"Ciao mi chiamo...". Le presentazioni del M5S
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"Ciao mi chiamo...". Le presentazioni del M5S

Il racconto delle presentazioni dei deputati del M5S e le parodie sul web

Eleonora Bechis non si trova: «Eleonora Bechis? Passiamo avanti». Assente, ma solo momentaneamente proprio quando in diretta streaming su La Cosa, organo ed emittente del Movimento 5 Stelle, vanno in onda quei due minuti di celebrità, tutti uguali, tutti simili perfino sinceri che prendono il nome di “presentazione”.

«Ciao, mi chiamo Paolo Bernini ho 25 anni, mi sono occupato di tutela degli animali, sono vegano e sono disiscritto alla chiesa cattolica». Certo, nessun deputato fino ad oggi si era presentato mettendo in piazza una passione pensando di elevarla a missione legislativa come Sergio Battelli, a proposito: «Ciao, mi chiamo Sergio Battelli, trent’anni di Varazze e vorrei portare la mia passione per la musica…». E non si capisce chi sia o come si chiami (anche se tutto rimanda alla Casaleggio associati) lo speaker che fa l’appello, manco fosse un professore che a fine settembre comincia chiedere ai suoi studenti: «Come ti chiami e tuo padre che mestiere fa?».

In quell’hotel anonimo della Capitale tutti hanno un padre che fa di nome Beppe Grillo. A lui devono tutto e pure quell’ansia che qualche neoletto ha confessato di combattere con gli ansiolitici. Tutt’al più hanno uno zio, quello zio inafferrabile ma rispettato, quegli zii che non si amano ma che la famiglia porta in dote. Così, dagli schermi compare anche lui, lo zio Gianroberto Casaleggio che si avvicina al tavolo afferra qualcosa e va via. «Ciao quindi...». E pazienza se l’anonimato come sempre avviene si trasforma in caricatura e nell’evidente testimonianza di vaghezza e buone intenzioni. Perché le buone intenzioni le possiedono tutti e 163 deputati dal Piemonte 2 al collegio di Sicilia 1, da dove proviene un sindacalista come Francesco Campanella, capelli sale e pepe, schietto nelle sue sconfitte e adesso convinto di farcela: «Mi sono occupato di sindacato ma non sono riuscito a cambiarlo, nel movimento ho trovato un’adesione attiva».

Basta, però, sono solo due giri di lancette e poi avanti alla lettera C…«Ciao mi chiamo Monica Casaletto, ho fatto controinformazione perché non leggiamo la verità sui giornali. Spero di poter dare la vera informazione». Lo sperano tutti di poter dare qualcosa anche Mauro Bocchiarella che si accomiata: «Ce la faremo grazie a tutti», meno smaliziato di chi si presenta come «sommelier quindi mi occuperò di agricoltura» e ancora: «Ciao, sono appassionato di mobilità sostenibile, voglio arrivare in parlamento in bicicletta» o «Ciao, mi sono occupato di acqua e spero che riusciremo a demolire il nostro ego».

Anonimi e si vede che sono disadattati alla politica e sicuramente adatti a stravolgerla a mutarla nel suo aspetto più triste e volgare che rimane il privilegio: l’usciere che s’inchina, i salamelecchi di funzionari, la buvette che sforna prelibatezze a prezzo popolare. Ma quanto basta l’innocenza di Nicola Bianchi che «avrà come priorità i trasporti perché vivo in Sardegna che è un’isola» per questo paese che è tutto un’isola di rancori e povertà giunto non al primo giorno di scuola, ma a pochi passi dallo scrutinio?

Elevati a rappresentanti di uno sgangherato parlamento per la prima volta senza quelle gabbie di stoffa che sono i talliuer delle deputate, i regimental dei deputati dalla barba sempre fatta. Abbondano i cirri scarruffati, felpe da discount, le rasature malfatte, le montature di plastica che sostituiscono le stanghette degli economisti tutti occhialuti per darsi un tono autorevole spesso controcanto di lauree millantate come piccoli Cagliostri.

Ogni presentazione è un’emozione, un palco, ma la trasparenza è anche uno svelamento che ha come obbligo il ridicolo, l’identità che si fa marketta, spot per farsi apprezzare a metà tra i reality, i provini di lavoro, la ricerca di un partner sul web. Ed è sempre il web che li castiga con lo sberleffo, la caricatura che si sviluppa nel filone e nei gruppi su twitter #presentiamocitutti e #grillinianonimi. Non è l’epopea dell’uomo qualunque, ma la tragedia di una politica ridotta a battuta qualsiasi, tanto che Giulio può puntare al ministro della salute perché, come testimonia con un cinguettio : «Sono immortale, quindi mi propongo come ministro della salute» e ci prova anche Valentina «a cui piace viaggiare e quindi vorrei fare il ministro degli esteri».

E poi Francesco di professione idraulico che a questo punto «si candida a riparare le perdite del bilancio» e Maria Antonietta che «parla francese e che vuole fare la tagliatrice di teste» e una Ruby che rivendica di essere «l’unica nipote di Mubarak e vuole occuparsi di politica internazionale». E colpisce come questa satira sia la prova più evidente della fine di Grillo come comico, il quale ha perso la sua battuta mordace, il lampo arguto dei socialisti e preferisca il turpiloquio, l’offesa funeraria.

Fuori dall’hotel tutta un’Italia ride, dentro invece quella bolla si cementa in fede con tanto di applausi, il battimani che infonde coraggio a confessare la debolezza di una malattia, non la convinzione e la forza di un’idea. Mai la maggioranza, e il Movimento 5 stelle lo è se si misura come partito, si è sentita minoranza come in quell’hotel chiuso alla stampa simile alle riunioni di un biondo Philip Seymour Hoffman in "The Master", massoni da ridere con il cappuccio dei capomastri, anfibi della repubblica che galleggiano nel mare di internet senza accogersi di essere in realtà in uno stagno.

(Twitter: @carusocarmelo)

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Carmelo Caruso