Grillo, attento alla democrazia 2.0: sarà un boomerang
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Grillo, attento alla democrazia 2.0: sarà un boomerang

Camisani Calzolari, docente di linguaggi digitali, spiega perché (e come) l'esperimento di democrazia diretta che lancerà il portale del M5S è a rischio infiltrazioni e brogli

Ieri, nell’Atene del V secolo, la democrazia diretta era una pratica tutto sommato semplice: ci si trovava nello stesso luogo e si prendevano le decisioni utili per il bene della città. Oltre alla possibilità della compresenza fisica, era il numero esiguo degli aventi diritti al voto a renderla un esperimento che non portava alla deriva del caos.

Oggi, nell’Italia del XXI secolo, Beppe Grillo vorrebbe riproporla per selezionare i suoi candidati per le prossime elezioni e stendere il programma da presentare agli italiani. E se l’esperimento dovesse funzionare, potrebbe andare anche oltre: potrebbe utilizzarla per scegliere quali leggi proporre, quali emendamenti presentare, quali iniziative appoggiare. Ovvio che le modalità sarebbero ben diverse rispetto al passato. Si tratterebbe di una democrazia diretta versione, chiamiamola così, 2.0: anziché convocare enormi e confuse assemblee pubbliche in luoghi fisici, tutto si svolgerebbe sulla rete. Dove, grazie a un software, ogni tema può essere dibattuto, trasformato in una bozza, emendato e votato dagli utenti.

Pare che il leader del Movimento 5 Stelle abbia già trovato lo strumento adatto per mettere in pratica il suo proposito: si chiama Liquid Feedback   ed è un programma di «democrazia interattiva» sviluppato in Germania dal Partito dei Pirati, che da sempre si batte per forme di partecipazione più aperte dei cittadini alla vita politica. «Il linguaggio scritto ha consentito alle persone di comunicare tra loro nel corso del tempo, la stampa ha permesso di raggiungere masse di gente. Internet ha trasformato i ricettori passivi d’informazione in una comunità attiva» ha detto in una recente intervista Rick Falkvinge, l’ex imprenditore informatico che è anche il fondatore del movimento dei pirati. Una filosofia che Beppe Grillo sarebbe pronto a sposare in pieno, al punto che i circoli di M5S di Bergamo hanno già tradotto il software in italiano.

Per la parte della discussione dei diversi argomenti proposti, Liquid Feedback, che ha un funzionamento intuitivo e una grafica parecchio basica, è simile in tutto e per tutto ai milioni di forum presenti in rete. Si possono lasciare commenti, aprire nuove discussioni e così via. Più raffinata è la parte della votazione, che include un sistema delle preferenze: l’utente non si limita a dire se è d’accordo o meno con una decisione ma, sulla base di una lista proposta dai moderatori, nello specifico sarebbero lo stesso Grillo o comunque qualcuno del suo staff, può mettere i vari punti in ordine di priorità, dal più importante al meno importante, così da avere una gerarchia finale ben ponderata. E tutti possono dare il contributo, dando vita, per l’appunto, a un modello che si avvicina a un’espressione pura di democrazia diretta.

Il punto centrale è capire se tale meccanismo può funzionare davvero o se si espone a facili strumentalizzazioni e si colora, dunque, anche di populismo da parte di chi lo sbandiera a gran voce. «I rischi di fallire in partenza sono evidenti. Un’idea del genere può muovere dalle intenzioni più nobili, ma si espone a pericolose derive» spiega a Panorama.it Marco Camisani Calzolari, docente di comunicazione aziendale e linguaggi digitali, noto per aver smascherato i finti profili su Twitter dei più importanti personaggi pubblici, italiani e non. «Sulla rete» aggiunge «si muove un mondo che ha imparato a fare ingegneria sociale, che guadagna con il mercato di idee e opinioni. Pensiamo a cosa sta succedendo sui siti legati alle recensioni di ristoranti e alberghi: c’è un florido mercato perché c’è gente disposta a pagare per danneggiare la concorrenza con feedback negativi».

Ecco, traslando il discorso a livello politico, dove una decisione può portare a un certa voce in un programma, a una legge, a un emendamento che può favorire questo o quell’altro gruppo di interesse, è chiaro che gli interessi in gioco sono ancora più grandi e dunque la motivazione a truccare il meccanismo diventa esponenziale. «A livello tecnico» fa notare Camisani Calzolari «è facilissimo moltiplicare le finte identità, facendo in modo che ciascuna di esse sia credibile. E se un movimento politico si dice disposto a raccogliere gli stimoli che arrivano dal basso, è ovvio che verrà influenzato, che dovrà prenderne atto, se sulla piattaforma dovesse ricevere migliaia di mail o di commenti creati ad arte per fargli prendere una certa decisione. Creare una piattaforma del genere, significa essere consapevoli che di questa piattaforma qualcuno si può impossessare. E non con un golpe, con qualcosa di manifesto, ma con strumenti digitali che, con i clic giusti, possono rovesciare il senso dell’iniziativa e piegarla a interessi tutt’altro che nobili».

Insomma Beppe Grillo, che dalla rete è sempre stato promosso e premiato, stavolta rischia di fare un clamoroso autogol. Forse prima di andare avanti dovrebbe leggere il libro Trust me, I’m lying: Confessions of a media manipulator (Fidati di me, sto mentendo: Confessioni di un manipolatore dei media), dove l’autore, Ryan Holiday, racconta quanto sia facile ingannare la rete. E, di riflesso, prendersi gioco di chi si vanta di poterla usare con eccessiva leggerezza.  

Twitter: @marmorello Link: https://twitter.com/MarMorello

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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