Pechino elimina la zuppa di squalo dai banchetti ufficiali
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Pechino elimina la zuppa di squalo dai banchetti ufficiali

Presentato ufficialmente come normativa studiata per risparmiare, in realtà il provvedimento sembra essere stato approvato per le sue efficaci ricadute a livello di immagine

Cancellare i privilegi è sempre molto difficile. E lo è ancora di più in un paese come la Cina, soprattutto quando si vanno ad intaccare le abitudini alimentari dei burocrati di Pechino. Eppure, nel tentativo di impressionare positivamente la popolazione, soprattutto in un momento in cui tutte le questioni in qualche modo collegate alla tutela dell'ambiente innescano violente proteste sociali , il Partito ha deciso di vietare i piatti a base di squalo nei banchetti ufficiali.

La zuppa di pinna di squalo è infatti da sempre una delle pietanze più prelibate della cucina cinese. E in un pranzo ufficiale non può mai mancare. Dal sapore estremamente delicato, questa zuppa è tanto più saporita (e costosa) quanto più diventa densa. Aumentando la quantità di pinna di squalo che, una volta sciolta nel brodo, assomiglia molto a spaghetti finissimi.

Pechino è perfettamente consapevole del fatto che, eliminando questa pietanza dai banchetti ufficiali, i funzionari del partito si sentiranno a disagio quando si troveranno a dover offrire ai loro ospiti pasti meno sontuosi. E proprio per questo motivo ha deciso che "i funzionari avranno a disposizione un periodo di tre anni per adattarsi a questa nuova normativa".

Ma è anche vero che una netta riduzione del consumo di pinna di squalo offre al Partito molti altri vantaggi. Anzitutto sul piano economico. Perchè si tratta di un alimento molto caro. Mezzo chilo può costare da cento a più di cinquecento dollari. E in un momento in cui le finanze del governo centrale e delle municipalità locali sono in difficoltà , risparmiare non è certo sbagliato.

Ma i vantaggi più importanti sono quelli che Pechino può ottenere dal punto di vista dell'immagine. Per un governo che ha già annunciato alla popolazione che che le ripercussioni della crisi economica inizieranno presto a sentirsi anche in Cina, è certamente lusinghiero dimostrare che anche i burocrati sono disposti a fare "sacrifici" per aiutare la nazione a risparmiare. Per quanto sarebbe stato più che legittimo aspettarsi uno "sforzo" di tutt'altro tipo. Del resto, come hanno sottolineato alcuni blogger, se saranno necessari tre anni per togliere dalle tavole la zuppa di pescecane, per qualche concreta riforma di impronta liberale o addirittura "democratica" ne serviranno almeno trecento.

Sono stati quindi principalmente gli ambientalisti ad accogliere con entusiasmo quello che hanno già definito un provvedimento "salva squali". Consapevoli che nel mondo vengono uccisi ogni anno circa settanta milioni di pescecani per le loro pinne e che la Cina ne sia il principale consumatore (non solo per le zuppe ma anche per il ripieno di alcuni tipi di ravoli), non possono che considerare come un segnale positivo anche la semplice intenzione di eliminarli per sempre dai menù di tuti i ristoranti. Dal loro punto di vista l'impegno dei burocrati a non gustare più zuppe di pescecane dovrebbe indurre gli uomini d'affari a fare altrettanto. Del resto non potranno certo offrire una pietanza così prelibata ai loro "protettori" politici. Sapendo che non potranno ricambiare, finirebbero col metterli in imbarazzo. Quindi meglio evitare...

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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