Il boicottaggio dell'Imu, ultimo atto di una Lega 'morta'?
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Il boicottaggio dell'Imu, ultimo atto di una Lega 'morta'?

Partiti in affanno, colpi di coda (e di testa) di una classe politica da reinventare. Parla il sociologo Luca Ricolfi

Più che un frondista, la famiglia dei dissidenti all’interno di un maggioranza, Luca Ricolfi, sociologo ed editorialista torinese, è un insoddisfatto e sua è la patente irriverente e critica all’italianità, alla mediocrità dei partiti. «E allora ditemi, ma premetto che non ho un pc e in questo momento neppure un giornale…». Professore Ricolfi avrà sentito del boicottaggio della Lega Nord che ha radunato la base e invitato a non pagare l’Imu?

«Conosce la pesca? Ecco, la Lega che boicotta l’Imu e invita gli  amministratori locali a violare il patto di stabilità, assomiglia a quei  pesci che sul fondo della barca si dibattono a colpi di reni. La Lega mi sembra un pesce in agonia», Ricolfi la Lega la conosce bene e i leghisti hanno imparato a rispettarlo per via dei suoi libri sul federalismo. Con il suo pensiero sempre stentoreo e polemico come un pazzo malinconico liberale, riflette sulle nuove forme di dissenso adoperate dai partiti e per ogni partito ha una disamina accurata a dispetto delle premesse.

Cinquemila partecipanti invitati dal segretario in pectore della Lega Nord, Roberto Maroni, al grido: “Boicottiamo l’Imu”. Quasi un flop, era la vigilia del pagamento e pensare che la tassa è detestata dagli italiani…«Io sono per l’osservanza delle leggi a prescindere, come si fa a invitare al boicottaggio? E poi da un ex ministro come Maroni, ci si aspetterebbe un maggiore senso dello Stato. Troppo comodo invitare a non pagare. Ciò non toglie che la pressione fiscale sia eccessiva. Ma il problema non è la pressione sulle famiglie, bensì quella sulle attività produttive. Questa è un’imposta che provoca problemi di sviluppo. La battaglia, al posto della Lega, io la farei su altre tasse come l’Irap e l’Ires, ma stavamo dicendo…».

Riprende il filo del ragionamento, fa ordine e ricomincia dai partiti. Portare i militanti in piazza e invitare a boicottare, di fatto a violare una legge dello Stato. Torna la Lega di lotta o è un po’ simile alla folle idea di Berlusconi di battere moneta? «Sono cose diverse», risponde prima di distinguere. Pochi i partecipanti, doveva essere una sorta di Pontida finisce per essere un segno della crisi dei partiti, non crede? «La manifestazione della Lega è la reazione della casta che non riesce a tagliare i propri sprechi, a razionalizzare le spese. Prendiamo il patto di stabilità. E’ vero che abbia aspetti stupidi, ci sono meccanismi illogici e sulla revisione di alcuni parametri si può essere d’accordo. Eppure se si pensa ai sindaci. In questi anni sono stati bravissimi a sottoscrivere derivati con gli istituiti di credito, ma non altrettanto a dismettere gli immobili e fare cassa».

Dai partiti ci si aspetterebbe altre forme di dissenso. Ricolfi esamina i numeri e chiede: «Può ripetere quanti partecipanti c’erano?». Circa cinquemila. «No, non c’è una rivalutazione del boicottaggio, assomiglia più al fanatismo e come ho detto all’inizio, mi vengono in mente gli sgombri che si dimenano per non morire con tanta forza da smuovere il fondo della barca. E’ un’iniziativa scomposta. La verità è che la Lega è morta». Un giudizio severo, forse? «Analizziamo i sondaggi di Mannheimer. Il potenziale della Lega, intendo l’elettorato potenziale, è dell’otto per cento, una percentuale bassissima. Si stanno suicidando da soli. E poi Flavio Tosi, il sindaco di Verona, che è considerato il rinnovatore della Lega accanto a Umberto Bossi. Mi sembra roba da psicanalista».

Dalla Lega che tenta di galvanizzarsi con queste manifestazioni, passando per il Pd che cerca la sponda della società civile per eleggere i rappresentanti in Rai, al Pdl che pensa a più liste civiche. E’ soltanto confusione, ma anche il segno di una distanza tra politica ed elettori, al punto da sentire il bisogno di chiamarli in prima linea… «La confusione esiste e si evince proprio da questi segnali. Ma nel caso del Pd è una forma di restyling. Una vecchia pratica nata nel 1973 quando cercava nuove etichette, dall’eurocomunismo al compromesso storico o gli indipendenti di sinistra. Cosa sarebbe la lista Scalfari, se non la riproposizione degli indipendenti di sinistra dei nostri giorni? Un modo per dire a chi non si fida del partito: Votateci con facilità. Diverso il caso del Pdl».

Non sarà anche il Pdl un partito che si avvia sulla scia della Lega? Ricolfi sorride, ma separa e racconta le sue impressioni. «Sa, ho avuto modo di vedere alcuni uomini vicini a Berlusconi, mi capita spesso quando viaggio». Anche loro sono cambiati insieme ai partiti? «Berlusconi ha un grande carisma, me ne sono accorto quando parlo con i suoi onorevoli cooptati. Loro ne parlano come innamorati. Sono stati dei “miracolati”, scelti dal capo. E questo ha impedito qualsiasi reazione, anche quando il nocchiero li conduceva sugli scogli. Ma a differenza della Lega, il Pdl non è scomparso sta a metà tra la scomparsa e la sopravvivenza. Le loro liste civiche servono per assicurarsi un futuro, è un restyling trasformistico». Non aveva giornali tra le mani, il professore Ricolfi…

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Carmelo Caruso