Carlo De Benedetti. In quante scarpe vuole stare l’Ingegnere
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Carlo De Benedetti. In quante scarpe vuole stare l’Ingegnere

Corre da una tv all’altra, commenta, dichiara: lasciata la finanza al figlio Rodolfo, De Benedetti si ributta in politica. Ma non vuole rischiare e gioca su più tavoli.

«Renzi, lei sa che ho votato Pier Luigi Bersani, ma le riconosco il merito di avere fatto un buon lavoro. Non mancherò di farlo notare». Il 3 dicembre l’Huffington Post Italia apre pubblicando con solennità il messaggio di Carlo De Benedetti (coeditore del sito con il 49 per cento) e la risposta del sindaco di Firenze. Il segnale è chiaro. Lo ha lanciato da un canale parallelo, forse per non imbarazzare Ezio Mauro e la linea di Repubblica; ma l’Ingegnere è in pista, deciso a operare a tutto campo. Lasciati gli affari di famiglia (energia, sanità, gli investimenti della Cir) al primogenito Rodolfo, ha tenuto per sé l’editoria, con il chiaro intento di esercitare il ruolo di king maker che si è ritagliato da quando, nel 1988, la fallita scalata alla banca belga Sgb lo ha costretto a una ritirata strategica.

La politica è sempre stata la sua passione. Anticraxiano della prima ora, negli anni 80 appoggia su consiglio di Eugenio Scalfari l’asse tra Ciriaco De Mita, segretario della Dc, ed Enrico Berlinguer, segretario del Pci. Con esiti non troppo felici. Finito nelle maglie di Tangentopoli, si acconcia alla linea giustizialista, guardando a Romano Prodi, suo vecchio amico da quando gli vendette la Sme (la finanziaria alimentare dell’Iri) nel 1985. Prende la tessera numero 1 del Pd nel 2007, ma un anno dopo assiste indispettito alla sconfitta di Walter Veltroni.

La débacle lo rende più circospetto. Il gruppo editoriale apre le porte e stende il tappeto rosso a una serie di penne liberali che fanno capo a «Fermare il declino»: Alessandro De Nicola, Alberto Bisin, Alessandro Penati scrivono in prima pagina su Repubblica, Luigi Zingales ha una rubrica fissa sull’Espresso, Stefano Micossi è nel consiglio della Cir. Può darsi che abbia influito anche Rodolfo, assiduo ai convegni dell’Istituto Bruno Leoni, pensatoio liberista. Certo è un modo per suonare su una tastiera più ampia della sinistra bersaniana. Solo un anno fa, del resto, l’Ingegnere aveva detto che Maurizio Crozza era meglio dell’originale.

L’eventualità che Mario Monti entri in politica come leader centrista complica la trama, ma dopo una breve esitazione Mauro è corso ai ripari per non regalare il professore al Corriere della sera, che gli è più vicino. Memore del passato, De Benedetti non mette tutte le uova in un solo paniere. In finanza si chiama diversificazione del rischio e la finanza resta il primo amore.

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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