Berlusconi e Santoro, la strana coppia
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Berlusconi e Santoro, la strana coppia

Le telefonate, l'esperienza in Mediaset, l'editto bulgaro. Odio e amore fra due primedonne che si sono combattute e ora si ritrovano in un faccia a faccia a Servizio Pubblico che chiude una lunga pagina di storia italiana

Arrestatelo”, consigliò il conduttore televisivo. “Vogliono ammazzarmi. Dicono così tante cose contro di me, sono una fabbrica del fango”, per tutta risposta si difese il politico presidente.

Hanno entrambi fatto appello alle forze armate l’uno contro l’altro, occupato le piazze danzando il più bel valzer della storia repubblicana sempre ballo mellifluo di potere e mai odio vero, rancore manifesto come quello che lega Michele Santoro e Silvio Berlusconi, indissolubilmente, che li sublima in sentimento.

Neppure Emilio Fede, Bruno Vespa, né tanto meno tutta quella scuderia di cavalli della scrittura che lo hanno lusingato o atterrito, sono riusciti a togliere a Silvio Berlusconi la malcelata ammirazione per Michele Santoro, toro scatenato della televisione ed aeropago del servizio pubblico pronto ad ospitarlo nella sua trasmissione a La 7, giovedì sera.

Più che una faida fra caratteri contrapposti, la loro assomiglia a quel grande romanzo popolare uscito dalla penna di Giovannino Guareschi che ha accompagnato la storia italiana che è appunto storia televisiva e fotoromanzo.

Come immaginarli insieme dunque, come poterli soltanto pensare a pochi passi di distanza senza azzannarsi per poi abbracciarsi ricordando le parole di Umberto Sabai bambini quando si amano si danno gli schiaffi?

Solo quel chierico da sacrestia, Mario Monti, che si è messo a sfidare Berlusconi in vanità, rincorrendolo in televisione, come fosse un peones in cerca della rielezione, poteva realizzare l’imponderabile, la ricongiunzione di due mondi.

Il resto lo ha fatto un telefono. Era il marzo 2001 quando Berlusconi decise di alzare la cornetta e chiamare Santoro che al tempo aveva optato per il capello biondo: “Complimenti per questi processi in diretta”, disse Berlusconi prima di sbottare in quel “si contenga”, più sfogo vero che ragione macchiavellica.

Fu l’inizio della pariglia, pariglia che prosegui in giro per il mondo, a Sofia, allora Berlusconi parlò di “uso criminoso della televisione”, a Bucarest per disegnare l’unica vera opposizione il “partito di Santoro”, ma perfino nella lontana Cina, a Pechino, sembrava non potesse liberarsi da Santoro: “Non ci invita alle sue trasmissioni”, denunciò nel 2008.

In mezzo c’è di tutto, dal “vigliacco” di Santoro dopo quello che passò per editto, il paragone con lo scomparso premier xenofobo austriaco Jorge Haider che anticipò di poco il licenziamento dalla Rai, una parentesi all’europarlamento, una comparsata da Adriano Celentano seguito dal suo reintegro in Rai con tanto di titolo cristologico “Anno Zero”.

Più che un metodo giornalistico, quello di “Michellaccio” è uno stile, ideologia, antagonismo che attrae, magnetizza sin dalla discesa in campo dell’ex premier. Era il Santoro di “Samarcanda” e Berlusconi si apprestava a scendere in politica nel 1994. “Provai a dissuaderlo, senza riuscirci”, ammonì Santoro neppure fosse Indro Montanelli, lo stesso che tuttavia non esitò a migrare sulle reti della Finivest con il suo epico “Moby Dick” nel 1996.

Mi facevano sentire un re. A Mediaset coccolano le loro star, le vezzeggiano. È lo star system. In Rai nessuno coccola nessuno. Ero la prova della loro indipendenza ed imparzialità. Detto questo, non sono un eversore. Non ho mai dato al mio lavoro in Mediaset una interpretazione provocatoria nei confronti di Berlusconi”.

Se è per questo non fu neppure Berlusconi a cacciarlo, ma la paura dell’arrivo del magnate che pochi anni dopo porterà Sky in Italia. A Giuseppe D’Avanzo confido: “Un giorno a Positano sentiì gridare: “Michele torna in Rai”.

E infatti ci tornò almeno fino a quando il cda Rai decise di cancellare la sua trasmissione insieme a quella di Enzo Biagi e Daniele Luttazzi per motivi di “tutela aziendale”. Cancellazione accompagnata sulle note di “Bella Ciao” intonate dal partigiano Santoro.

Ma quando si dice i giudici… Santoro torna in Rai con tanto d’indennizzo milionario e tutta la sua squadra si imbatte nel caso Tarantini, Nadia Macrì. Numeri di telefono diffusi in trasmissione, aperture di giornali sulla trasmissione di Santoro. E ancora Berlusconi “furioso e innamorato” che chiama all’Authority delle Comunicazioni, Giancarlo Innocenzi: “Basta finiamola con questo scandalo”.

Ma a finirlo sarà lo stesso Santoro quando deciderà di andarsene e scendere dal cavallo di Francesco Messina per provare l’esperimento “Servizio Pubblico”.

Come vecchi amanti, si eguagliano, nessuno dei due può fare a meno della piazza tanto da essere accomunati nella definizione di “predellinatori”.

Uno a piazza San Giovanni, l’altro a Bologna con Rai per una notte. Il fragore delle folle, il palco come rigenerante, insieme dividono il paese più del bipartitismo inesistente, più del tifo fra Vecchia Signora e Inter, più di Miccichè contro Maroni. Entrambi attori del resto, come confessa Michele Santoro: “A Salerno da giovane avevo una legione di fan”, entrambi cercandosi e riconoscendo la natura del contrapposto: “E’ uno spirito combattivo” sentenziò Santoro quando Berlusconi “scese” a Ballarò contro lo schifiltoso e frigido Massimo D’Alema, mentre merito a tutta la compagnia del giornalista ricambiò Berlusconi: “Il suo è un carro di Tespi”.

E dice bene lo stesso Santoro quando ricorda che Berlusconi non lo abbia mai domato, lui che ha domato centro, aennini, sinistra, tecnici, magistrati, così come Santoro non ha mai domato Berlusconi tanto da attenderlo come si aspettano gli amici irriconoscenti, la corda e il secchio, il comico e la spalla, il ciclista e il gregario. Ossessione? Forse, come quella per Rosy Bindi, che rimane nei pensieri del Berlusconi faceto e mattatore o un po’ estetica tarantiniana che al leader del Popolo della Libertà gli fanno provare quei “Brutti, sporchi e cattivi”, ma che si vestono Armani.

Insomma, non c’è stato migliore affare per la televisione che la strana coppia Santoro-Berlusconi.

Più che nemici sembrano una compagnia che odiandosi si riconosce, perchè non esiste odio doloroso che l’indifferenza come ricorda Enzo Siciliano, colui che inflisse a Michele Santoro, la peggiore offesa della sua vita: “Michele? Michele chi?”. Solo con Berlusconi Santoro può essere il “partigiano” Santoro e Berlusconi il “dittatore” Berlusconi.

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Carmelo Caruso