claudio Cerasa su Il Foglio, una raccolta di apoftegma di Vendola, frasi che si arrampicano sulle vette della semiotica.
Ma adesso ci sono le lacrime, perché solo nelle lacrime l’uomo svela tutta la sua caducità e hanno sempre pianto i letterati quando hanno capito che adesso la lingua è un fantasma che non ti salva,  che sei arrivato in una stanza d’albergo con il tuo mestiere di vivere: “Ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti”, direbbe Cesare Pavese.
Vendola viene indagato per abuso d’ufficio, la sua giunta finisce nello strame della sanità come affaire, sanitopoli. L’accusa: avrebbe favorito un primario e fattogli vincere il concorso. “Se dovessi essere condannato, mi dimetto”, anticipa a pochi giorni dalla sentenza Vendola.

Quando arriva l’assoluzione Nichi piange, piange e “scusate”, dice con l’obiettivo delle camere puntato a scrutargli l’anima. Dunque le primarie quando sudato denuncia la sua cattolicità e Carlo Maria Martini come riferimento e poi Altiero Spinelli

Della lingua elicoidale come scrisse su di lui Marcello Veneziani, improvvisamente non rimane più nulla nel suo programma che vorrebbe abolire la Bossi-Fini, la legge Fornero, concedere per la prima volta la possibilità di adozione anche agli omosessuali e chissà quanto dovette fargli male, lui governatore, quel «Basta attacchi ala famiglia», pronunciato nella sua Puglia niente meno che dal Papa.
Vendola che passa le serate con Eddy, che su Facebook posta la foto con sua madre e il pranzo della domenica, non è pure questa famiglia?
E piange Vendola, con quella vena malinconica di Pietro Gori, cattolico lacerato che lacera i dogmi, piange vincendo come nel canto di una scavatrice: echeggia ancora di mille vite/ disamore, mistero/ e miserie dei sensi mi rendono nemiche/ le forme del mondo/ che fino a ieri/erano la mia ragione d’esistere.

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Carmelo Caruso