Marò: ecco perché sono tornati in India
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Marò: ecco perché sono tornati in India

I retroscena di una vicenda in cui l'unica vincitrice è Sonia Gandhi

Perché Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono tornati in India? Per permettere al Partito del Congresso di vincere le elezioni del 2014.

La strategia italiana relativa al caso Enrica Lexie è stata studiata a tavolino per permettere all'attuale maggioranza di mantenere il controllo dell'esecutivo anche nella prossima legislatura? Assolutamente no. Perché la verità è che l'Italia ha perso una partita in cui è stata coinvolta contro la sua volontà.

Il Governo Monti non è uscito a testa alta dal caso Latorre-Girone (anche se, sarebbe bene sottolinearlo, l'avvilente caso giudiziario che ha coinvolto i due fanti di Marina italiani non ha ancora raggiunto il suo epilogo e, visti i precedenti, chissà cosa potrebbe succedere ora!). Anzi, Roma ha commesso moltissimi errori di valutazione, e la sorpresa e la frustrazione legate al ritorno dei due fucilieri in India è più che comprensibile. Tuttavia, non è possibile accusare l'Italia di essere l'unica responsabile di quello che è successo, perché se il caso Latorre-Girone si è evoluto in questo modo la colpa è soprattutto dell'India. Il paese che da ieri sera celebra con tutta l'enfasi possibile il suo trionfo diplomatico.

Gli errori dell'Italia sono stati tre: l'essersi convinta che l'India fosse una democrazia matura con cui sarebbe stato possibile confrontarsi, l'aver preso una serie di decisioni in maniera precipitosa e poco ponderata, probabilmente spinta dal desiderio di ottenere in fretta un risultato importante da spendere in campagna elettorale, e l'aver sottovalutato il peso degli scheletri (italiani) che Sonia Gandhi ha accumulato negli anni nell'armadio di famiglia della dinastia più potente del Subcontinente.

Eppure, per quanto sia più che legittimo accusare Roma di non aver gestito la situazione nel migliore dei modi, e comprensibile la rabbia innescata dalla consapevolezza che Latorre e Girone sono già rientrati in India dove attenderanno che sia la giurisdizione locale a valutare la legittimità del loro coinvolgimento nella sparatoria del 15 febbraio 2012 in cui persero la vita due pescatori indiani, non si può perdere di vista uno degli elementi chiave di questa vicenda. Ovvero che è stata l'India a sbagliare di più, non l'Italia. E a riconoscerlo non sono soltanto gli esperti giuridici italiani, danesi e statunitensi, ma anche quelli indiani: un editoriale pubblicato da The Hindu un paio di giorni fa sosteneva in maniera logica e chiara i motivi dell'illegittimità della cancellazione dell'immunità dell'Ambasciatore Mancini. E sono sempre più numerosi i quotidiani e le riviste che evidenziano come l'inadeguatezza del governo di Manmohan Singh. Che per l'ennesima volta avrebbe dimostrato di essere in grado di farsi rispettare solo sfruttando minacce e inganni, non rispettando le consuetudini che regolano le relazioni tra (vere) grandi potenze.

Ripercorrendo le tappe principali di questa triste controversia, non si può non ricordare che è stata l'India ad arrestare i due fanti tendendo loro una trappola e a ingarbugliare successivamente le prove per farli risultare colpevoli. Ed è stata New Delhi a interrompere il processo usando come scusa la necessità di creare un Tribinale Speciale per risolvere la controversia...rimandando settimana dopo settimana la sua istituzione.

L'italia avrà anche commesso enormi errori di valutazione, ma non è mai venuta meno agli accordi presi. Se non nel momento in cui ha deciso di trattenere i due fanti oltre il periodo stabilito. Una scelta (troppo) impulsiva e indubbiamente influenzata dalla lentezza esasperante con cui New Delhi ha gestito il caso, ma anche una scelta rischiosa presa nel momento sbagliato. Sottovalutando i problemi di ordine interno (corruzione, crisi economica, scandali, aumento della povertà, disagio sociale) che da mesi mettono in difficoltà il Partito del Congresso, che ha già perso migliaia di consensi.

La vicenda dei fucilieri italiani è stata strumentalizzata a dovere per ottenere un unico risultato: dimostrare che l'India è una grande potenza, e che l'India di Sonia Gandhi e dei suoi figli non ha e non ha mai avuto una special relationship con Roma (e il caso Quattrocchi ? E il problema Agusta Westland ?) ma, al contrario, si è spesa per salvaguardare gli interessi del suo paese cercando di riguadagnare così quel prestigio e quella fiducia che nella campagna elettoale che precederà le elezioni del 2014 potrebbero risultare determinanti. E a nessuno importa che l'abbia fatto con l'inganno. O che abbia fatto finta di niente laddove era più conveniente per New Delhi...

E Massimiliano Latorre e Salvatore Girone? I due fanti, purtroppo, sono solo le vittime di un gioco più grande di loro, di cui, apparentemente, neppure il governo italiano è ruscito a capirne per tempo le regole. Forse anche perché in realtà queste regole non sono mai state definite. E così dopo averle rispettate per mesi senza ottenere nessun risultato Roma ha provato a fare la voce grossa. Ma anche così non ha ottenuto molto. Se non l'assicurazione che i due militari non verranno condannati a morte. Ma chissà se e come si sarebbe chiusa questa vicenda se Latorre e Girone non fossero mai sbarcati dall'Enrica Lexie, o, ancora peggio, se il governo del regno delle tangenti non si fosse indignato alla notizia che potrebbero essere state versati abbondanti "compensi" per facilitare la chiusura di un accordo per la vendita di 12 costosissimi elicotteri italiani...

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Maria Torre