Mario Capanna. Formidabili questi miei primi 68 anni
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Mario Capanna. Formidabili questi miei primi 68 anni

Intervista al leader storico del Sessantotto che, abbandonata la vita politica attiva, si è ritirato in Umbria a produrre miele, marmellate e olio. E non rinnega nulla del suo passato né dei suoi ricchi vitalizi.

10 gennaio 2013, e il leader del Sessantotto compie 68 anni. Auguri.
Grazie.

Si sente un po’ vecchio?
Imparo sempre. Non guardo indietro. Finché si impara ci si sente giovani.

E vivendo in campagna ancora più giovani.
Ho lasciato Milano da 8 anni per Vocabolo Colle, frazione di Badia di Petroia, Città di Castello, Perugia.

Formidabile quella terra. La coltiva?
Tutti i giorni.

Cincinnato tra vasetti di miele e di salsa.
E libri di genetica. Che ha in sé il fascino della frontiera, è l’incrocio di ogni sapere: economia, finanza, filosofia, etica. Ma anche tra bottiglioni d’olio, due ettari, 160 piante. Sono coltivatore diretto, sa?

Invidiabile.
A febbraio concluderò il dibattito su scienza e società, durato un anno intero.

Il modo nuovo di fare la rivoluzione di un Cincinnato per modo di dire.
Viaggio, incontro menti eccelse, vado spesso a Roma, dopo tre giorni la nostalgia si fa troppo forte e torno alla mia terra.

Dove si abbandona al marketing.
Prego?

Ogni decennale, da trent’anni, lei scrive un bel libro sul ’68. Uno nell’88, un altro nel ’98, poi nel 2008. Ha un modo tutto suo di non guardarsi indietro.
Mi volto indietro solo per guardare avanti.

E come no? Mica si può guardare indietro per restare indietro.
È giusto, ogni dieci anni. La Rivoluzione francese ha quasi 250 anni e tuttora se ne scrive. Quella del ’68 merita qualche riflessione ulteriore.

Tocca parafrasare Montanelli su Togliatti: «Qui riposa Mario Capanna, impiegato modello di rivoluzioni parastatali».
Non capisco.

Niente, era una volgare battuta concessa a questi tempi di populismo.
Cioè?

Lasciamo perdere.
No, no, dica.

Sono 21 anni che lei gode di due vitalizi, uno di 5 mila euro al mese dalla Regione Lombardia e uno di 4.275 dalla Camera dei Deputati.
Regolarissimi.

Nessuno lo nega.
E nessuno aggiunge che avrei diritto a un terzo vitalizio.

Pure?
Dal Parlamento europeo. Rinunciai a quei contributi, caso unico, per finanziare Democrazia proletaria.

Gesto meritorio. Se ne potrebbe concludere: voleva cambiare il mondo, ha cambiato la sua situazione previdenziale.
Sciocchezze. E non si aggiunge nemmeno che presto gratuitamente il mio lavoro come presidente della Fondazione dei diritti genetici.

È un’organizzazione privata. Non pretenderà che le paghiamo lo stipendio con soldi pubblici?
Dovrebbe essere un dovere pubblico averla fondata.

Ma è privata.
E rende un servizio prezioso di pubblica utilità.

Prezioso secondo gli orientamenti suoi e dei suoi collaboratori scientifici, contestati apertamente dall’Associazione nazionale biotecnologi italiani e dalla Società di genetica agraria.
C’è molta invidia in giro.

A proposito, che fine ha fatto il finanziamento pubblico di 20 milioni di euro alla Fondazione?
C’è una previsione di investimento, spalmata su 5 anni, per un progetto sperimentale di coltivazioni ogmfree. È un bando pubblico, sa? L’abbiamo vinto, sa? Nulla di meno che trasparente.

Ogni tanto Capanna se ne esce a distribuire patenti di moralità. Quest’uomo è un esempio di coerenza, quell’altro uno spregevole voltagabbana. Le hanno mai detto che cambiare opinione, oltreché intelligente, può essere talora il sale della vita?
A lei hanno mai detto che passare da militante del ’68, o da dirigente della sinistra, a tappetino di Berlusconi, è la rappresentazione di un percorso ignobile?

Quello è un tappetino di…: ma come si permette? La cultura stalinista che lei conobbe così bene sembra dura a morire.
Giudizi politici, i miei, non morali.

Non si direbbe.
Nella vita è importante mantenere la rotta.

Anche se si finisce sugli scogli. Prendo atto. Lei rifarebbe tutto?
Il grande Louis Malle diceva: «Ci vorrebbe un ’68 ogni quattro anni. Sarebbe una catarsi migliore delle Olimpiadi».

Ogni quattro anni? Oh, madonnina mia.
Lo sottoscrivo.

Non è mai diventato anticomunista?
Mai.

Sempre filopalestinese come allora?
Quando hai due fratelli e vedi l’uno che opprime l’altro, non puoi non stare con l’oppresso.

Mi dica che è una balla quel documento di 70 pagine scritto per convincere la sua ragazza di allora che i rapporti sessuali prematrimoniali non entravano in contraddizione con le teorie di Sant’Agostino.
Lo rivendico con orgoglio, invece.

Una noia mortale.
Un divertimento assoluto.

Fa ancora interventi in latino?
Non ne ho occasione, però…

Però?
C’è un giapponese che ultimamente mi scrive in latino.

Splendido. E immagine conclusiva di codesta intervista: l’ultimo giapponese ancora nella foresta sollecita l’ultimo giapponese di origine italiana a uscire finalmente dalla sua. E lo fa in latino. Perfetto.

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Andrea Marcenaro