Ma quale eroismo a Siracusa?
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Ma quale eroismo a Siracusa?

La catena umana di Siracusa è solo un gesto di civiltà. Gli atti di eroismo solo altri e passano sotto silenzio

A chi si complimentava con lui per l’eroismo dimostrato nella Seconda guerra mondiale con il ferimento in un’azione di guerra, John Kennedy replicava: “È stato assolutamente involontario: hanno affondato la mia nave”.

Ora, anche se generosa e volontaria, mi rifiuto di considerare eroica la catena di bagnanti che nel mare di Morghella di Pachino nel Siracusano, al fianco degli uomini della Protezione civile e della Guardia costiera, ha tratto in salvo da un barcone arenato a pochi metri da riva 160 migranti per oltre un terzo bambini.

Giusto che il presidente Napolitano sottolinei che “coloro che si sono spinti in mare” hanno dimostrato come “prevalga negli italiani un senso di umanità e solidarietà più forte di ogni pregiudizio” . Ma, francamente, di più non si può dire. L’eroismo è un altro.

Siamo così abituati all’indifferenza, così tante volte abbiamo letto, saputo di increduli omissioni di soccorso, che alla fine risulta eroica perfino la normalità.

C’è una spiaggia, e a pochi metri uno scafo con a bordo decine e decine di sventurati provati da un viaggio massacrante. E ci sono un po’ di bagnanti che se ne stavano là a prendere il sole. Sulla barca ci sono donne incinte, bambini, uomini stremati. Che fai? Resti a guardare? Non scendi in acqua? È pure agosto. Fa caldo. Non c’è pericolo. E i bambini da “salvare” stanno là di fronte a te. Che fai? Non ti muovi perché sono stranieri? Perché sono neri come sono stati descritti in alcuni giornali? (Ovviamente non lo erano, a quanto pare, ecco dove sta il pregiudizio, venivano dalla Siria attraverso la Turchia).

I media hanno fatto a gara a descrivere la notizia positiva (che fa notizia in quanto positiva). Si sono innescate reazioni al comunicato del Quirinale. Ha fatto bene, dice la Prestigiacomo (siciliana, Pdl). Il leghista Matteo Salvini invece attacca sfidando Napolitano a mantenere lui tutti quei migranti, a promuovere una catena umana per gli italiani in difficoltà.

Adesso qualcuno scopre che gli italiani sanno essere solidali, dopo che per anni e, anzi, decenni si è detto, scritto, denunciato a ogni livello (in primis Laura Boldrini, presidente della Camera, quando lavorava per l’Onu e per l’Alto Commissariato per i rifugiati) che le politiche dell’immigrazione in Italia erano indecenti.

Quando si riconoscerà finalmente il lavoro non di uno sparuto gruppo di bagnanti (che se non fossero intervenuti sarebbero stati additati come l’emblema di un’Italia non più di “brava gente” ma di cinici indifferenti), bensì della Marina militare, della guardia costiera e della Guardia di Finanza, e poi dei carabinieri, che ogni giorno si trovano in prima linea non solo a tutela dei confini italiani, ma pronti anzitutto al soccorso in mare e a terra? Ricordo che anni fa, per un programma Tv di Mediaset, m’impegnai a recuperare video di azioni in mare della nostra Marina per scongiurare il naufragio dei barconi.

Salvataggi eroici. Vidi scene che andavano ben oltre il dovere di soccorrere le navi in pericolo. Vidi nel mezzo della burrasca un’abnegazione, una professionalità, una generosità, uno sprezzo del pericolo che altro che la pur encomiabile reazione dei bagnanti di Pachino, Siracusa, portati oggi a esempio di eroismo italico.

Forse, noi italiani abbiamo bisogno di ritrovare la misura dei nostri gesti. Distinguere l’eroismo dalla normalità. E, naturalmente, continuare a non voltare lo sguardo dall’altra parte.
 

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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