Monti rischia di perdere tutto
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Monti rischia di perdere tutto

La "salita" in campo del Professore è un azzardo. Pagherà o sarà la sua rovina?

C’è chi pensa male. Chi pensa che Mario Monti stia giocando un azzardo più grande di lui. Che insomma abbia fatto il proverbiale passo più lungo della gamba e abbia così buttato alle ortiche le sue chance di diventare tra qualche mese il prossimo presidente della Repubblica. C’è chi pensa che la vanità del Professore alla fine lo abbia mal consigliato. E chi (vedi Giulio Tremonti) sostiene che in fondo Monti fin dal primo momento a Palazzo Chigi si è comportato da politico (“Si è mai visto un tecnico che si fa fare i servizi fotografici su Chi?”). Tutto giusto, a ben vedere.

C’è però chi considera l’a/scesa in campo di Monti un atto di generosità e di coraggio, perché lo allontana dalla soglia del Quirinale sulla quale si era già vittoriosamente portato, in pole position per l’acclamazione definitiva del prossimo Parlamento. Proiettarsi in avanti in modo repentino, in un certo senso a sorpresa agli occhi del suo mentore Napolitano e dei suoi sponsor politici (Berlusconi, Bersani e lo stesso Casini che pur ci sperava), lo strappa da quella condizione dorata di guru super partes che costituiva la sua carta più efficace per l’ascesa al Quirinale.

L’azzardo montiano rischia di far perdere al Professore tutto ciò per cui sembrava che avesse lavorato (per sé) nel 2012: il Colle, la Commissione o l’Unione europea, il riposo del guerriero riverito dall’universo mondo… No, la senilità o la vanità o una personale e sincera convinzione di volersi prender cura del paese nei prossimi mesi (e anni) lo hanno strappato ai moli sicuri, alla navigazione in mari tranquilli, e lo hanno trasformato da grigio “asso nella manica” dei poteri forti, da riserva della Repubblica, nell’ennesimo leader di un partito personale (il nome di Monti campeggia sulla lista unica dei centristi per il Senato, come nella lista che insieme a quelle di Udc e Fli concorre per la Camera, contro destra e sinistra).

Monti rischia di perdere tutto. Ma anche di conquistare quel consenso popolare (del 10 o del 20 per cento) che gli mancava, e del quale evidentemente sentiva la mancanza. Si dev’essere convinto, il Professore, che senza un esercito suo (per quanto piccolo, ben posizionato al centro dello scacchiera parlamentare) non avrebbe esercitato un ruolo effettivo nelle scelte di governo prossime venture. Bersani con chiarezza aveva ammonito che a guidare il governo sarebbe stato il leader del partito che fosse uscito vittorioso dal voto, cioè lui stesso, Bersani. E Monti deve aver compreso che senza poter agitare la clava di un proprio manipolo non avrebbe avuto alcuna possibilità d’incidere nella formazione del prossimo esecutivo. Dopo essere stato presidente del Consiglio, non vuole essere solo ministro. E deve aver pensato che per il Quirinale ci sarebbero stati ben altri politici di lungo corso favoriti nel gran balzo.

Può perdere molto, il Professore. Ecco perché è diventato all’improvviso un demagogo che dopo aver condotto una politica di assoluto rigore e aver usato solo la leva fiscale per “salvare” l’Italia dal fallimento, col risultato di condannarla alla recessione, oggi promette di modificare l’Imu, ridurre l’Irpef e congelare l’Iva. Azzardo su azzardo. Monti si è gettato, tuffato, senza più reti, senza ripescaggio possibile. Ha rinunciato a essere risorsa della Repubblica, ha accantonato la pigrizia (l’ozio filosofico) tipica degli accademici, anche dei migliori. E senza smentire il proprio tratto snob, l’arroganza della propria competenza, si presta oggi a scendere in pista con vecchi politici come Bersani (avversario) e Casini-Fini (alleati), e contro Berlusconi che negli ultimi diciott’anni, da imprenditore è diventato un animale politico.

La domanda è: Monti vincerà o perderà quest’azzardo? Alla fine la sua risulterà essere una scommessa temeraria e suicida o una scelta ponderata e lungimirante? Certo è che trovandosi sotto attacco da parte di tutti, da Berlusconi a Vendola, dai “giovani turchi” del Pd a Grillo, Monti rischia di crescere nel consenso e di corrispondere a quella masochistica aspettativa dell’anziana intervistata per strada ieri da un programma televisivo: “Chi voterò? Penso un gran bene di Monti: ci ha rovinati, ma lo stimo”.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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