India, violenze quotidiane nelle latrine a cielo aperto
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India, violenze quotidiane nelle latrine a cielo aperto

La media è di un abuso ogni 22 minuti, ma quelli non denunciati sono molti di più

E' possibile mettere in relazione violenza e condizioni igieniche di un paese, per quanto pessime queste ultime possano essere? E' successo in India, dove la recente escalation di abusi ha portato tanti a elaborare le ipotesi più fantasiose per spiegare un dramma che, invece, è legato allo scarso rispetto per le donne, di qualsiasi età, status e nazionalità, che da sempre contraddistingue questo paese. "Le donne si vestono in maniera troppo provocante"; "amano mentire quindi raccontano storie completamente inventate", o ancora "stavano per commettere un errore quindi è stato necessario punirle". Ma in realtà il vero problema è che, fino a oggi, nessuno ha mostrato di essere interessato a proteggerle. 

"Come tutti i giorni mi ero appartata in una zona piena di cespugli vicino a casa che tutti chiamiamo giungla. All'improvviso è arrivato un uomo che mi ha detto di stendermi per terra. Ha detto che mi avrebbe uccisa se avessi fatto anche il minimo rumore", ha raccontato alla BBC  una bambina di appena nove anni. Nelle campagne dell'India nessuno ha un bagno in casa (e a dire il vero i servizi igienici all'interno delle abitazioni non sono così tanto diffusi nemmeno in tante aree urbani, tant'è che la metà della popolazione non ha un bagno in casa), quindi espletare i propri bisogni fisiologici un po' dove capita è un'abitudine diffusa per milioni di indiani. Quando cala il sole, sfruttare questi momenti per attaccare una ragazza diventa ancora più facile. "Se dobbiamo andare in bagno è necessario trovare qualcuno che ci accompagni. Bisogna fare in fretta, meno tempo ci si mette più siamo al sicuro. E quando si intravede il volto di un uomo, conviene mettersi ad urlare. Subito!", spiega una ragazza. "In realtà i gabinetti a cielo aperto non sono proprio dietro casa. Spesso dobbiamo camminare a piedi per più di trenta o quaranta minuti. Quindi se ci succede qualcosa e siamo da sole siamo finite", aggiunge un'altra. "Questi spazi sono utilizzati sia dagli uomini che dalle donne, ma dopo il tramonto i maschi non potrebbero più accedervi, per lasciare maggiore privacy alle donne. Purtroppo, però, questa regola non viene sempre rispettata". A tutte è capitato di scappare da un potenziale aggressore almeno una volta nella vita, e nessuno ha ancora dimenticato le immagini delle due ragazzine dell'Uttar Pradesh che, a maggio, sono state prima violentate e poi impiccate da chi "sentiva il bisogno" di abusare di loro. 

Che violenza e stupri rappresentino per l'India un problema gravissimo è un dato di fatto. Eppure, quello che continua a stupire è l'omertà con cui vengono gestiti gli abusi. Il padre della ragazzina di nove anni aggredita nei cespugli vicino casa, ad esempio, ha spiegato alla BBC che ci è voluto tanto prima di convincere la polizia a intervenire: "In un primo momento mi hanno detto di tacere e di andarmene, e solo quando ho minacciato di raccontare la mia storia ai media hanno cambiato atteggiamento".

Negli ultimi anni i media in India hanno acquisito un potere enorme. Il neo-eletto Primo Ministro Narendra Modi ne è perfettamente consapevole, tant'è che li ha sfruttati il più possibile per trionfare alle ultime elezioni, ma si è poi allineato alla posizione del suo predecessore di "monitoraggio costante" dei contenuti dei social network, forse perché a sua volta convinto che, nelle mani sbagliate, stampa, televisione e internet possano destabilizzare il paese.

Il problema della violenza sulle donne è emblematico da questo punto di vista. Purtroppo c'è sempre stata, ed è sempre stata feroce forse proprio perché nascosta, difesa, quasi tollerata, perché nessuna ragazza ha mai trovato il coraggio di denunciare una violenza a suo danno, probabilmente perché consapevole che, nella migliore delle ipotesi, non sarebbe stata creduta. Nella peggiore, invece, avrebbe rischiato un altro abuso. Le cose sono cambiate quando, a dicembre una studentessa di poco più di vent'anni è stata picchiata, violentata, e gettata fuori dal finestrino di un autobus in corsa da una gang che aveva deciso, senza motivo, di "divertirsi" con lei. Questo tragico episodio è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso, spingendo l'opinione pubblica non solo a scendere in piazza per denunciare l'accaduto, ma anche a trovare il coraggio per parlare di tutti quegli abusi che ogni giorno macchiano il paese. Questa protesta di massa ha costretto il governo a intervenire, potenziando le figure femminili nelle forze dell'ordine e formando agenti specializzate nella gestione dei casi di stupro, e inasprendo le punizioni per i colpevoli. Per la prima volta sono stati messi all'angolo anche i burocrati violenti, e sono state confermate numerose condanne a morte per stupro, ma il problema, naturalmente, non è stato risolto. Le stime parlano di uno abuso ogni 22 minuti, ma è molto probabile che quelli non denunciati siano molti di più.

Modi ha dichiarato guerra alla violenza ai danni delle donne, e si è già impegnato a rendere più sicuro il paese in due modi: invitando le famiglie a tenere d'occhio i figli maschi, perché dietro una violenza non c'è solo una donna aggredita, ma anche un uomo cresciuto senza riferimenti e valori degni di essere definiti tali, e promuovendo una campagna per creare servizi igienici sicuri in tutta la nazione. Sembra infatti che la frequenza degli abusi ai danni delle donne potrebbe essere più che dimezzata solo eliminando i passaggi quotidiani da questi disumani gabinetti a cielo aperto.

 

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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