Elezioni 2013: Non vincerà nessuno
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Elezioni 2013: Non vincerà nessuno

Numeri alla mano vi spieghiamo perché al Senato non ci sarà la maggioranza

Viene già definita l’Ohio d’Italia, la Regione decisiva in cui si deciderà la prossima campagna elettorale. Come l’Ohio (lo Stato americano in cui si sono decise le scorse elezioni presidenziali americane) sarà la Lombardia la Regione esiziale per vincere le elezioni che oramai sembrano date per certe a febbraio in seguito all'accelerazione impressa dalle dimissioni annunciate da Mario Monti.

A indicarlo come regione banco di prova è il sempre attento politologo Roberto D’Alimonte che su Il Sole 24 ore ha immaginato lo scenario che si delineerebbe con l’attuale legge elettorale Calderoli, ben meglio conosciuta come Porcellum.

Legge elettorale che nonostante le buoni intenzioni e le varie bozze di riforma, rimane ancora e molto probabilmente rimarrà, il metro con cui i partiti si contenderanno la guida del paese. Sistema che non pochi problemi ha dato già a Romano Prodi che scontò sulla sua pelle quanto impossibile sia governare con siffatta legge nella Camera Alta, il Senato.

Se scontata sembra infatti la maggioranza alla Camera dei Deputati, che stando agli ultimi sondaggi dovrebbe essere appannaggio del Pd che viaggia intorno al 38 % galvanzizzato dal risultato delle primarie, di difficile esito sembra essere la maggioranza in Senato dove il premio di maggioranza (55%) viene ripartito su base regionale. Detto meglio: alla Camera l’attuale legge permette alla coalizione vincente di raggiungere facilmente una stabile maggioranza grazie al premio previsto; premio che permette sempre alla coalizione uscita vittoriosa dalle urne di prendere possesso di 340 su 630 disponibili.

Diverso è il premio che viene destinato al Senato. Ebbene, alla Camera Alta a contare sono i risultati su scala regionale.

In pratica il premio di maggioranza, sempre del 55% (a esclusione della Regione Molise e della circoscrizione estero, dove non è previsto alcun premio) viene sì destinato, ma non alla coalizione che prende più voti su scala nazionale, bensì a essere determinante è il voto su scala regionale.

Per intenderci, ecco la distribuzione dei seggi al Senato: 22 in Piemonte, 47 in Lombardia, 24 in Veneto, 7 in Friuli Venezia Giulia, 8 in Liguria, 21 in Emilia Romagna, 18 in Toscana, 7 in Umbria, 8 nelle Marche, 27 nel Lazio, 7 in Abruzzo, 30 in Campania, 21 in Puglia, 7 in Basilicata, 10 in Calabria, 26 in Sicilia, 9 in Sardegna, 7 in Trentino Alto Adige, 1 in Valle d’Aosta, 2 in Molise e 6 alla circoscrizione estero. Chi fa il pienone avrebbe 198 seggi disponibili. Ma come spiega D’Alimonte, il Pd difficilmente riuscirà a raggiungere la maggioranza in regioni da sempre conquistate dal centrodestra (Pdl e Lega) come la Lombardia, il Veneto e la Sicilia. Inoltre in queste regioni dove il Pd è destinato ad arrivare secondo, deve temere la concorrenza di partiti come il Movimento 5 stelle che rosicchierebbero i seggi destinati a coloro che si piazzano alle spalle del vincitore, facendo così scendere i seggi a danno del Pd.

Per ipotesi, nel caso in cui il Pd riuscisse a vincere in tutte le regioni tranne nella Lombardia e nel Veneto, in cui dovrebbe arrivare secondo (Attenzione! Senza che nessun altro superi lo sbarramento dell’8 %) avrebbe 169 su 315 seggi.

Sarebbe ancora maggioranza, ma qualora perdesse pure in Sicilia scenderebbe a 165 su 315 e ancora in attivo sarebbe il computo (per avere la maggioranza servono 158 voti). Tuttavia in Regioni come la Lombardia e il Veneto, il Pd dovrà fare i conti e dividersi presumibilmente i 26 seggi che toccano a chi arriva secondo, con Il Movimento 5 Stelle. A questo punto il Pd avrebbe “solo” 155 seggi che significherebbero una maggioranza vacillante, addirittura sarebbe messa in mora se anche in Sicilia arrivasse secondo e dovesse fare i conti con il M5S. A quel punto con 146 seggi non avrebbe più la maggioranza in Senato.

Insomma, fondamentale rimane per il Pd l’alleanza, almeno in Regioni come la Lombardia, con l’Udc di Casini. Le elezioni parleranno in meneghino, di certo difficilmente ancora una volta sarà governare.

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Carmelo Caruso