Esecutivo Letta: un linguaggio tra Twitter e la Dc
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Esecutivo Letta: un linguaggio tra Twitter e la Dc

La comunicazione del nuovo governo vista dal direttore di Apco Italia, Paolo Compostella

«La sfida? Concretezza. Passare dalla cornice alla tecnica. Finora il governo di Enrico Letta gode  all’estero di un effetto curiosità, di ottimi alleati vista la composizione dello stesso governo e della conoscenza delle lingue da parte dello stesso Letta. Per carità è un effetto simbolico, ma è molto importante interloquire in maniera diretta con gli alleati. E’ come dire ai berlinesi : Io sono berlinese”». Lo scruta in tutte le sue sfaccettature con l’occhio attento e vigile di chi ha fatto della comunicazione il proprio campo di ricerca, la finestra con cui Paolo Compostella – ad dell’agenzia Apco Worldwide in Italia e che ha analizzato la grande coalizione in un post  – legge le trame della comunicazione internazionale ed istituzionale.

Dalle metafore bibliche alla musica senza dimenticare la distinzione lessicale del maestro Beniamino Andreatta, “politiche vs Politica”. Insomma, è democristiano senza essere democristiano?

«Innanzitutto per definire la comunicazione del nuovo governo bisogna fare attenzione ai primi 100 giorni. E’ questo l’arco temporale in cui si definisce e si struttura la comunicazione di un governo. Di solito è la cosiddetta “luna di miele”, un’opportunità. Detto questo è innegabile che Letta goda del beneficio di essere giovane e dinamico. Usa in maniera perfetta, dove per perfetta s’intende genuina, i social media. E’ seguito su Twitter da 100 mila follower, non sono pochi se si pensa che la Merkel in Germania ne ha il doppio ma dopo sette anni di governo».

Genuina? Meglio dire?

«E’ chiaro. Non usa Twitter per fare sola comunicazione istituzionale. Nei sui tweet traspare l’uomo, la sua fede calcistica, non è un uso forzato del mezzo, solo per il lessico è innovativo».

Concentriamoci sul lessico di Letta. Le caratteristiche?

«Allora. Partiamo dal suo discorso alle Camere. “Sobrietà”, “equilibrio”, “sobria soddisfazione”, c’è sempre un riferimento alla difficoltà del compito»

Non è linguaggio oscuro della Dc?

«No, in realtà si può dire che Letta cerchi di portare nella Terza Repubblica la politica della mediazione. Certo, deve essere più concreto e fare ricredere ciò che ha scritto perfino il “Financial Times”, che ha definito il programma di Letta, “un libro dei sogni”»

Il Letta visto oltre confine?

«E’ giovane, conosce le lingue, ha capacità di mediazione non comune»

Pure Monti la possedeva…

«Ma Monti era forma. Non è mai riuscito a spiegare la sua azione di governo, basti vedere come utilizzava i social media. Non era genuino, risultava affettato e non bisogna dimenticare che la comunicazione è il primo passaporto che supera i confini nazionali. Ogni uomo di governo ha le sue peculiarità. Berlusconi sfrutta al massimo la televisione e i toni da campagna elettorale, ma all’estero era fallimentare, Grillo ha creato un’ondata di protesta che tuttavia non si struttura nel lungo periodo. Rischia di rimanere nella morsa dello scontento e della protesta».

Del governo Letta chi riesce ad avere la comunicazione più efficace?

«C’è il vicepremier Alfano, il ministro Josefa Idem, il ministro Kyenge, e un ottimo comunicatore è il viceministro agli esteri Lapo Pistelli»

Ma è il governo della parola “inciucio”. E’ traducibile mediaticamente un neologismo come questo agli stranieri?

«La parola inciucio che in Italia ha preso un’accezione negativa, in realtà non la possiede all’estero. Anzi. Significa collaborazione nei momenti di difficoltà di un paese. Viene salutata come una necessità non negativa, tutt’altro».

Anche Letta non si è sottratto al fascino indiscreto della Tv, presentandosi da Fazio.

«Attenzione, è andato da Fazio e non da Bruno Vespa. Anche questa è una scelta»

Adesso riunisce i ministri nell’abbazia. Scelta dal sapore antico, non trova?

«Il problema non è la riunione in abbazia che come anticipato serve a fare “spogliatoio”, quanto il pagamento del pernottamento senza spiegare se questa scelta abbia lo scopo di comunicare parsimonia o un nuovo metodo e se sì perché? Ecco, maggiore chiarezza servirebbe».

Com’è visto Letta tra i paesi emergenti?

«E’ molto apprezzato nei paesi asiatici, dove c’è stato un mutamento radicale tra i leader. Lì dove si faceva affidamento ai padri dal carisma indiscutibile, oggi ci si affida a giovani (40, 50 anni) intraprendenti e veloci nelle scelte. Letta ha queste caratteristiche. Ma ripeto passati i cento giorni si capirà se il governo Letta sia una felice promessa o soltanto una cornice»

(Twitter : @carusocarmelo)

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Carmelo Caruso