(Anche) il sogno hollywoodiano diventa cinese
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(Anche) il sogno hollywoodiano diventa cinese

Centinaia di attori che non trovano spazio negli Stati Uniti hanno deciso di cercare fortuna in Cina

Possibile che anche Hollywood voglia trasferirsi in Cina? Divi del cinema e della televisione, registi, professionisti degli effetti speciali, truccatori e costumisti sembrano essere stati colpiti all'improvviso dalla febbre gialla.

Il Los Angeles Times racconta la storia di Nate Boyd. Un giovane americano che ha frequentato le scuole superiori a Hollywood. E che, con una madre scrittrice e un padre attore, pareva essere destinato a sfondare nel mondo del cinema a stelle e strisce. Come tanti suoi coetanei nati e cresciuti nel contesto fatato della città dei sogni.  

E invece per Nate Boyd dopo essersi trasformata nella metropoli delle illusioni, Hollywood si è infine palesata come la città delle delusioni. Per lui e per centinaia di altri aspiranti attori come lui. "Sono riuscito a ottenere solo qualche piccola parte in film girati da registi-studenti e in pubblicità non particolarmente prestigiose. Quando mi sono presentato per un provino più serio mi sono dovuto confrontare con altre trecento persone. Chi si occupava dei casting ci visionava a gruppi di cinque. Eravamo numeri, non attori".

Dopo aver accumulato un discreto numero di delusioni, anziché perdersi d'animo e rinunciare a realizzare il suo grande sogno Nate ha deciso di trasferirsi in Cina. Una scelta che, ricorda oggi, gli ha cambiato la vita. Tutto è iniziato nel 2006, quando quasi per caso gli fu chiesto di interpretare il ruolo di un missionario in una rappresentazione universitaria da girare in Tibet. Oggi viene ingaggiato per 1.200 dollari al giorno. E dopo una lunga gavetta nelle serie televisive cinesi (per partecipare alle quali è stato costretto a imparare il mandarino), spera oggi, a trent'anni, di aver dimostrato di essere finalmente pronto per sfondare nel cinema (del Continente e di Hong Kong). Se possibile recitando in inglese.

A tanti il percorso di Nate non sembra certo quello di un attore che può vantarsi di aver fatto una brillante carriera. La vera notorietà continua a poterla garantire soltanto Hollywood, ma per tanti aspiranti attori dell'Occidente il trampolino cinese, in tempi di crisi, è diventato utile. E non solo per potersi finalmente guadagnare l'indipendenza economica.

Le collaborazioni tra case di produzioni cinesi e americane negli ultimissimi anni si sono moltiplicate. Disney, DreamWorks e Relativity hanno ufficializzato le rispettive partnership con controparti cinesi. E appena un paio di settimane fa è stata resa pubblica l'acquisizione da parte della cinese Wanda della catena di sale cinematografiche americane AMC. Nelle peliccole made in China iniziano a comparire con una frequenza sempre maggiore "volti noti" come quelli di Christian Bale, Hugh Jackman e Kevin Spacey.  

La vera ambizione di attori come Nate Boyd, quindi, è quella di sfruttare a loro favore una notorietà già acquisita in un mercato giovane, inesperto, ma allo stesso tempo ambizioso e dalle enormi potenzialità di crescita come può essere quello cinese. Che impiega già oggi 600mila stranieri. Proponendosi come intermediari tra due mondi che sono oggi ancora molto lontani.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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