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La Russia delusa e le ragioni dell’accordo con la Cina sul gas

Amarezza nei confronti dell’atteggiamento europeo sulla crisi in Ucraina e nuove strategie geo-economiche all’origine della firma con Pechino

per Lookout News

A due giorni dalle elezioni presidenziali in Ucraina, mentre nell’Est proseguono le operazioni militari e si susseguono gli scontri tra l’una e l’altra parte (i secessionisti ieri hanno fatto 17 vittime tra i soldati di Kiev), il Cremlino tuona contro quelli che giudica i colpevoli di questa situazione di crisi, pur se afferma che non commenterà il voto se non dopo i risultati.

“Le operazioni per cambiare i governi di Stati sovrani e le 'rivoluzioni colorate' di diverse etichette orchestrate dall’estero, producono danni evidenti alla stabilità internazionale. I tentativi d’imporre ad altri popoli i propri disegni per riforme interne che non tengono conto delle caratteristiche nazionali, e la volontà di 'esportare la democrazia', impattano in maniera distruttiva sulle relazioni internazionali e moltiplicano il numero di focolai sulla mappa del mondo” ha detto Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, che sintetizza così i giorni che stanno sconvolgendo l’Ucraina.

È un vero e proprio j’accuse all’Europa e all’Occidente, il suo. Perché la crisi ucraina appare sempre più come “il risultato naturale dell’espansione occidentale della propria influenza verso est, a scapito degli interessi russi”. Una presa di posizione quella dell’Occidente che, secondo Lavrov, “rovina un’opportunità storica” per un continente che “ha portato a due catastrofi militari mondiali nel secolo scorso, e che oggi non sta dando esempio al mondo di uno sviluppo pacifico e un’ampia cooperazione". 

Secondo il titolare degli Esteri, insomma, l’Occidente avrebbe ignorato gli appelli della Russia per la cooperazione in Ucraina, Siria, Afghanistan e in molti altri Paesi e non avrebbe colto la sfida tesa a integrare l’Eurasia, ma starebbe piuttosto costringendo le nazioni storicamente vicine alla Russia a scegliere tra l'Oriente e l'Occidente. Una situazione definita “non casuale, piuttosto un risultato naturale degli sviluppi nell'ultimo quarto di secolo”

Una vera delusione per Mosca. Che ha però reagito immediatamente, ricordando a tutti che la Russia è una potenza mondiale e che, se vuole, è capace di voltare le spalle persino all’Europa, preferendo partner più affidabili. Come la Cina, ad esempio. 

- L’accordo Russia-Cina

L’accordo appena firmato con Pechino - 38 miliardi l’anno di metri cubici di gas per trent’anni e 80 miliardi di investimenti in infrastrutture, per un giro d’affari complessivo di 400 miliardi - non è uno scherzo. Certo, questo non sostituisce il mercato europeo, che resta strategico per gli interessi di Mosca, ma è quantomeno un segnale a Ovest. 

Il presidente russo ci ha girato intorno per lungo tempo, consapevole che, per portare a casa il risultato con Pechino, avrebbe dovuto avvicinarsi alla soglia minima sotto la quale il gigante degli idrocarburi ‘Gazprom’ non scende mai per vendere il suo gas: 12 dollari per piede cubo è il minimo per non creare precedenti al ribasso, e non a caso il prezzo finale resta “segreto commerciale”.

Ma, alla fine, Vladimir Putin ha vinto le resistenze ed è volato a Shanghai per apporre la sua firma su un documento senza precedenti. A far scorrere la penna sul foglio potrebbe anche esser stata proprio l’intima convinzione di cui ha parlato Lavrov, cioè che l’Europa si è schierata contro la Federazione Russa e che, pertanto, bisogna trovare alternative geostrategiche valide e stabili come e più della vecchia Europa. 

- La gaffe di Carlo d’Inghiliterra

A mettere il dito nella piaga sul disincanto di Mosca nei confronti europei, si è aggiunto anche lo scivolone di un eminente rappresentante del Vecchio Continente, per di più monarchico. Il principe Carlo d’Inghilterra, infatti, nel corso della sua visita in Canada, avrebbe paragonato le azioni del presidente russo in Ucraina “a quelle di Adolf Hitler durante la seconda guerra mondiale”. Una caduta di stile che ha fatto dire al portavoce di Putin che quelle parole “non sono degne di un erede al trono”.

Certo, un accordo come quello con la Cina non si stringe sull’onda emotiva e i denari che arriveranno nelle casse moscovite possono quanto e più della politica contingente. Ma resta il fatto che, senza turbolenze in Ucraina e senza l’ostilità manifesta dei leader europei, Germania compresa, una simile scelta non sarebbe arrivata così rapidamente.

In ciò deve aver pesato anche il parere del pragmatico ministro degli Esteri Sergei Lavrov, di cui sopra. Figura sempre più potente al Cremlino che, da buon giocatore di scacchi, si sta dimostrando un sempre più abile stratega e suggeritore influente, al punto che alcune analisi lo vogliono addirittura futuro presidente della Federazione Russa. Quel nome, Lavrov, che in russo significa “alloro”, potrebbe essere dunque di buon auspicio per uno Stato e un governo che sognano un ritorno ai fasti imperiali. Ma, tengono a ricordare i russi, da quelle parti non è l’alloro l’ornamento di cui si cingevano gli imperatori, bensì il basilico. Non così diffuso in Cina, ma molto amato qui in Europa, dove è sempre germogliato rigoglioso.

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Luciano Tirinnanzi