Perugia, una città che assomiglia tanto a Gotham city
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Perugia, una città che assomiglia tanto a Gotham city

Droga, violenza, criminalità diffusa: così la città umbra si è trasformata in una delle più pericolose città d'Italia

 

Le urla, i colpi, il rumore d’una bottiglia che si spezza. Un’anziana signora s’affaccia dalla finestra della palazzina che dà sul vicolo: a terra c’è un uomo con la testa rotta, riverso sul suo sangue che si allarga sul selciato. Sono le 2 del mattino d’un venerdì d’ordinaria violenza a Perugia. La scena del pestaggio tra spacciatori è via della Spina, una via semicentrale che taglia corso Garibaldi, a due passi dall’università. Ma potrebbe essere una qualunque strada della città.

Perché Perugia è una città violenta, una delle più pericolose d’Italia secondo i dati del ministero degli Interni: criminalità, droga e degrado le hanno strappato la serenità di cui aveva goduto fino a una quindicina d’anni fa. Quando uno come Maurizio Marchei, calciatore del Perugia nei primi Settanta e oggi tabaccaio noto in città, pensava che solo al telegiornale o nei film potesse accadere quello che invece è capitato a lui la sera dello scorso 21 gennaio: due maghrebini entrano nel suo negozio all’ora della chiusura, gli fanno aprire la cassa con la minaccia d’un coltello e poi, dopo averlo rapinato, lo picchiano con crudeltà, lasciandolo a terra sanguinante.

Una metamorfosi così repentina e profonda, quella di Perugia, da essere quasi un caso da manuale, senza confronti in altre città italiane. Il sociologo americano Robert Putnam, negli anni Novanta, aveva addirittura presentato il capoluogo umbro tra le città-modello di buon governo municipale nel suo Making democracy work: civic traditions in modern Italy; la città ideale dove vivere e studiare. Quel modello e quella città oggi non esistono più.

Certo, l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto nel 2007 e il cui processo d’appello si è appena chiuso il 30 gennaio con pesanti condanne per i due presunti assassini, è il crinale simbolico tra la Perugia d’una volta e quella di oggi. Ma il declino della città parte da più lontano. Inizia a metà degli anni Novanta, quando il degrado iniziato dalle periferie con l’insediamento delle avanguardie di cartelli criminali stranieri s’è arrampicato fino al centro storico. Un centro oggi deserto, spettrale: pochi gli studenti a spasso; corso Vannucci desolatamente vuoto; le saracinesche di negozi e caffè storici come la pasticceria Sandri e il Caffè Medioevo (un tempo polmoni sociali e culturali della città) abbassate; vicoli come via dei Priori o via delle Cantine presidiati dalle sentinelle dello spaccio; le volte etrusche e le mura medievali a fare da muti spettatori a un pullulare di kebabbari là dove prima c’erano negozi artigiani e alimentari.

Da città degli studenti, in una manciata d’anni Perugia s’è trasformata in un crocevia per la criminalità internazionale che qui ha radicato bande organizzate che si contendono l’egemonia del territorio. Una guerra della droga in piena regola, cui partecipano le gang sudamericane equadoregne e dominicane, ma che vede soprattutto contrapporsi le mafie nigeriane e albanesi (le prime controllano il traffico di cocaina, le seconde quello dell’eroina) che organizzano lo spaccio e la manodopera di piazza, prevalentemente composta da tunisini. I quali hanno suddiviso e ribattezzato il territorio di Perugia con i nomi dei quartieri di Tunisi da cui provengono.

Perugia ha il record nazionale di morti per droga: 36 ogni anno. I decessi per overdose sono pari a un terzo del totale italiano; il tasso di utenza ai Sert, i servizi contro le tossicodipendenze, è più alto della media nazionale. Una farmacia del centro, per dire, ha venduto l’anno scorso 25 mila siringhe; il sistema sanitario ha certificato 850 buchi al giorno in città. Perugia è anche la capitale italiana del consumo di eroina, in base alle certificazioni dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano e del dipartimento per le politiche antidroga della presidenza del Consiglio. Ma è la stessa commissione tossicodipendenze del consiglio regionale a parlare di «consumo di droga generalizzato» e di «squilibrio militare nel controllo del territorio».

