La vittoria dimezzata di Matteo Renzi
ANSA /Carlo Ferraro
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La vittoria dimezzata di Matteo Renzi

Riuscirà il sindaco a mantenere la propria forza seduttiva anche dopo la conquista del Pd? O anche nel Pd si profila una separazione in casa e poi un divorzio?

 

Chi è più scisso, la destra o la sinistra? Dubbio legittimo se all’indomani della separazione tra Alfano e Berlusconi, nel Partito democratico va in onda un altro psicodramma: la resistibile vittoria di Matteo Renzi che resta ben sotto il 50 per cento di voti fra gli iscritti. I dati ufficiali dei circoli attribuiscono il 46.7% dei voti al sindaco di Firenze rispetto al 38.4 di Gianni Cuperlo, al 9.2 di Pippo Civati e al 6 di Gianni Pittella (ottimo il suo risultato nel Mezzogiorno). I primi tre correranno alle primarie dell’8 dicembre.

Altro elemento significativo, Cuperlo prevale a Roma (54% contro il 33 di Renzi), Bologna, Genova, Napoli e Milano, mentre i piccoli centri nelle province finiscono per lo più a Renzi (come la Toscana, ci mancherebbe). A Palermo Cuperlo è sotto di 3 voti 3! E D’Alema coglie l’occasione per attaccare: “Renzi è superficiale e ignorante”. Fatto sta che dietro Cuperlo c’è D’Alema, e con Renzi i veltroniani. L’apparato si è ancora una volta diviso e la battaglia fra il sindaco di Firenze e l’ex capo dei giovani della Fgci, Renzi e Cuperlo, rievoca e forse ricalca l’interminabile diatriba tra Walter e Massimo. Renzi sarà pure un leader (con un carisma che forse rischia di logorarsi nell’attesa di un voto anticipato che pare allontanarsi), ma Cuperlo controlla molte leve del partito e ha dalla sua il premier Enrico Letta, nonostante quest’ultimo si dica schierato col partito e col segretario che ne uscirà.

Ovvio che Renzi abbia tutto l’interesse di abbattere l’esecutivo e proporsi come candidato del Pd a Palazzo Chigi nelle prossime elezioni. Ma tutto il Pd, tutta la sinistra del Pd, e tutta la sinistra in genere, saranno disponibili a sostenere Matteo nella sua corsa senza bandiere, tanto meno rosse?

Sembrava che Renzi dovesse conquistare il Pd senza problemi, che ormai i giochi fossero fatti e i quadri dirigenti si fossero convinti a concedergli una sudata investitura. E invece Cuperlo, il non-leader, l’uomo di D’Alema, il giovane incanutito nell’apparato, il politico-politico, burocrate di partito, sta là, a ridosso, alle costole di quello che doveva essere il capo indiscusso di una sinistra diversa. E tallona Matteo, sta alle calcagna del Nostro Blair.

Senza contare che al momento Enrico Letta è fuori dai giochi, impegnato com’è a governare. Ma un domani potrebbe rientrarvi e se non rassegnarsi a fare la riserva/risorsa della Repubblica, almeno aprire una disputa con Renzi per il timone del partito e del governo.

Così, accanto a un centrodestra spaccato in alfaniani e berlusconiani, in colombe e lealisti-falchi, Nuovo centro-destra e Forza Italia, rischia di esserci un Pd disgregato e frantumato, con a capo un uomo che una buona parte degli iscritti non considera “proprio”, anzi vede come corpo estraneo, emanazione e espressione culturale del berlusconismo (lo ha detto Cuperlo con chiarezza), che ha (avrebbe) espugnato il cuore della sinistra post-comunista. Ci sarebbero quindi due o più Pd, proprio come c’erano (e non ci sono più) due Pdl.

Riuscirà Matteo Renzi a mantenere la propria forza seduttiva anche dopo la conquista del Pd? O anche nel Pd si profila una separazione in casa e poi un divorzio? 

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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