Così Marino si salva dallo scioglimento per "Mafia Capitale"
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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Così Marino si salva dallo scioglimento per "Mafia Capitale"

Via i dipendenti corrotti e nuova giunta: ecco come il Comune di Roma eviterà lo scioglimento per mafia

Riassunto delle puntate precedenti: il 4 dicembre del 2014 la Procura di Roma guidata dal cacciatore di mafiosi Giuseppe Pignatone ordina l'arresto di 37 persone e l'iscrizione nel registro degli indagati di altri 100. Per la Capitale d'Italia è un terremoto politico istituzionale senza precedenti. Tra quelle persone ci sono infatti esponenti di primo piano dei partiti che hanno governato e che governano Roma: un ex sindaco, dirigenti capitolini, ex amministratori delle principali aziende municipalizzate, più una serie di segretarie, portaborse e “facilitatori” i cui nomi potete leggere qui. L'accusa per tutti è di far parte di un sodalizio criminale infiltrato nel tessuto imprenditoriale politico ed istituzionale della città, attraverso un ramificato sistema corruttivo finalizzato ad ottenere l'assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal Comune e dalle aziende municipalizzate. Presunti capi dell'organizzazione l'ex Nar Massimo Carminati e il ras della cooperazione sociale romana Salvatore Buzzi. Passano sei mesi esatti e il 4 giugno arriva l'attesa seconda ondata: altri 44 finiscono in manette, 21 indagati. In mezzo ci finiscono, tra gli altri, un presidente di municipio, quello di Ostia, e alcuni consiglieri comunali. Ecco chi. I contraccolpi sono, se possibile, anche più devastanti.




Mafia Capitale, l'inchiesta che ha travolto Roma

La giunta guidata dal sindaco Ignazio Marino è ormai appesa a un filo. Quello della relazione del prefetto della Capitale Franco Gabrielli incaricato di proporre o meno al ministro dell'Interno Angelino Alfano lo scioglimento per mafia del Comune di Roma in base ai riscontri effettuati dai suoi ispettori su ogni singolo contratto, gara d'appalto, fornitura, delibera di giunta, spesa fuori bilancio, somma urgenza, autorizzata tra il 2012 e il 2014, lo stesso periodo a cavallo tra la precedente amministrazione Alemanno e quella attuale su cui hanno indagato i magistrati di Mafia Capitale.

La relazione del prefetto: no allo scioglimento per mafia

Ieri Gabrielli, gli ispettori della Prefettura che hanno confezionato il dossier, il procuratore Pignatone, il questore e i comandanti provinciali dei carabinieri e della guardia di finanza si sono riuniti nel comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica per dirsi, in sostanza, se il Comune debba essere sciolto per mafia oppure no. I pareri non sono stati affatto concordi. Se per Pignatone lo scioglimento sarebbe da escludere in ragione di un'oggettiva “discontinuità” tra la giunta precedente guidata da un sindaco indagato per mafia (Gianni Alemanno) e quella attuale presieduta da Marino che dalle carte, come abbiamo scritto anche qui, esce “immacolato”, secondo almeno una degli ispettori delle Prefettura di questa “discontinuità” non ci sarebbe invece traccia. Gabrielli la pensa come Pignatone quindi, con ogni probabilità, nella sua relazione, attesa al ministero dell'Interno tra domani e dopodomani, non dovrebbe essere avanzata la proposta di scioglimento.

Il comma che "salva" Marino

Dunque tutto bene madama la marchesa? Per niente. Bisognerà attendere di leggerle tutte, ma pare che da quelle 800 pagine emerga “uno spaccato sconfortante” di sistematica “alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi tale da compromettere il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione”. Lo abbiamo scritto prima: gli ispettori hanno preso in considerazione il periodo 2012-2014. Ignazio Marino viene eletto a giugno del 2013. Alibi non ci sono per nessuno. Nemmeno per il sindaco. Nemmeno lui, infatti, avrebbe fatto nulla davanti alla lunga serie di criticità riscontrate dagli ispettori del Mef da lui stesso chiamati a indagare sul buco di bilancio del Comune. La spiegazione fornita dal sindaco è sempre stata quella di non aver mai avuto a disposizione gli strumenti necessari per cacciare quei dipendenti e amministratori responsabili. La novità è che adesso corrotti e collusi potrebbero essere rimossi o sostituiti senza coinvolgere giunta e consiglio come previsto dal comma 5 dell'articolo 143 del testo unico sugli Enti Locali. Una soluzione che consentirebbe finalmente di fare pulizia e al sindaco di “tagliare i rami secchi” e promuovere “cambiamenti radicali non solo in giunta” rilanciando così l'azione amministrativa.

In carica fino al 2018 con una nuova giunta

Si scordi però di poterlo fare in autonomia, da battitore singolo, agendo di testa sua come ha fatto, o ha creduto di fare, finora. Il destino di Roma non rimarrà un cruccio personale del sindaco che continua a considerare la città come la sua “ragione di vita”. I cittadini non sono sensibili al fatto che per lui si tratti di una questione di vita o di morte. E nemmeno lo è il suo partito. Piuttosto lo sono ai problemi della città e alle sfide che la attendono a cominciare dal prossimo Giubileo. E ormai è abbastanza chiaro che il Pd non intende lasciarlo da solo nell'impresa di risolvere i primi e affrontare le seconde. Nell'intervista di oggi a L'Unità il chirurgo dem dice di avere con il premier un ottimo rapporto, anche personale. Deve esserselo sognato. Quando qualcuno prova a parlargli di Roma e di Marino, Renzi ancora si tappa le orecchie e scuote la testa per non ascoltare. Ma sa benissimo che qualcosa va fatto comunque. Il commissario romano Matteo Orfini glielo ha chiesto pubblicamente: “ci devi dare una mano”. Che succederà? Marino reggerà? E se sì, come? Fino a quando? Queste sono le domande che tutti si fanno. Intanto, la prossima settimana ci sarà il rimpasto di giunta. Poi, a meno che Renzi non decida di prendersi il rischio di perdere Roma nel 2016 in una tornata di elezioni amministrative cruciale per la tenuta del suo governo, il sindaco Marziano potrà concludere il suo unico mandato.  Definitivamente, nel 2018.


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Claudia Daconto