Ora Monti lancia l'Opa sul centrodestra
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Ora Monti lancia l'Opa sul centrodestra

Le richieste di silenziare Vendola e Fassina non sono uno sgarbo al Pd, ma un segnale all'elettorato berlusconiano: votatemi che sono l'unico candidato credibile del campo moderato e anticomunista

Monti si è trasformato in un politico muscolare. Il suo modello è il presidente americano Theodore Roosevelt, parente meno famoso di Franklin Delano Roosevelt, il cui motto era: “Parla a bassa voce, ma sempre avendo in mano un nodoso bastone”. Monti parla piano, sfrutta ancora “l’effetto loden” degli inizi quando tutti si beavano, si sbracciavano, si drogavano con la sua soavità a bassa voce, il suo anti-berlusconismo antropologico, la sua mania di esprimersi per litoti (tipo “una tonnellata non è leggera”) o per negazioni doppie del genere non si può non sapere e non potrei non dire.

Rassicurante, favorisce sia l’entusiasmo che il sonno, si presenta come un distillato di tranquillità, una benzodiazepina in grigio con cravatta azzurra come i suoi capelli imbalsamati nel balsamo ad uno ad uno.

Ma l’effetto, l’agire è muscolare: scopre che Renato Brunetta è basso (litote suggerita: “non può non considerarsi non troppo alto”) e invita Bersani a chiudere la bocca alla sua sinistra interna di Fassina e Vendola. Scatena il putiferio dopo la sua passata ad Uno Mattina il 3 gennaio e tutti parlano di lui, come prima facevano con Berlusconi. Del resto, ha rubato la scena a tutti per un anno presentandosi come il super partes, la riserva magnum della République, l’alieno venuto con la sua lucente astronave ad aiutare i primitivi della penisola Italia ad allacciarsi le scarpe, usare il filo dentario e imparare le buone maniere bancarie e amministrative.

Poi, come Clark Kent quando si chiude in una cabina telefonica e si infila la tuta da lavoro, anche Monti si è sfilato il loden e ha indossato gli abiti del politico consumato: i tempi, la scena, la retorica, i messaggi criptati e quelli in chiaro, sembra che non abbia fatto altro e del resto essendo molto intelligente è abituato a imparare alla svelta.

E allora ecco qui il prodotto nuovo lanciato sul mercato, insieme alla 500 di Marchionne montata in Messico e che spopola a Manhattan e fra gli intellettuali di Hollywood. Il Monti politico, tattico e stratega.

La gente si chiede, io mi chiedo, voi vi chiedete ed essi si chiedono, dove voglia andare a parare. Vuole davvero diventare come massima ambizione della vita lo sciamano di cespugli centristi che messi insieme e portati alla fiera non valgono più di una manciata di punti percentuali? Possibile che abbia ambizioni così ridotte? Come mai non ha presentato alla Camera una sua lista che lo presenti come l’aspirante premier, il prossimo capo del governo? Certo, si risponderà, è quasi impossibile che Monti vinca contro Bersani (e contro un insidiosissimo Berlusconi che sbriciola punti percentuali e sale la montagna mirando a quote stratosferiche) e tuttavia o si presenta come candidato successore di se stesso, oppure nulla ha senso.

Dunque ci par di capire, rileggendo controluce i fondi del caffè e le dichiarazioni anodine e soporifere, districando le collane di “non” e separandole dalle litoti che simulano l’attitudine alla modestia, l’odio per l’enfasi, il ribrezzo per il berlusconismo grondante enfasi e desiderio di piacere, che lui abbia in mente un programma lineare e ambiziosissimo: conquistare l’elettorato di centro destra ed esserne incoronato leader, senza passare per l’investitura berlusconiana, ma anzi rendendola indesiderata.

Ricordate? Berlusconi appena poche settimane fa gli aveva offerto il sacro Graal del proprio elettorato come se fosse un suo bene imperiale: tu, Monti, inginocchiati al mio cospetto e io dopo averti poggiato lo spadone sulla spalla, ti nominerò mio successore e allo stesso tempo mio tributario. Monti, con quel caratterino da freezer che si ritrova, fu lesto a rispondere al mittente l’offerta costringendo Berlusconi a riconoscerlo da un giorno all’altro come avversario mortale, altro che vassallo e king maker.

Dunque, l’attacco che Monti ha lanciato contro Bersani usando i falsi bersagli di Vendola e Fassina, aveva un solo scopo: presentarsi sulla scena politica come l’ultimo e unico nemico delle residue pulsioni comuniste, ora definite conservatrici ma che sono proprio quelle comuniste. E qui bisogna apprezzare un cambio di linguaggio molto scaltro: quando Berlusconi dice che lui combatte i comunisti, benché dica una cosa sensatissima, si espone al ridicolo: i comunisti non sono più di moda ed evocarli fa rétro, fa non hai capito in che mondo vivi, fa patetico. Dunque Monti non attacca “i comunisti” ma “i conservatori di sinistra”, cioè quelli che conservano i vecchi cliché comunisti, i vecchi pregiudizi comunisti, l’avversione comunista per il mondo moderno, per i ritmi di lavoro moderni, per la borghesia, per il capitalismo d’impresa e che restano abbarbicati con la Cigl e la Fiom a un mondo decrepito e incompatibile con quello in cui viviamo.

Risultato: Monti punta sul galeone dei voti berlusconiani ma eludendo la flotta berlusconiana, vuole il bottino dei voti anticomunisti ma senza pagare pedaggio. Vuole fare esattamente ciò che gli aveva proposto Berlusconi di fare, ma attaccando la sua Tortuga ed espugnando il castello in cui si rifugiavano i voti della destra italiana, variegata e variopinta, ma unita nel comune astio, avversione, paura, ribrezzo per il comunismo sotto qualsiasi forma si presenti.

Questa è la vera operazione politica di  Monti, se non prendiamo un granchio. Senza presentarsi come il nuovo capo della destra italiana, esserlo senza rivendicare etichette fuori moda. Lui chiama astutamente il suo programma “riformatore” esattamente come aveva fatto Berlusconi prima di lui e infatti oggi – paradossalmente – è la destra a volere profonde riforme istituzionali ed economiche, mentre la sinistra si attacca a Benigni che urla alla luna la sua passione un po’ licantropa per la Costituzione più bella del mondo, che sarebbe quella specie di pasticcio  postbellico da guerra fredda che è parte del problema e non della soluzione.

Che le cose stiano in questi termini lo conferma anche il proporzionato allarme che si è diffuso nelle file del PD, sia per alcuni smottamento verso Monti, sia e più ancora per il fatto che il primo ministro tecnico si sta preparando a una guerra di lunga durata e di lunga metamorfosi, il cui obiettivo è quello di impossessarsi dell’intero elettorato “riformista e moderno”, che è il nuovo modo oggi di presentarsi dell’anticomunismo. Verrebbe voglia di sussurrare a Berlusconi di stare attento, di  aggiornare anche lui la sua lingua, di non dire mai più “comunisti” ma soltanto conservatori: “Sono perseguitato da giudici conservatori” ha un’allure molto più chic che quella con cui accusa delle toghe banalmente “rosse”. Attenti dunque al tecnico che non è più en réserve, ma che sta dando la scalata alla montagna incantata del conservatorismo italiano per guidarlo allo scontro finale con il PD, questo compagno di viaggio occasionale e poi anche con il centro casiniano, che è soltanto un compagno di viaggio tattico “disponible”, usa e getta.

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Paolo Guzzanti