Nigeria: perché è difficile liberare le studentesse rapite
News

Nigeria: perché è difficile liberare le studentesse rapite

Il nuovo video-ricatto degli islamisti di Boko Haram e la difficoltà di salvare le ragazze sequestrate - Il video  - #BringBackOurGirls

 Per Lookout news

Nascoste probabilmente nella Foresta di Sambisa, un’area di ben 60mila chilometri quadrati nel nordest della Nigeria, le oltre 200 studentesse nigeriane rapite dal gruppo terroristico Boko Haram il 14 aprile scorso, “si sono convertite all’Islam”. Lo ha appena annunciato, in un filmato di questa mattina diffuso su Youtube, il leader del gruppo Abubakar Shekau, il quale sproloquia per 17 minuti chiedendo come riscatto il rilascio di tutti i detenuti di Boko Haram nelle carceri nigeriane.

 

Questo è forse il più importante colpo (almeno mediaticamente) dei terroristi islamici che da anni infestano la Nigeria con le loro scorribande e che, grazie alle loro minacce e alla crudeltà delle azioni, sono arrivati fino a ottenere l’attenzione del mondo su di sé, se persino Michelle Obama occupa lo spazio televisivo del marito nel sabato sera, per lanciare l’appello “Bring Back Our Girls” .

 

Un fatto che presto si rivolterà contro i terroristi stessi, ma che al momento garantisce loro la credibilità e la completa attenzione del governo nigeriano, tale per cui il presidente Goodluck Jonathan dovrà forse scendere a patti, se vuole evitare che nel suo Paese arrivino corpi speciali e i soldati di uno o più Paesi occidentali. Ma chi sono Boko Haram e il suo crudele leader?

 

Le origini
Il nome ufficiale del gruppo terroristico è “Jama’atu Ahlis Lidda’awati Sunna wal-Jihad”, che in arabo significa “persone impegnate nella diffusione degli insegnamenti del Profeta e del Jihad”, e nasce con l’obiettivo di istituire la Sharia in Nigeria. Successivamente, il nome è stato poi abbreviato in Boko Haram, che si può tradurre con “l’educazione occidentale è peccato”.

 

È evidente, pertanto, la totale ostilità dei suoi militanti verso tutto ciò che richiama valori non musulmani, religione cristiana in primis. Non a caso gli obiettivi preferiti sono gli occidentali e i loro luoghi di cultura, come appunto scuole, collegi e università. Luoghi impuri, secondo Boko Haram, perché l’unica istruzione possibile è la memorizzazione del Corano.

 

Ai suoi albori negli anni Novanta, il gruppo appare impegnato solamente negli studi religiosi. Ben presto, però, l’arretratezza delle condizioni socio-culturali della Nigeria ne cambia progressivamente aspetto e missione. Boko Haram, infatti, diviene espressione di un Paese drammaticamente diviso tra il meridione ricco di petrolio, e il settentrione povero, sottosviluppato e malgovernato da politici corrotti.

 È in questo contesto che prende piede la credenza, diffusa e abilmente sfruttata dai guerriglieri, che tutti i guai della Nigeria - compresa l’elevata corruzione della classe politica – dipendano essenzialmente dall’influenza negativa dei valori occidentali cristiani, considerati appunto “fonte di peccato”.

 

La leadership di Boko Haram
Nel 2002 la guida di Boko Haram viene assunta da Mohammed Yusuf e i primi guerriglieri islamisti - stanziati in accampamenti nella giungla del nord est della Nigeria - passano alla fase armata e iniziano a compiere sporadici attacchi, con machete e fucili, contro basi isolate delle forze di polizia o villaggi di contadini, per razziare cibo e punire le estorsioni ai danni dei militanti stessi.

Il 26 luglio 2009 il gruppo lancia una massiccia offensiva contro le forze di polizia negli stati settentrionali del Paese: cinque giorni di scontri provocano la morte di circa 700 insorti e la cattura del loro leader Yusuf, che viene giustiziato sul posto. È quella che la storia ricorderà come la Battaglia di Maiduguri, dove la pesante sconfitta subita da Boko Haram, costringerà da quel momento il gruppo a un cambio di leadership e di strategia.

Il nuovo capo diventa il teologo e braccio destro di Yusuf, Abubakar Shekau, ritenuto assai più sanguinario del precedente comandante. Con la sua leadership, infatti, si passa dagli assalti contro la polizia a veri e propri attacchi terroristici: dagli attentati dinamitardi e attacchi suicidi con autobombe contro sedi governative, tra cui alla sede ONU della capitale Abuja nel 2011 e nel 2014, fino agli assalti contro scuole, chiese e cristiani in generale, ritenuti rappresentanti del sud “ricco e corrotto”.

 

Da Al Qaeda all’economia del terrorismo
 Shekau si dichiara seguace del leader di Al Qaeda, Ayman al- Zawahiri, subentrato a Osama Bin Laden al vertice dell’organizzazione terroristica internazionale. Ma Boko Haram può legarsi solo ideologicamente ad Al Qaeda, anche per il fatto stesso che l’organizzazione creata da Osama non è più la stessa e ha perso molte delle caratteristiche originali, prima tra tutte la struttura centralizzata e verticistica, che oggi non esiste più. Piuttosto, sono alcune tecniche di lotta a consentire un parallelo con Al Qaeda.

In conclusione, il vero problema dell’eradicazione impossibile del terrorismo africano oggi sta proprio nella frammentazione in gruppi e sottogruppi di terroristi e predoni, difficili da riconoscere e da intercettare, che garantisce loro una prosperosa “economia del terrorismo” dietro il paravento della jihad islamica.

I più letti

avatar-icon

Luciano Tirinnanzi