Quanto piace Renzi (al Pd)?
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Quanto piace Renzi (al Pd)?

Un sondaggio rileva che il gradimento verso il rottamatore sale, anche tra gli iscritti, ma sono ancora molti i critici

L'establishment Pd è impegnato su più fronti, uno dei quali, si sa è Matteo Renzi. Messi a tacere dal jolly pescato con Enrico Letta (anche lui giovane, preparato, cattolico, ma molto, molto più istituzionalizzato), per i renziani si è aperto un momento non senza rischi, in cui la strategia adottata è stata quella della guerriglia. Tentativi-non tentativi di sgambetto e di mettersi in mostra con opinioni proprie e ben distinte dal mainstream del partito. Lo si è visto chiaro in occasione del pasticcio kazako e lo si sta vedendo ora nei commenti del post-sentenza. Una fase interlocutoria, in cui può succedere ancora tutto, ma dove "gli altri" hanno recuperato le posizioni.

Che Matteo Renzi potesse essere una grande risorsa per il PD, nel corso dell’ultimo anno, se ne erano accorti tutti, tranne la maggior parte del suo partito. Berlusconi stesso, con Renzi in campo prima delle elezioni di febbraio, non si sarebbe presentato. Lo ha fatto (e lo ha dichiarato), solo perché la presenza di un leader della vecchia generazione come Bersani, lo imponeva e lo legittimava.

Se Renzi fosse stato il candidato Democratico, probabilmente oggi avremmo una solida maggioranza parlamentare di centrosinistra che sostiene un innovativo governo a guida PD, Grillo a meno del 10%, Berlusconiretirede un centrodestra costretto a ripensarsi con una visione di lungo periodo. Esattamente il sogno dell’elettore PD!

Invece no. Come anche già pubblicai, la maggioranza degli elettori PD voleva Bersani. Perché, in fondo, Renzi era “troppo di destra”, veniva dall’area cattolica e non da quella comunista ed era pure andato a cena dal Cavaliere. I risultati della scelta li conosciamo.

Oggi le cose sono cambiate. Renzi non è più troppo di destra. Anzi, per quasi tre quarti del partito le sue proposte non sono in contrasto con “l’idea di sinistra”. E deve rimanere nel partito. Almeno così pensano in tantissimi, il 77%.

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Ma… forse anche questa volta c’è un “ma”. E’ solo un caso, ma mi ha messo la pulce nell’orecchio.

Durante l’esecuzione delle interviste, che avvengono in forma anonima tramite un call-center specializzato, quale ricercatore responsabile dell’andamento dell’indagine, mi sono messo all’ascolto di un certo numero di interviste. Per controllare a campione che, per esempio, le domande fossero tutte comprensibili o che l’intervistatore non si inventasse le risposte.

Nel corso di uno di questi ascolti ho sentito un orgoglioso militante del Partito Democratico che diceva: “Deve rimanere dentro, ma non deve comandare, deve restare in minoranza”. Ecco.

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Arnaldo Ferrari Nasi

"Arnaldo Ferrari Nasi; Sociologo, specializzato nel campo della Pubblica Opinione.
Membro della Società Italiana di Scienza Politica e della Società Italiana di Sociologia, è docente a contratto presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Genova. Collabora inoltre con il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Bari e con la Scuola Superiore di S. Anna di Pisa. Fornisce consulenza ad alcune tra le più autorevoli istituzioni ed enti dello Stato, importanti nomi del mondo politico e di quello delle aziende private. E' Maggiore della Riserva dell'Esercito Italiano."

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