A Berlusconi non pronunciate il nome di Strauss-Kahn
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A Berlusconi non pronunciate il nome di Strauss-Kahn

Paragonare le due vicende giudiziarie significa metterle solo sul piano del diritto. Dove le differenze sono marcate

Volete far arrabbiare davvero Silvio Berlusconi? Non è facile: tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui sanno che nei rapporti personali il Cavaliere è una persona amabilissima. Dai grandi della terra agli anziani di Cesano Boscone, agli stessi avversari politici, tutti ammettono che è quasi impossibile non essere conquistati dalla sua gentilezza, dalla sua disponibilità, dal suo senso of humor. Dal suo farsi, come dice lui stesso, “concavo o convesso” secondo gli interlocutori.

Quindi il nostro è un prezioso consiglio per gli anti-berlusconiani più incalliti.  C’è una cosa che fa andare Berlusconi fuori dai gangheri, persino peggio degli ultimi risultati del Milan. È il paragone della sua vicenda giudiziaria con quella di Dominique Strauss-Kahn, un paragone facile, per certi versi quasi scontato, ma che Berlusconi non tollera assolutamente.

Eppure molti fanno amari confronti fra quel giudice francese che, a proposito di DSK, ha detto "il nostro compito non è quello di essere il guardiano della morale ma del diritto e della sua buona applicazione" e il tono moralistico e voyeristico insieme delle inchieste su Ruby, sulle Olgettine, sul Bunga-Bunga.

La giustizia francese ha assolto l’ex-direttore del Fondo Monetario Internazionale sulla base del presupposto (ovvio in uno stato di diritto) che serate di sesso fra adulti consenzienti non sostituiscono in alcun modo un reato. Questo indipendentemente dal numero dei partecipanti, dall’età, e dalle modalità di svolgimento, che nel caso di DSK pare fossero piuttosto disinibite.

È proprio questo accostamento che fa arrabbiare Berlusconi. Un giovane incauto parlamentare che nei giorni scorsi ha creduto di confortarlo con l’esempio dell’assoluzione del francese, ha rischiato seriamente di concludere lì la sua carriera politica.

Strauss-Kahn è uno che pagava le donne. Che faceva festini osceni. Comportamenti penalmente irrilevanti ma moralmente discutibili, ai quali Berlusconi non tollera di essere accostato. Anzi, il Cavaliere non perde occasione di ricordare, anche ai più intimi, di non aver mai neppure concepito l’idea di pagare una donna in vita sua. L’idea – dice – gli farebbe schifo.

In effetti, il leader di Forza Italia ha sempre negato la descrizione delle serate che è stata data in pasto all’opinione pubblica. La distinzione non è affatto secondaria. I festini, anche quelli più hard, fra adulti consenzienti non sono un reato. Ma Berlusconi non si è mai trincerato dietro a questo pur sacrosanto concetto, né dietro al fatto che quello che accade a casa sua, con suoi amici e amiche, sono suoi fatti privati, di cui non deve rispondere a nessuno.

Ha sempre ripetuto, in tutte le sedi, pubbliche e private, che quei fatti non sono mai avvenuti. Per dirla con linguaggio tribunalesco, non vuole essere assolto perché il fatto non costituisce reato, vuole essere assolto perché il fatto non sussiste. A Berlusconi insomma non basta il giudizio legale, interessa anche e soprattutto il giudizio morale.

Si può credergli? Naturalmente ciascuno ha la sua opinione radicata e noi non ci illudiamo di cambiare quella di nessuno. Ma una cosa è certa, e dovrebbe far riflettere: questa è la linea di difesa più difficile. Di solito, un colpevole non la sceglie.

( N.B. Abbiamo scritto “Cavaliere” e non “ex-Cavaliere” non per errore o per dimenticanza. L’uso di chiamare Berlusconi “ex-Cavaliere” vorrebbe essere una forma di sarcasmo, e invece è solo un atto di conformismo analfabeta. In una prossi ma puntata, ad uso dei cultori della materia, spiegheremo il perché)

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Serenus Zeitblom