Csm: Vietti e l'amore-odio per le intercettazioni ai potenti
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Csm: Vietti e l'amore-odio per le intercettazioni ai potenti

Il vicepresidente del Csm difende Napolitano ma taceva quando si pubblicavano le telefonate di Berlusconi

Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Michele Vietti deve avere un fratello gemello che da qualche tempo gira indisturbato per le sale semideserte di Palazzo dei marescialli. Un Vietti «secondo» più sensibile del consanguineo alle istanze della politica. Il primo, quando i giornali pubblicavano a chili le telefonate pruriginose (penalmente irrilevanti) dell’ex premier Silvio Berlusconi, compresa qualche versione apocrifa (vedi quella volgare su Angela Markel), restava in silenzio. O parlava a bassa voce. La alzava solo per zittire lo stesso Berlusconi, colpevole di mal sopportare i pm voyeur in camera da letto. Poi Berlusconi si è dimesso e Vietti «primo» ha lasciato la poltrona al gemello. Proprio in tempo per l’inizio dello tsunami delle conversazioni registrate (indirettamente) dalla Procura della Repubblica di Palermo sul telefono del Quirinale.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha immediatamente sollevato il conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato. Spalleggiato dal nuovo capo del governo Mario Monti che ha stigmatizzato gli «abusi» nelle intercettazioni. E il gemello di Vietti? Non solo non ha difeso i pm siciliani, ma ha applaudito Napolitano, il quale «ha doverosamente rivendicato le prerogative del presidente della Repubblica». Poi ha avvertito tutte le altre toghe: terminato «l’assedio» (berlusconiano), è l’ora di modernizzarsi. Così a difendere l’operato della Procura di Palermo (abbandonata al suo destino anche dai componenti di sinistra del Csm) è rimasta solo la corrente moderata delle toghe, Magistratura indipendente, capitanata dal segretario Cosimo Ferri e dal consigliere del Csm Antonello Racanelli. Oltre a due supergiuristi come Franco Cordero e Gustavo Zagrebelsky, editorialisti di Repubblica: il fondatore Eugenio Scalfari, strenuo difensore di Napolitano, comincia a sentirsi molto solo nella sua battaglia.

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Giacomo Amadori

(Genova, 1970). Ex inviato di Panorama e di Libero. Cerca di studiare i potenti da vicino, senza essere riconosciuto, perciò non ama apparire, neppure in questa foto. Coordina la sezione investigativa dellaVerità. Nel team, i cronisti Fabio Amendolara, Antonio Amorosi e Alessia Pedrielli, l'esperto informaticoGianluca Preite, il fotoreporter Niccolò Celesti. Ha vinto i premi giornalistici Città di Milano, Saint Vincent,Guido Vergani cronista dell'anno e Livatino-Saetta.

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