Quei brani di Orwell censurati da Grillo
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Quei brani di Orwell censurati da Grillo

Il ritratto di Goldstein in "1984" ricorda da vicino le contraddizioni del capo-comico di 5 Stelle

Povero George Orwell. Neanche lui, con il suo genio visionario e la sua capacità di descrivere il futuro della società assoggettata al Grande Fratello in potenti romanzi allegorici, avrebbe potuto prevedere l’abuso ridicolo e banale che fa Beppe Grillo di alcune fra le pagine più suggestive di “1984”, trasposte anche in un film, ossia i Due Minuti d’Odio contro il Nemico del popolo Emmanuel Goldstein (il traditore del Partito, l’unico ribelle, figura ispirata a Lev Trotsky che nei Soviet era nato e dai quali si era allontanato come il più temibile dei dissidenti interni, solo per finire col cranio sfondato da una piccozza).

Grillo nel suo blog parla del rito quotidiano dell’Odio “da parte di aizzatori di professione nei miei confronti” e nei confronti del Movimento 5 Stelle, un rito che “sta diventando fragoroso, insopportabile, indecente”. E che avrebbe come scopo quello di “creare mostri da abbattere” per mantenere lo status quo, e come possibile effetto (voluto) l’eliminazione fisica. “Cosa verrà dopo? Dal tiro al bersaglio metaforico, si passerà a quello reale? L’informazione sta sconfinando in molti casi in istigazione a delinquere come avvenne negli anni di piombo. Li diffami, li isoli e poi qualcuno li elimina. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere”.  

Preoccupa l’escalation di megalomania banalizzante ed egocentrica del comico, la citazione ignorante tagliata su se stesso, il monologo delirante postato nella Rete. Grillo non cita però i passi di Orwell più facilmente riconducibili a lui. Per esempio, la descrizione della “faccia da pecora” di Goldstein/Grillo che “stava sferrando il suo solito velenoso attacco così manifestamente esagerato e perverso che avrebbe potuto accorgersene un bambino, eppure abbastanza plausibile da permettere l’allarmante sospetto che qualcun altro, di un’intelligenza inferiore, ne potesse esser turlupinato”. E ancora:  “Era davvero strano che sebbene Goldstein fosse disprezzato e odiato da tutti, sebbene ogni giorno, migliaia di volte al giorno, dal podio, dal teleschermo, dai giornali, dai libri, le sue teorie fossero refutate, schiacciate, volte in ridicolo, e ad ogni modo esposte pubblicamente per quelle pietose stupidaggini che erano, nonostante tutto ciò, la sua influenza non sembrava che stesse per nulla decrescendo. C’era sempre un qualche ingenuo fresco fresco che aspettava di farsi sedurre da lui”.

E quando ormai l’Odio raggiunse l’apice, la voce di Goldstein/Grillo diventò “un vero e proprio belato da pecora, e per un istante la sua faccia si trasformò, appunto, in quella d’una pecora”. Poi in quella di un soldato che dal megaschermo, davanti agli spettatori che gli urlavano contro, faceva crepitare la mitragliatrice. Ma allora, “con un gran respiro di sollievo da parte del pubblico, la figura ostile si tramutò ancora in quella dello stesso Grande Fratello, coi suoi capelli neri, coi suoi baffi neri, spirante somma potenza e misteriosa calma”. E quando la faccia del Grande Fratello si dissolse, apparvero a lettere cubitali gli slogan del Partito, in particolare quello più tristemente emblematico: “L’ignoranza è forza”.

Il comico-capo dei 5 Stelle che bela e tuona, è uno dei volti del Potere. È tragicamente funzionale a un sistema in decadenza, caotico. Orwell era un vero anarchico, dissidente verso lo stesso movimento anarchico nelle cui file aveva combattuto nella Guerra di Spagna. Grillo è un cabarettista che va di moda, un comico da lauti cachet, un manipolatore in pensione, un milionario in pantofole che utilizza la Rete come strumento di propaganda politica, la cui ambizione è quella di entrare in Parlamento (forse non lui personalmente, ma i suoi fan). Ma davvero Grillo pensa di essere, per dirla con Orwell, “l’unico custode di verità e di senno in un mondo di bugie”?

In una cosa il leader del M5S ha sicuramente ragione. È una vittima, però finta. Una maschera. Affetto da quello che Orwell definisce “bispensiero”: la capacità di sostenere un’idea e il suo opposto. Come spiegare altrimenti la contraddizione di denunciare la denigrazione assassina, il complotto di media e politici per farlo uccidere, e la sua personale campagna a base di insulti e minacce (Berlusconi “psiconano”, Bersani “zombie”, Napolitano “salma”, Ferrara “contenitore di m… liquida”) con appelli ai processi in piazza e alle Norimberga (finite con le impiccagioni) e l’apocalittico “vi seppelliremo vivi”? Dopo tutto, fa impressione che Grillo-Goldstein si presenti come il paladino di un nuovo fair play politico e di quanti finora non hanno avuto né cattedre, né seggi, né cachet. Le sue sparate ricordano le “chiamate alle armi” di Bossi versione anni ruggenti, ma sanno più di vecchio.

L’orizzonte mentale di Grillo è lontano anni luce dai giovani e dal futuro. Pensateci: Norimberga, la Guerra Fredda, gli Anni di Piombo… Chincaglierie di un comico triste e livoroso.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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