Ignazio Marino: perché non resterà sindaco di Roma a lungo
ANSA/ MASSIMO PERCOSSI
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Ignazio Marino: perché non resterà sindaco di Roma a lungo

Il primo cittadino sceglie un nuovo registro comunicativo e rivendica: "Io non solo onesto, anche capace". Ma lo cacceranno ugualmente

D'accordo, la Festa dell'Unità è una festa di partito. Ad ascoltare e applaudire i politici che salgono sul palco c'è il popolo di quel partito. In questo caso quello molto variegato del Pd. Quindi, che Ignazio Marino ricevesse l'abbraccio e il sostegno dei suoi fans che l'hanno accolto al grido “Ignazio non mollare”, era – per chi ha potuto intercettare in questi due anni e soprattutto nelle ultime settimane i loro umori – assolutamente scontato. Ma che i primi a farglisi incontro, a volergli stringere la mano, fossero invece gli standisti della festa, non i volontari, quelli che stanno là per motivi commerciali e che magari non votano nemmeno Pd, è un particolare che merita di essere citato. Un anno fa, nello stesso contesto, il sindaco di Roma non se l'era filato praticamente nessuno. “Domenica – racconta uno degli organizzatori delle ultime edizioni della kermesse romana – c'era lo stesso pienone e il clima caloroso che accolse Marino nel 2013 pochi giorni dopo la sua elezione”.

Festa dell'Unità, Ignazio Marino: "Non faccio un passo indietro"

Marino nelle carte dei pm di Mafia Capitale


Che significa? Intanto che c'è un pezzo di città che sta dando fiducia al sindaco mentre questo viene sfiduciato dalla politica. Che “le cose che voi umani non potreste immaginarvi” citate da Marino all'inizio del suo monologo di domencia sera, le hanno viste anche molti romani e romane e non se le sono dimenticate. Che se quello di Matteo Renzi nello studio di “Porta a Porta” doveva essere considerato un sondaggio sul livello di gradimento del primo cittadino, allora lo è stato anche quello al Parco delle Valli dove certamente c'era più gente che da Bruno Vespa. E che, qualunque finale avrà questo thriller un po' legale, un po' politico un po' psicologico, il Marziano non potrà essere certamente ricordato come “il peggior sindaco che la Capitale abbia avuto”.

Il contrattacco del sindaco

Il Marino che si è presentato sul palco della Festa dell'Unità, è un uomo – non solo un politico, non solo un sindaco - che ha deciso di vendere cara la pelle. Di combattere, di difendersi e contrattaccare. Di menare fendenti – detto fuor di metafora – a destra ("tornate nelle fogne") e sinistra ("non mi hanno eletto i capibastone"). Un Marino che alla vulgata comune che lo ritiene  politicamente responsabile dello sfacelo e incapace di porgli rimedio, replica dimostrando con i fatti di non essere solo "onesto” ma anche competente e in grado di governare. Dalla chiusura di Malagrotta al risanamento avviato in Ama e in Atac, dall'approvazione anticipata del bilancio di previsione del 2015 alla prossima rimozione dei camion bar dall'area del Colosseo all'apertura a luglio di numerosi cantieri per rimettere a posto buche, strade, tombini.

Il tronista e la telefonata di Alemanno

Un Marino che ha capito che quando il gioco si fa duro, anche la “narrazione” della propria strategia deve diventare più spregiudicata. Che ci sono cose che il cittadino medio capisce più istintivamente di un lungo e complicato discorso sui debiti fuori bilancio. E che quelle bisogna tirare fuori. Come il milione 200mila euro che i romani hanno dovuto versare all'ex tronista di “Uomini e Donne” Antonio Capuano, in arte Karim, per un incidente avuto nel 2011 con un bus della Cotral mentre guidava ubriaco. 1 milione 200mila euro versati attraverso Assicurazioni di Roma, guarda caso una delle partecipate del Comune di Roma che il sindaco ha voluto dismettere. O, a testimonianza della sua battaglia contro il consociativismo imperante a Roma fino al momento del suo arrivo in Campidoglio, la telefonata di Alemanno in cui, appena eletto sindaco, il suo predecessore (che ha minacciato querela) gli chiedeva di piazzare due suoi protetti in un cda convinto che il Pd fosse già passato da lui a raccomandarglieli.

Ma Renzi lo ha già liquidato...

Basterà tutto ciò a “salvarlo”? Probabilmente no. A Palazzo Chigi hanno già deciso che a Roma si dovrà votare nel 2016. Le recenti dichiarazioni all'unisono del premier, di Maria Elena Boschi, di Debora Serracchiani, dei renziani di Roma, non lasciano spazio a molte interpretazioni. Tutti hanno detto che l'onestà del sindaco non è in discussione, ma che l'onestà non basta. Che bisogna anche saper governare. Se avessero avuto intenzione di sostenere ancora il chirurgo dem, avrebbe aggiunto qualcosa del tipo: “e Marino sa governare, quindi vada avanti”. Invece no, hanno detto: “se è in grado vada avanti”. Ma loro già escludono che lo sia, altrimenti oggi non arriverebbe la firma sul decreto che affida il coordinamento del Giubileo al prefetto della Capitale Franco Gabrielli che, tra l'altro, nel giro di qualche giorno trasmetterà al ministero dell'Interno il suo parere sull'eventuale scioglimento per mafia del Comune di Roma o il più probabile commissariamento per gravi violazioni di legge in merito a bandi, affidamenti, nomine, delibere, atti eseguiti dell'amministrazioni tra il 2008 e il 2015.

...e gli altri lo stanno mollando

Ignazio Marino non avrà tempo di dimostrare che la cura ha funzionato (metafora ormai un po' consumata ma alla quale lui è particolarmente affezionato), che il paziente ha potuto riabbracciare i suoi cari. I suoi “aiuti” stanno abbandonando il tavolo operatorio. I due assessori di area renziana Guido Improta e Silvia Scozzese sono dati in uscita. Il primo ha già annunciato le sue dimissioni. Lo stesso commissario Matteo Orfini, l'unico nel Pd a essergli rimasto vicino fino a ora, difficilmente si immolerà per il sindaco al punto di rompere con il premier. Idem la sua maggioranza in consiglio comunale, già da tempo è attraversata da malesseri e divisioni, che in caso di nuovi avvisi di garanzia o di un ordine di staccare la spina da parte di Palazzo Chigi, non avrebbe né la possibilità né l'interesse di rifiutarsi.

Chi resta accanto al sindaco

Chi resta allora accanto al sindaco? Chi non ha interessi politici o ne ha di meno. Chi ha deciso di pagare alla legalità il prezzo di un po' di monnezza e di buche per le strade in cambio di una maggiore regolarità e trasparenza negli appalti. La gente che lo ha applaudito con convinzione quando ha detto, ed è stata questa la freccia più acuminata lanciata all'indirizzo del premier – che è singolare che in un Paese dove le tangenti sono considerate il problema numero uno, l'onestà venga declassata al quarto, quinto posto. Quelli che vogliono davvero credere che questo sindaco arriverà al 2023 come ha ribadito ieri. E che ci rimarrà perché a eleggerlo non sono stati i capibastone, ma i romani. Motivo per cui non intende fare un passo indietro “nemmeno di un millimetro”. Infatti: non sarà lui a decidere se e quando doversi fareda parte. Ci penseranno gli altri a rimuoverlo di peso.

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Claudia Daconto