Il piano segreto di Putin per la Siria
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Il piano segreto di Putin per la Siria

Mentre i russi brindano aspettando Ginevra, c’è già un piano per far fuggire Assad e sostituirlo con un uomo forte dell’esercito

(Lookout News)

In Russia gli scacchi sono definiti “un'arte celata sotto forma di gioco” la cui cultura e culto affondano le radici nella storia di questo Paese. Lenin stesso raccontava di aver imparato a giocare a nove anni grazie al padre, che aveva intagliato per lui i pezzi di una modesta scacchiera. E già nel 1775 il russo Leontiev, segretario dell'ambasciata a Pechino, scriveva un primo importante trattato scacchistico.
Oggi, quell’eredità ha fatto scuola ed è ancora alla base delle strategie politiche di numerosi ambasciatori e ministri di Mosca, che vedono negli scacchi una metafora di tatticismo indispensabile per le scienze politiche, e ritengono che applicare una simile simbologia alla diplomazia internazionale non sia affatto un gioco ma un esercizio quasi filosofico, capace di produrre risultati anche sorprendenti.
Il successo diplomatico di Lavrov
Uno di questi risultati lo ha appena portato a casa Sergei Lavrov, potente ministro degli esteri di Vladimir Putin. Spiazzando completamente l’incauto Segretario di Stato americano John Kerry, Lavrov si è aggiudicato un punto importante, ribaltando il problema delle armi chimiche in Siria a tutto favore della pace. E, soprattutto, della Russia.
Lavrov segue il motto che fu di Alexandr Gorchakov (cancelliere russo dal 1798 al 1883), il quale sosteneva che le decisioni in politica estera “dovrebbero seguire due obiettivi: il primo è mantenere la Russia al di fuori da ogni tipo di complicazione esterna che possa distrarre i nostri sforzi dallo sviluppo interno, e il secondo è fare in modo che non avvenga alcun cambiamento in Europa”.
Ed è proprio seguendo quel motto che si è potuto incardinare il successo del presidente Vladimir Putin, che ora appare “solido e incrollabile come le mura del Cremlino”, come scrive la BBC, perché potrà dire almeno di aver fatto di tutto per trovare una soluzione pacifica in Siria. Ed è vero.
Accordo Putin-Obama?
C’è chi afferma che Obama e Putin abbiano deliberatamente “concordato” proprio questa exit strategy al G20. Perché essa comporterebbe vantaggi per tutti: Obama potrebbe evitare le forche caudine del Congresso, Putin non sarebbe umiliato dall’attacco unilaterale americano, Assad potrebbe restare al suo posto e l’ONU s’intitolerebbe il successo della pace.
Ma la partita è un po’ più complicata di così - non a caso il primo commento del New York Times sulla vicenda è stato: “È cominciata una grande partita a scacchi” - e anche se adesso i russi sono in vantaggio e gli americani in difficoltà, Putin sa bene che sulla partita siriana la Russia si gioca la propria credibilità internazionale e i futuri rapporti di forza con gli Stati Uniti.
Un braccio di ferro che, in una sorta di riedizione della Guerra Fredda, oppone le rispettive amministrazioni sin dal 2004: prima con la rivoluzione arancione dell’Ucraina, poi con il Kosovo, quindi con la Georgia e ora con la Siria. E, in mezzo, il rapporto di Putin con la Cuba di Castro e il Venezuela di Chavez. Nonché i casi di Ryan Fogle, l’agente CIA arrestato a Mosca (con tanto di video umiliante), e di Edward Snowden, la talpa fuggita a Mosca che ha consentito al Cremlino di entrare in possesso di informazioni sensibili per gli Stati Uniti.
Il piano segreto di Putin
Per questo, la nuova sfida è già improntata al futuro governo siriano. Vladimir Putin ha deciso di mandare Lavrov a Ginevra perché temporeggi con Kerry, e riesca a ottenere un accordo per mantenere Bashar Assad al potere fino al 2014, quando Mosca ha previsto che passi la mano a un governo di transizione militare. Non solo, c’è già il nome sul possibile successore di Assad: Ali Habib Mahmud, ovvero il ministro della difesa che ha defezionato e che è fuggito in Turchia (peraltro, grazie all’aiuto e al coordinamento della CIA, il che sarebbe uno smacco ancor più grande dei precedenti per gli americani).
Mahmud è stato un influente membro del gabinetto di Assad fino ad arrivare a dirigere il ministero della difesa, a partire dal 2009. A differenza degli altri generali che hanno disertato nelle ore più difficili per il governo di Damasco, però, Mahmud è alawita e quindi potrebbe tranquillamente tornare in Siria onorevolmente e comandare i soldati fedeli al regime (tutti alawiti), nel caso in cui cadesse Assad.
Nel piano segreto di Mosca, però, c’è dell’altro: se il regime collassa, per Bashar Assad e famiglia è previsto un piano preciso di esilio in Russia, organizzato in collaborazione con Mohamed Makhlouf, zio materno di Bashar Assad e padre dell’attuale vice direttore della sicurezza di Stato, Rami Makhlouf.
Mohamed Makhlouf è a Mosca e da una stanza d’albergo di un grattacielo d’epoca sovietica che guarda il fiume Moscova, gestisce già per conto del regime gli affari di famiglia. Assad ha predisposto da tempo dei bunker nella regione di Yaafour, al confine con il Libano e non lontano da Damasco, dove il presidente si è già recato in altre occasioni considerate a rischio. Da qui, la famiglia Assad raggiungerà poi Tartus via Libano in elicottero e sarà infine scortato in Russia a bordo della Minsk o della Novocherkassk.
La strada in salita
 
Vedremo se l’Amministrazione Obama, per non perdere definitivamente la partita diplomatica con la Russia, cederà a questa soluzione in quel di Ginevra. Certo, lo spessore dei ministri degli esteri che s’incontreranno in Svizzera, Lavrov e Kerry, fa propendere per un’ennesima sconfitta diplomatica per gli USA. Così Obama avrà ancora meno elementi per mantenere la propria credibilità di fronte ai propri elettori, ai propri alleati e al proprio Congresso che, in un modo o nell’altro, un voto prima o poi lo dovrà esprimere. Senza contare che la guerra in Siria, casomai qualcuno lo avesse dimenticato, continua. Scacco matto?

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Luciano Tirinnanzi