È una situazione fuori controllo, che ha ricadute pesanti sull’economia della città. Un esempio per tutti: la crisi immobiliare ha colpito Perugia come ogni altra città italiana, qui si registra una flessione media del valore degli immobili del 10 per cento, in linea con la media nazionale. Ma ci sono quartieri un tempo residenziali e signorili, come Fontivegge e la Pallotta, che hanno visto crollare di oltre il 30 per cento (dati elaborati dalla Fimaa, l’associazione degli agenti immobiliari legata a Confcommercio) il valore delle case per motivi legati al degrado e all’insicurezza del territorio. Nella zona di Fontivegge, alla stazione, accoltellamenti e risse sono all’ordine del giorno. L’ultimo episodio risale a metà gennaio, nella piazza del Bacio, dove s’affacciano gli uffici amministrativi della Regione: una rissa finita con feriti da armi da taglio e contusi. Solo un episodio, in una guerra quotidiana per bande che si affrontano anche a colpi di mannaia. Ora è poi iniziato un altro fenomeno: l’occupazione abusiva delle case sfitte. Per questo reato sono stati arrestati a metà gennaio tre tunisini, che avevano trasformato l’appartamento nel quale abitavano in un covo per lo spaccio.

Poco lontano e a distanza di poche ore, in via Sicilia, la zona più martoriata del quartiere, l’ennesimo regolamento di conti tra spacciatori che ha lasciato a terra un tunisino 34enne pestato per il controllo del territorio. Stesse scene si ripetono con regolarità in via della Pallotta. L’ultima a fine gennaio: una rissa a colpi di bottiglia tra tunisini che si è conclusa con un’aggressione alle forze dell’ordine. Uno stillicidio che ha fatto di Perugia, secondo i dati del ministero degli Interni, una tra le 50 città più pericolose d’Italia: 226 scippi e rapine, 411 furti in appartamento, quasi 12 estorsioni ogni 100 mila abitanti.

Ma un dato per tutti definisce l’escalation criminale della città: dal 2008 al 2013 i delitti sono saliti dell’89 per cento. Un trend confermato dai dati forniti dalla polizia nel bilancio sulla sicurezza del 2013: a Perugia le forze dell’ordine operano un arresto e un’espulsione al giorno. Il boom di denunce, 5 ogni 24 ore, riguarda scippi, borseggi, aggressioni e rapine. È così che la città ideale sprofonda nella classifica delle città più tranquille d’Italia: al posto numero 74 su 107. E non si tratta solo di microcriminalità. I sette tunisini arrestati a fine anno facevano parte di una banda che aveva esteso il traffico di stupefacenti fino a Napoli, in partnership con la camorra. Gli albanesi arrestati poche settimane prima avevano aperto un «corridoio» con la Spagna, mentre la criminalità nigeriana usa i suoi corrieri interagendo con Colombia e Venezuela.

L’amministrazione comunale reagisce come può: dalla moltiplicazione delle telecamere, all’impiego straordinario della polizia municipale passando per il rimpatrio forzato di clandestini accusati di spaccio che vengono imbarcati all’aeroporto di sant’Egidio verso il Cie di Taranto in vista dell’espulsione. Ma si tratta di misure tampone.

«Mancano le risorse» si difende il Comune, manca anche una strategia di prevenzione, rilevano le associazioni di categoria, come la salvaguardia del centro storico, una politica per arginarne l’esodo inarrestabile dei perugini. Fino a trent’anni fa in centro abitavano più di 30 mila perugini ora se ne contano meno di 6 mila.

«Perugia muore» è stato il grido d’allarme con cui un imprenditore, Giordano Mangano, ha riunito qualche mese fa 600 persone in piazza Grimana, sotto l’arco etrusco: «Quindici  anni fa vedevo uno o due spacciatori in giro, il resto era la città degli studenti, vissuta in tutte le ore. Adesso è una città morta, vedi solo zombie, ombre». A proposito di studenti, in dieci anni l’ateneo perugino ne ha persi quasi 10 mila. Colpa della crisi economica sicuramente ma non solo: Perugia non esercita più l’attrazione di una volta, l’ateneo e la città hanno perso prestigio.

Eppure Perugia ha risorse potenziali notevoli: conserva punte d’eccellenza nella sanità, vanta istituti prestigiosi come una scuola di alta formazione della Banca d’Italia, la scuola di lingue estere dell’esercito, fondazioni importanti, un’accademia di Belle arti tra le più antiche del Paese. Possibile non riesca a scuotersi, tornare alla sua antica tradizione?

Il fatto è che la città non ha mai conosciuto un’alternanza di governo. Ernesto Galli della Loggia, che ha insegnato a lungo in città, parla di un vero e proprio regime: «Il problema» dice a Panorama «è che non esistono contropoteri che generino una vera competizione politica. Il potere è in mano a cacicchi locali che si sono distinti per mancanza di visione, di cultura politica e capacità di governare i problemi. Si aggiunga una struttura industriale e imprenditoriale gracile e un peso pachidermico dell’impiego pubblico: tutto questo produce autoreferenzialità e immobilismo».

Magari la candidatura di Perugia a finalista del titolo per capitale europea della cultura è un raggio di speranza per questa città. Ma un raggio di luce non basta a fugare la notte calata sulla città.

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Riccardo Paradisi